Sempre su anarchismo, tecnologia e transumanesimo

Questo articolo è stato pubblicato su Umanità Nova numero 13 anno 97. È una risposta al comunicato del Collettivo Anarchico Incubo Meccanico, riprodotto al fondo di questa pagina, in merito al mio scorso articolo sul rapporto tra anarchismo, tecnologie e transumanesimo. Il comunicato del C.A. Incubo Meccanico aveva già ricevuto un‘ottima risposta da parte di Enrico Voccia sul numero 12 di Umanità Nova.

Innanzi tutto chiariamo una cosa: al contrario di quanto sostiene il Collettivo Anarchico Incubo Meccanico nel suo comunicato il dibattito sulle pagine di Uenne c’è stato e le posizioni erano ben differenziate, si vedano, banalmente, i pezzi del nostro compagno Marco Celentano.

Secondariamente ringrazio Incubo Meccanico per la sua risposta che non fa altro che confermare le mie tesi sul primitivismo, non tanto quelle esposte nel mio articolo da voi citato tanto quanto quelle esposte nel pezzo “Appropriarsi della scienza – Farla finita con il primitivismo” del novembre 2015. Il fatto stesso che il Collettivo nel suo comunicato inizi parlando di “natura umana”, scrivendo questa espressione in grassetto, dimostra chiaramente il fatto che il primitivismo altro non sia che una visione mistica. Certo potete tranquillamente definire la natura umana in senso biologico ma la questione rimane la stessa: e quindi? Esiste una natura perfetta, non modificabile, invariata, fissa, ipostatizzata? No. L’Homo sapiens, e non solo, ha sempre operato la trasformazione tecnica della natura per migliorare le proprie condizioni di vita. Per altro gli stessi comportamenti, in forme differenti, li si osserva anche nei primati che usano strumenti, ovvero tecniche. Il fatto che si sostenga che il transumanesimo e’ incompatibile con un armonioso e equilibrato rapporto con l’ambiente dimostra solamente quanto la mistica primitivista sia pregna di visioni apocalittiche, completamente incapace di immaginare qualcosa che non sia una mortifera impotenza spacciata per radicalità. L’utilizzo di una tecnologia dipende dalle strutture sociali: la tecnologia potrà essere realmente utile per l’emancipazione solamente dal momento in cui si liquideranno le strutture classiste e statali che ingabbiano l’uomo e i prodotti del suo ingenio nei cicli di accumulazione di capitale e, di conseguenza, di mercificazione dell’esistente, qui comprendendo anche la distruzione degli ecosistemi.

Quindi si: i primitivisti sono dei reazionari negando la la necessista’ storica della liberazione dal capitale e dal dominio e la capacita’ di operarla e proponendo una visione mistica e idealizzata di un supposto «stato di natura» a cui l’uomo dovrebbe tornare. Non solo: nel comunicato di Incubo Mecccanico vediamo abbozzata una vera e propria mistica del dolore, spacciato per naturale e quindi giustificato come necessario. Nulla da invidiare alla cattolica mortificazione delle carni.

Viene scambiata la scienza per un moloch composto da una collezione di nozioni quando in realtà essa è un metodo sorto dal superamento delle visioni offerte per un millenio abbondante dalla patristica cristiana. Eh, che brutta la scienza che ci ha permesso di comprendere che è la terra a girare intorno al sole e non il contrario! Che cosa malvagia la genetica che ci ha permesso di dimostrare in modo inconfutabile che la specie umana non è divisa in razze e che non si trova al centro del creato, facendo gradualmente stracci dell’antropocentismo! O tempora, o mores!, dove sono andati i vecchi costumi di una volta quando i negri erano negri, il genere era legato al sesso biologico e si prestava fede ai preti? Viene da chiedere ai primitivisti: avete intenzione di darvi alla necromanzia per resuscitare un dio morto e decomposto? Evidentemente si. E d’altra parte la mistica del dolore e della morte accomuna il primitivismo alla varia pretaglia. Il “prostrarsi alla scienza di una parte del “movimento” anarchico” poi è davvero una cosa che non si può sentire. Ma uno scritto di Kropotkin o di Reclus costoro lo hanno mai aperto? Malatesta, chi era costui? Bookchin? Non pervenuto allo studio. Una domanda sul perchè uno dei simboli classici dell’anarchismo sia una fiaccola impugnata da un proletario se la saranno mai posta? Ferrer l’avranno mai sentito nominare?

