Transumanesimo – Tecnologie ed emancipazione sociale

Il seguente articolo è uscito su Umanità Nova numero 3 anno 97. Inoltre ne abbiamo parlato su Anarres – il pianeta delle utopie concrete, trasmissione informativa di Radio Blackout (appena l’audio sarà disponibile lo caricherò).

Questo articolo si inserisce nel dibattito avviato da Marco Celentano e da Enrico Voccia sulle colonne di Umanità Nova [1] in merito alla questione del sovrumanesimo e del transumanesimo. Sono del parere che il dibattito sulla questione del sovrumanesimo sia già stata risolta dagli articoli dei nostri due compagni ma penso che il discorso inerente al transumanesimo vada ulteriormente sviluppato.

Come ha giustamente sottolineato Enrico Voccia nel suo articolo sulla quarta fase della rivoluzione industriale, riprendendo le analisi degli annalisti, le modifiche di modi e rapporti di produzione non sono questioni che si danno nell’arco di un giorno. Concordo fondamentalmente con questa visione, pur prendendo atto che alcuni processi tecnologici e sociali hanno subito un’accelerazione, e penso che dovremmo riflettere su come la quarta fase della rivoluzione industriale si stia già dando qui e ora, compresa in alcuni aspetti che possiamo definire transumani. Prendiamo, ad esempio, l’economia dei big data e la sua base tecnica: l’interfaccia uomo-macchina digitale. I primi elaboratori utilizzavano tastiere e stampanti per restituire un output, stampanti sostituite ben presto da schermi di sempre maggiore complessità (dai vecchi schermi CRT al fosforo agli attuali LCD e LED), ora l’apparecchio maggiormente utilizzato a livello di massa per l’interazione uomo-macchina sono gli smartphone che hanno ulteriormente sviluppato le capacità di interfaccia: è vocale, gestuale (sia touchscreen che tramite cattura di movimenti mezzo fotocamera), il feedback è immediato, interfaccia di input e di output sono integrate, e la comunicazione passa sempre più tramite l’immagine.

Ovviamente non possiamo ancora parlare di integrazione dell’interfaccia con il corpo umano, i nostri smartphone non comunicano direttamente con la nostra corteccia cerebrale. Ma nei fatti l’economia dei big data, soprattutto per siti come Facebook o Instagram e altri social network, è basata sulla raccolta di dati grezzi, lesperienza sensibile quotidiana dellutente, che vengono da questo rielaborati tramite le sue capacità cognitive, sopratutto quelle inerenti alla sfera emotiva, e poi drenati dalle aziende dei big data. Queste opereranno una maggiore raffinazione delle informazioni per poi rivendere il prodotto finito ai loro clienti sotto forma di pubblicità mirate[2]. Il tema dell’interfaccia uomo-macchina è quindi un tema iper-attuale. È ovvio che gigantesche forze economiche spingeranno ancora maggiormente nella direzione di un’integrazione uomo-macchina.

Possiamo dire che ci troviamo davanti a una forma ditransumanismo debole: la capacità di interazione uomo-macchina è aumentata ma non assistiamo ancora a modifiche del corpo umano in questa direzione. Eppure ci si muove in questa direzione: si pensi ai sistemi di interfaccia applicati alle protesi per persone invalide. Le moderne protesi, quelle di alta gamma per lo meno, come quelle usate dagli atleti para olimpici, elaborano i segnali nervosi che arrivano ai moncherini e permettono di usarli per controllare i movimenti delle protesi stesse. Esperimenti di bio-hacking[4] hanno permesso a ricercatori di ottenere una capacità di visione notturna e le interfacce tra le aree del cervello deputate all’elaborazione dell’immagine e del suono con apparecchi esterni esistono da qualche anno.

Intendiamoci non è affatto detto che in un domani prossimo potremo assistere al mind-uploading, ovvero la capacità di trasferire la propria personalità all’interno di elaboratori, i limiti tecnici attuali sono ancora enormi (basti pensare che il nostro cervello è analogico mentre gli elaboratori attuali sono digitali), ma la direzione intrapresa è quella.

La questione di fronte a questi cambiamenti enormi diventa: come porsi?

Chi si ritrova nel campo primitivista rifiuta in toto queste tecnologie in nome di un concetto di natura umana. Come avevo già scritto il primitivismo è insitamente reazionario [4], rifacendosi a una mitica età dell’oro e a all’idea di natura. L’idea di natura, compresa l’idea di natura umana, è un’idea prettamente culturale, in quanto tale è soggetta a una lenta diversificazione ed evoluzione nel tempo. L’idea di natura umana che aveva un cristiano medioevale è differente rispetto a quella dell’età dei Lumi come è differente rispetto a quelle attuali. Non è un caso che taluni recenti lavori in campo primitivista, pensiamo a La riproduzione artificiale dell’umano di Escudero, abbraccino completamente le tesi più reazionarie e regressive in merito alle questioni di genere. E appunto anche sulle questioni di genere si è sviluppata, fortunatamente, l’interessante filone del cyberfemminismo con interessanti discussione del rapporto tra generi e tecnologie transumaniste (o post-umane) in senso emancipatorio.

Perchè il transumanesimo ha un grande potenziale emancipatorio, nella sua versione più forte, quella che vede la possibilità di mind-uploading, porrebbe le basi materiali della possibilità di trascendere la morte. Anche in una versione debole prevede un notevole aumento della longevità e un grande salto qualitativo per condizioni di vita.

Ma qua si pone il problema, che è un problema essenzialmente sociale: chi controllerà questi mezzi?

Stante gli attuali rapporti sociali chi gioverà di queste tecnologie sarà chi potrà permetterselo. Già adesso è fatto assodato che la speranza di vita progredisce parallelamente al reddito[5], l’introduzione di queste tencologie, in un contesto di generale aumento della sperequazione [6], porterebbe ad un sempre maggiore divario nelle speranze di vita, sia in termini di longevità che di qualità, tra classi sociali.

È quindi evidente che la capacità di miglioramento tecnico delle condizioni di vita potrà andare di pari passo solo con un cambiamento strutturale, sistemico, della società.

La riflessione necessaria che si pone è quella dell’utilizzo in senso rivoluzionario delle tecnologie, siano esse legate all’ambito dei big data o all’ambito biomedicale, senza rifugiarsi in concezioni regressive e ricordandosi che l’essere umano può evolvere anche in senso biologico.

lorcon

[1]http://www.umanitanova.org/2016/12/03/transumanismo/ e http://www.umanitanova.org/2016/12/24/la-quarta-fase-della-rivoluzione-industriale/

[2]https://photostream.noblogs.org/2016/10/gli-arcana-imperii-delleconomia-dellinformazione/

[3]http://io9.gizmodo.com/this-biohacker-used-eyedrops-to-give-himself-temporary-1694016390 e per una riflessione più generale: http://delfanti.org/biohackers/
[4]http://www.umanitanova.org/2015/10/09/farla-finita-con-il-primitivismo/

[5]https://www.nytimes.com/2016/02/13/health/disparity-in-life-spans-of-the-rich-and-the-poor-is-growing.html

[6]http://radioblackout.org/2017/01/rapporto-oxfam-una-piramide-aguzza/

Informazioni su lorcon

Mediattivista, laureato in storia contemporanea con attitudine geek, nasce nel sabaudo capoluogo (cosa che rivendica spesso e volentieri) e vive tra Torino e la bassa emiliana. Spesso si diletta con la macchina fotografica, lavora come tecnico IT, scrive sul suo blog e su Umanità Nova.
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