NOTE A MARGINE DI UN TESTO COMICO

Accadde, infine, che i genietti del Collettivo “Anarchico” Incubo Meccanico (le virgolette sono mie) si prendessero ulteriomente male per la mia risposta al loro delirio con cui provavano a contestare il mio pezzo Tecnologia e trasformazione sociale che poi riprende discorsi già presenti in Appropriarsi della scienza – Farla finita con il primitivismo, in Energia e rivoluzione industriale e ne Gli Arcana Imperii dell’economia dell’informazione. A me sinceramente il “non-dibattito” con questi personaggi che passano il tempo a inventarsi demoni invincibili contro cui sfogare la propria impotenza ha rotto tre quarti di minchia. Attaccarli significa solamente segnare la linea di demarcazione tra noi e loro e ritengo di averlo fatto a sufficienza. Spero di conseguenza che il seguente articolo, pubblicato sul numero 20 di Umanità Nova, chiuda definitivamente il dibattito con questi tizi, banalmente perchè sufficientemente offensivo da fargli rodere il fegato per i prossimi sei mesi. Odio le personalizzazioni dei dibattiti, che poi è il motivo per cui mi firmo con uno pseudonimo (anche se il mio vero nome è un segreto di Pulcinella) e per cui spesso uso la forma della prima persona plurale nella scrittura di articoli, per cui mi scuso con i lettori per sta roba che trovate qua. Per chi volesse leggere il prodotto delle astute menti CAIM rimando qui.

NOTE A MARGINE DI UN TESTO COMICO

“Il demone invincibile è un alibi vigliacco che fa pietà”

Enzo Maolucci – Barbari e Bar

A leggere “Tra coerenza e ideologia, una strada ferrata chiamata civiltà!”, ultima fatica del Collettivo Incubo Meccanico che vorrebbe rispondere agli articoli miei e di Enrico Voccia mi sorge spontaneo il chiedermi se in realtà i militanti del Collettivo non siano intenzionati a dimostrare la totale inconsistenza delle tesi espresse dal primitivismo. Infatti neanche se io mi fossi voluto impegnare nella costruzione di un omino di legno contro cui lanciare i miei strali sarei riuscito a produrre un simile capolavoro: accozzaglia di citazioni confuse, totale mancanza di coerenza interna, referenti logici assenti, termini usati in modo completamente casuale, il tutto condito da ingenui tentativi di reclutare noti teorici anarchici nel campo primitivista. Aggiungiamoci una venerazione religiosa per la “Natura” e la zuppa è servita.

Una cosa però l’han capita e centrata con precisione: non ho intenzione né di cambiare registro né di tentare di dialogare con loro. Allo stesso modo in cui non perdo tempo a dialogare con preti o imam non ho intenzione di perdere tempo a dialogare con chi riesce, in base a un’ardita contorsione logica, a sostenere che i respiratori artificiali siano le nuove bibbie o che esista una “retorica della medicina che cura”.[1] Mi sentirei, però, di consigliare a costoro di andare a farsi un giro in un reparto di terapia intensiva o di rianimazione per apprezzare con l’esperienza diretta gli effetti diversi delle bibbie e dei macchinari terapeutici su chi soffre di gravi condizioni cliniche respiratorie.

L’unico motivo per cui ho ritenuto necessario rispondere alla prima missiva dei nostri amici primitivisti è che ho notato che la loro perniciosa ideologia, di cui sono solo gli ultimi rappresentanti, ha avuto negli ultimi anni una certa, anche se limitata, penetrazione in certi ambiti di movimento.

D’altra parte nella società dello spettacolo cosa c’è di meglio della contemplazione dell’apocalisse con saltuaria partecipazione allo spettacolo stesso mediante azioni spettacolari?

Cosa è il primitivismo se non l’impotente osservazione della realtà tramite le lenti della religione della fine e il suo corollario di mistica del dolore?

Se una volta qualcuno distingueva tra coloro che erano apocalittici e coloro che erano integrati, i nostrani rappresentati del primitivismo riescono ad operare un’efficace sintesi ed essere sia apocalittici sia integrati.

Oh, tranquilli, verso l’apocalisse ecosistemica il capitale cammina con baldanza e voi altro non siete che il controcoro rispetto ai cantori delle sorti magnifiche e progressive. Chiusi nei vostri deliri di impotenza vi eccitate con l’apocalisse, la fine del mondo che viene dall’alto, incapaci anche solo di immaginare il rovesciamento del tavolo, incapaci di cogliere – figuriamoci di usare! – le contraddizioni che il capitalismo genera continuamente.

Incapaci di immaginare un uso rivoluzionario della tecnologia, ovvero per l’emancipazione dai bisogni materiali, la liquidazione dello stato e delle classi sociali e l’abolizione del lavoro salariato e non per l’accumulazione di capitale, vi riducete a costruirvi il mito della Megamacchina, il nuovo Anticristo.

Non vi è che dire: complimenti, genietti. Ora andate pure a provare ad essere antispecisti senza agricoltura che io intanto me la rido.

lorcon

P.S.: la totale coerenza in un mondo pieno di contraddizioni materiali non è ovviamente possibile ma almeno evitate di farvi ridere dietro mandando i vostri comunicati in cui urlate “aiuto, la Megamacchina!” da una mail di Google, quella simpatica azienda che ha il preciso piano di mettere a valore tutta l’esperienza umana, il tutto in formato .docx, formato proprietario creazione della Microsoft, altra simpatica azienda, che, insieme alla speculare Apple, ha inglobato buona parte dell’informatica di consumo. E dire che, negli anni ’90, il movimento anarchico, e non solo, ha iniziato a costruirsi i propri strumenti di riappropriazione delle tecnologie informatiche anche con notevoli risultati…

P.S.: odio le personalizzazioni e vorrei evitare di monopolizzare le pagine del nostro giornale con un non-dibattito che nei fatti ritengo concluso (a meno di nuovi particolari sviluppi).

[1] Siccome sono un’amante del metodo sperimentale vi propongo il seguente esperimento: due di voi assumano una forte dose tossica di qualche sostanza che non dia immediati effetti letali. Uno si curi con l’aborrita “medicina convenzionale” e l’altro no. Poi dopo tornate a discutere di queste cose dopo avere sperimentato la differenza tra medicina e regimi discorsivi.

Informazioni su lorcon

Mediattivista, laureato in storia contemporanea con attitudine geek, nasce nel sabaudo capoluogo (cosa che rivendica spesso e volentieri) e vive tra Torino e la bassa emiliana. Spesso si diletta con la macchina fotografica, lavora come tecnico IT, scrive sul suo blog e su Umanità Nova.
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