Ribadiamo: i primitivisti sono dei reazionari che si ammantano di vesti neroverdi in luogo di quelle porporate. E sono, essendo reazionari, anche autoritari: mentre né io né altri compagni che si occupano del legame tra anarchismo e scienza ci sogniamo di imporre tecnologie a chicchessia voi auspicate di imporre una vita di merda a chiunque. E si, ribadisco: vita di merda. Provate a fare stare un diabetico senza microinfusore di insulina e vedete quanto ci mette a infilarvi una canna di pistola in bocca: il tempo di rendersi conto che sta per morire male. Provate a togliere la respirazione assistita o un peacemaker a chi ne ha bisogno. Vi salterebbe addosso chiunque abbia a cuore la sopravvivenza con uno standard di vita accettabile e dignitoso di chi si è trovato svantaggiato da una condizione clinica.

A quanto pare per costoro la morte, la sofferenza fisica, l’abbruttimento sono da salvaguardare in quanto naturali, sono sacri, intoccabili. Qualcunno vuole campare “libero e selvaggio senza tecnologie”? Prego, si accomodi. Non saremo di certo noi a impedirglielo. Ma non vengano a imporre di soffrire a chi invece vorrebbe vivere bene grazie ai frutti dell’ingenio umano. Facile esaltare la naturalità della morte e della sofferenza dall’alto del proprio privilegio di persone in buone salute, vero? Morire per un’idea, si, ma di morte lenta!

Io e chi si occupa del legame tra scienza e anarchismo viene accusato di essere peggio dei nazisti. Ma pensano coloro che vogliono buttare a mare la scienza medica di essere molto differente con i suoi progetti di eugenetica passiva e generalizzata da un Karl Brandt? La differenza sta nel fatto che questi almeno aveva il coraggio di rivendicarsi i propri crimini, di dire chiaramente «solo chi e’ in salute, fisica e mentale, merita di vivere». Molti primitivisti forse neanche si rendono conto di proporre, nei fatti, un gigantesco progetto di eugenetica passiva, di proporre la lenta agonia di chi ha bisogno di respirazione assistita o di farmaci. O almeno spero che non se ne rendano conto: altrimenti non resterebbe che considerarli come dei criminali al pari di chi impedisce, in nome del proprio profitto, l’accesso alle migliori cure a chi ne abbisogna.

E ribadiamo: il primitivismo e’ regressivo sulla questione di genere. La tecnologia e la scienza sono quelle che permettono a chi si trova in una condizione di disforia di genere di operare modifiche sul proprio corpo grazie a interventi chirurgici e assunzione di ormoni. Gli si vuole negare questa libertà, la libertà di intervenire sul proprio corpo, di vivere una vita più piena, più felice. Lo si vuole costringere a essere alieno a se’ stesso, al pari della rumaglia clericale.

Non parliamo poi delle tematiche antispeciste: gia’ prima rilevavo come la negazione della metodologia scientifica riporti immediamente a una visione antropocentrica ma posso tranquillamente, e senza timore di smentita, aggiungere che il primitivismo renda completamente impossibile un rapporto interspecie che non sia basato sull’asservimento degli animali non umani. L’antispecismo si basa necessariamente su una base tecnologica che permetta la fine dello sfruttamento animale. Senza agricoltura intensiva, o senza agricoltura tout court, per forza di cose si e’ costretti ad ammazzare animali per scopi alimentari.

La questione di classe neanche la nominiamo: senza tecnologia si e’ costretti a lavorare come muli alla macina, si e’ costretti alle piu’ abiette forme di sopravvivenza, ovvero al contrario della vita.

Lorcon

Di seguito il comunicato/piagnisteo del Collettivo Incubo Meccanico in cui si lamentano di essere bistrattati in quanto primitivisti.

A PROPOSITO DI TRANSUMANESIMO E PRIMITIVISMO

“In questa lotta, o tutto o niente. Anarchia è solo un nome per quelli che abbracciano la sua promessa di riscatto e pienezza, e cercano di guardare in faccia il fatto che arrivarci sarà un lungo viaggio.
Noi umani stavamo là, un tempo, se dobbiamo credere agli antropologi.
Ora scopriremo se possiamo ritornarci. Molto probabilmente è la nostra ultima possibilità come specie.”
John Zerzan

Innanzitutto ci teniamo a precisare che stiamo scrivendo queste righe non per partecipare a un “dibattito”, che nei fatti non esiste visto che gli articoli inerenti al transumanesimo pubblicati su questo giornale (1) vanno tutti in una sola direzione: “l’emancipazione attraverso le tecnologie”, ma per rispondere a quell’articolo apparso sul numero 3 di Umanità Nova scritto da Locorn.
Vi giriamo quindi questo comunicato, perché è stata vergognosa la superficialità con cui si è voluto liquidare la critica primitivista con un’accozzaglia di frasi fatte.

Prima di passare alla critica dell’articolo vogliamo, in due parole, spiegare cos’è il transumanesimo: la teoria transumanista consiste nel disprezzo, neanche troppo velato, della natura umana e quindi del superamento di essa tramite un uomo che, attraverso protesi, tra-pianti e modificazioni genetiche, si fa sempre più un tutt’uno con la macchina.
Questo perché oltre che migliorare le nostre capacità fisiche questa trascendenza permetterebbe anche, per esempio, all’essere umano di adattarsi a vivere in luoghi in cui l’inquinamento non lo permetterebbe più.
Quindi viene proposto dai transumanisti come l’ultima spiaggia: o ci si trasformerà in macchine completamente staccate dal contesto naturale in cui si è vissuto e si vive, oppure l’uomo si estinguerà.
Precisiamo così che il transumanesimo non ha nulla a che vedere con l’anarchia, il transumanesimo è solo l’ennesimo farmaco iniettato in un corpo morente che grida: “aiuto!”

In quell’articolo ci siamo sentiti dire che la critica primitivista alle tecnologie è <insitamente reazionaria>; che i primitivisti vogliono ritornare ad una, non meglio precisata, <età dell’oro>; che i primitivisti sono sessisti e <regressivi sulla questione di genere>; per poi concludere con un bellissimo elogio al cyber-femminismo…eh sì, quella sì che è emancipazione!
Il prostrarsi alla scienza di una parte del “movimento” anarchico (come si era già visto per la questione vaccinale) è veramente una cosa allucinante, e se questa è la strada intrapresa noi a gran voce rivendichiamo la nostra estraneità da simili dibattiti e soprattutto da persone che hanno scelto nei fatti di difendere lo schifo di società in cui siamo costretti a vivere!

Vogliamo così ribattere a una parte delle stupidaggini che sono state scritte in quell’articolo, consapevoli che non possiamo però risolvere la questione in queste poche righe, ma intenzionati comunque a dare uno stimolo a chi voglia rapportarsi alla critica anti-civilizzatrice in maniera seria e approfondita:

_<Il primitivismo è insitamente reazionario>: soffermiamoci un attimo sul significato della parola reazionario: “La reazione, indica un’opposizione a forme di innovazione sociale, artistica, culturale o politica a sostegno del ritorno ad autorità, valori e istituzioni del passato, operata da partiti, gruppi di pressione o anche individui.”.
Accusare quindi i primitivisti di essere reazionari significa avere poche idee e confuse, ma anche essere in mala fede.
La lotta che portiamo avanti contro il sistema tecno-scientifico non è una presa di posizione ideologica, ma una constatazione del fatto che è la tecnologia insieme alla scienza la principale responsabile ad aver creato un essere umano sempre più distaccato dall’ambiente in cui vive e che ha permesso una maggiore diffusione di quella visione antropocentrica (introdotta dall’agricoltura) che permea le nostre esistenza legittimando così lo sfruttamento della terra e di tutto ciò che può essere messo a profitto in nome del progresso.
D’altronde come si può pensare alla tecnologia in maniera neutrale quando è proprio la tecnologia che ci sta accecando attraverso i proprio schermi in HD, che ci ha privato dell’uso dei piedi senza le scarpe, che ci ha tolto l’orientamento attraverso i sempre più invasivi sistemi GPS, che ci ha fatto perdere una marea di conoscenze del territorio in cui viviamo racchiudendole in data-base ad uso e consumo di una stretta cerchia di persone, che sta distruggendo i rapporti sociali grazie ai tanto decantati social network, che distrugge i nostri sogni attraverso la realtà virtuale; e tanto più la tecnologia si diffonde, entrando nelle nostre vite, tanto più l’essere umano perde la propria indipendenza e quindi la propria libertà!

Allo stesso tempo rifiutiamo l’idea di progresso, per due motivi principali: innanzitutto per il suo carattere intrinsecamente razzista, infatti ci sono stati e ci sono ancora oggi, nelle zone più marginali e impervie del pianeta, molte bande di cacciatori-raccoglitori che non hanno mai VOLUTO subire il processo di civilizzazione, rifiutando “l’innovazione” portata dai conquistatori, e per questo sono stati sterminati, deportati o nel “migliore” dei casi schiavizzati, e a meno che non si ritenga questi popoli inferiori da un punto di vista biologico, non si può negare che il progresso è una costruzione culturale, nata con la civiltà, che ha senso solo (“per chi ci crede”) per questo sistema che basa la propria sopravvivenza sullo sviluppo tecnologico e scientifico verso l’infinito; in secondo luogo perché semplicemente non ci troviamo nulla di auspicabile nel progresso che è ottenuto necessariamente tramite il lavoro, la conseguente divisione del lavoro e la competizione sfrenata, in una sola parola: l’alienazione!

Auspicare poi ad una società transumanista, e quindi alla conseguente modificazione biologica dell’essere umano, significa proporre una società profondamente autoritaria, governata da un élite scientifica che non potrà più permettersi nessuna voce di dissenso.
L’opera di omologazione che non ha raggiunto questa società dei consumi verrà completata tramite il transumanesimo, quando in nome di un maggior “benessere” (il loro/vostro benessere)  e una “migliore” aspettativa di vita per tutti, verrà imposto il pensiero di un ristretta cerchia, magari “libertaria”, di tecnocrati che avendo il monopolio della tecnica e avendo cancellato per sempre l’idea di una natura selvaggia dell’essere umano, riuscirà a comandare su una massa di lobotomizzati senza più coscienza.
Una prospettiva raccapricciante che nemmeno Hitler, con la sua follia, era mai riuscito a immaginare!
Chi sono i reazionari?

_<l’età dell’oro>: parlare di “età dell’oro” è sicuramente fuorviante e sottende una semplificazione strumentale!
D’altronde anche Zerzan l’ha sempre detto: “non è necessario tornare indietro, ma dobbiamo andare avanti verso un primitivo futuro” (2).
Oggi tra l’altro abbiamo a disposizione tantissimi studi in campo antropologico e archeologico che fanno luce su quella che è stata la vita dei nostri avi al di fuori della civiltà.
Nessuno parla o ha mai parlato delle tribù non civilizzate come di un eden in cui tutto va bene e in cui non esistono problemi, ma oramai ogni antropologo concorda sul fatto che agricoltura e allevamento, economia e tecnologia siano alle fondamenta di rispettivamente lavoro, divisione del lavoro, malattie, sfruttamento della terra e delle sue risorse, stati e guerre.
Marvin Harris nei suoi studi arriva a queste conclusioni: “Gli uomini dell’età della pietra vivevano una vita più sana di quella dei loro posteri: nell’epoca romana le malattie erano ovunque molto più diffuse rispetto prima […]. I cacciatori dell’età della pietra, inoltre, per assicurarsi la sussistenza, lavoravano molto meno dei classici contadini cinesi ed egiziani o degli operai delle fabbriche moderne, nonostante i sindacati. Riguardo ad amenità quali il buon cibo, i divertimenti e i piaceri estetici, gli antichi cacciatori-raccoglitori si concedevano lussi che solo i più ricchi americani di oggi possono permettersi. […] Nell’età della pietra, era assicurata a tutti una dieta ad alto valore proteico e a basso contenuto di amidi. E la carne non era congelata o gonfiata con antibiotici e coloranti artificiali.” (3)
Questi studi dovrebbero essere presi sul serio non per mitizzare quel periodo storico, ma per avere un quadro generale sui benefici che in teoria dovrebbero averci dato le tecnologie e la scienza.
Non abbiamo quindi nessuna età dell’oro a cui ritornare, anche perché ci sono bande di cacciatori-raccoglitori ancora oggi presenti sulla terra, che ci dimostrano che non c’è bisogno di città, soldi, tecnologie all’avanguardia o vestiti all’ultima moda per vivere una vita a pieno.

E sia chiaro: non sarà certo il vivere in eterno con un pistone al posto del cuore o poter scaricare il proprio cervello su un computer a fare la nostra vita felice.
La vita è fatta anche di dolore, questo i nostri avi lo sapevano bene, e di morte, negarci la possibilità di morire non sarà certo un’emancipazione nei confronti della natura, questo non farà di noi degli uomini liberi, ma sarà una sconfitta, quel giorno l’uomo sarà morto per sempre!

_<regressivi sulla questione di genere>: dulcis in fundo, dovevamo sentirci dire anche questa…
Non sappiamo se chi ha scritto l’articolo abbia effettivamente letto “la riproduzione artificiale dell’umano” o ne parli dopo aver letto le veline di qualche gruppo transumanista.
È innegabile che Escudero, che comunque NON è primitivista, sia in maniera non troppo velata sessista, e proprio a questo proposito rimandiamo all’interessante critica fatta da una compagna a quel libro (4).
Vogliamo poi ribadire (visto che chi ha scritto quell’articolo se ne è ben visto dall’approfondire la critica anticiv!) che la critica al sistema tecnologico in particolare e alla civiltà in generale, non impone dinamiche patriarcali, ma anzi questa critica tende proprio a scardinarle alla sua origine.
Facciamo così una piccola precisazione chiamando in causa prima Enrico Manicardi, che nel suo libro scrive: “La divisione tra “maschi” e “femmine” è una divisione puramente culturale, non naturale. Se è ovvio, cioè, che tra un uomo e una donna esistono differenze di tipo biologico, è altrettanto vero che analoghe differenze possono riscontrarsi tra chi abita all’equatore e chi vive nell’emisfero artico […]. La differenza, di per sé, non è indicativa di alcuna divisione: può solo esserne il motivo culturale. La <<biologia non è destino>>, sosteneva la femminista Anne Koedt, che precisava: <<i ruoli maschile e femminile vengono appresi>>.” (5); poi vogliamo citare anche il collettivo americano Green Anarchy che, nel documento di introduzione al pensiero anarchico di anti-civilizzazione, parla del patriarcato così: “creando false distinzioni di genere e divisioni fra uomini e donne, la civiltà, ancora una volta, crea un “altro” che può essere oggettivato, controllato, dominato, utilizzato e trasformato in merce. Questo processo è parallelo all’addomesticamento delle piante per l’agricoltura e degli animali per l’allevamento […]. Come in altri ambiti di stratificazione sociale, alle donne vengono assegnati ruoli intesi a stabilire un ordine molto rigido e prevedibile, vantaggioso per la gerarchia. La donna è giunta ad essere considerata una proprietà, non diversa dal raccolto nei campi o dal gregge al pascolo. […] Il rapporto di interdipendenza tra la logica della civilizzazione e il patriarcato è innegabile; per migliaia di anni hanno entrambi plasmato l’esperienza umana a tutti i livelli, da quello istituzionale a quello personale, mentre divoravano la vita. Per essere contro la civilizzazione bisogna essere contro il patriarcato, e per mettere in discussione il patriarcato è necessario mettere in discussione anche la civiltà.” (6)

Chiudiamo questo nostro soliloquio ribadendo che è l’azione, che individualmente e collettivamente pratichiamo, a distinguerci da tutta la putrefazione che ci circonda, da chi si limita solo a giudicare dall’alto delle propria “saccenza”; rifiutiamo però allo stesso tempo il ruolo di dispensatori di saggezza e non ci interessa certo avere o appiccicare etichette, come invece, purtroppo, sembra andare di moda oggi; vogliamo però fare una precisazione sulla parola Anarchia, che per noi significa liberazione totale, liberazione con ogni mezzo da tutta l’oppressione che questo sistema genera, liberi di tornare ad essere selvaggi senza più lo strazio del lavoro e le dipendenze da società tiranne, perché che sia democratica, totalitaria o libertaria poco ci importa.
Abbiamo ben chiaro quale sia il nemico, abbiamo scelto da che parte stare, e siamo vicini a tutti coloro che, come noi, quotidianamente lo attaccano senza alcuna mediazione, vicini a tutti i compagni che ostinatamente si ribellano nelle carceri e nelle strade di tutto il mondo.
E come dicono i compagni di Nunatak: “le uniche catene che amiamo sono quelle montuose”.


 “Se alcuni preferiscono parlare di democrazia diretta e giardinaggio urbano, noi riteniamo che sia impossibile e indesiderabile “rinverdire” la civiltà o renderla più “giusta”. Consideriamo importante tendere verso un mondo radicalmente decentrato, sfidare la logica e la mentalità della cultura della morte, porre fine a qualsiasi mediazione nelle nostre vite e distruggere tutte le istituzioni e le manifestazioni fisiche di questo incubo. Vogliamo diventare incivili.”
Green Anarchy

Gli Incivili del Collettivo Anarchico Incubo Meccanico

Note:
(1) http://www.umanitanova.org/tag/transumanesimo/
(2) John Zerzan “Senza via di scampo? Riflessioni sulla fine del mondo”, Arcana (2007)
(3) Marvin Harris “Cannibali e Re”, Feltrinelli (1979), cit., pag.10.
(4) https://www.informa-azione.info/leggendo_quotla_riproduzione_artificiale_dell039umanoquot_recensione_critica
(5) Enrico Manicardi “Liberi dalla Civiltà”, Mimesis (2010), cit., pag.85.
(6) Green Anarchy Collective “Green Anarchy”, Nautilus (2004), cit., pag.16.

Informazioni su lorcon

Mediattivista, laureato in storia contemporanea con attitudine geek, nasce nel sabaudo capoluogo (cosa che rivendica spesso e volentieri) e vive tra Torino e la bassa emiliana. Spesso si diletta con la macchina fotografica, lavora come tecnico IT, scrive sul suo blog e su Umanità Nova.
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