Un intellettuale organico alla miseria dei tempi correnti

Questo articolo apparità su Umanità Nova numero 18 anno 93

Un intellettuale organico alla miseria dei tempi correnti

Il dispositivo Saviano

L’oramai celeberrimo Roberto Saviano ha trovato un lieve intoppo sulla sua strada per la canonizzazione vita natural durante. L’intoppo è stato causato dall’ennesima magra figura rimediata dal nostro quando, il 12 gennaio 2011, querelò Paolo Persichetti, giornalista di Liberazione, accusandolo di diffamazione mezzo stampa per poi vedersi archiviare la querela “perchè il fatto non sussiste”. La colpa del Persichetti, secondo l’idolo di una certa triste sinistra, sarebbe stata quella di aver riportato la notizia della diffida prodotta dal Centro di documentazione Peppino Impastato verso Saviano e la sua casa editrice, l’Enaudi, e di aver mosso “un attacco teso a svilire il mio stesso impegno sociale e civile“ (dalla dichiarazione spontanea rilasciata da Saviano in fase processuale).

Ma cosa avrebbe detto di tanto grave Persichetti per meritarsi una querela da parte dello scrittore partenopeo? Il giornalista due articoli del 2010 aveva pesantemente criticato Saviano [1] riguardo alla sua fantasiosa ricostruzione, pubblicata nel libro “Vieni via con me”, della tragica vicenda di Peppino Impastato, militante di Democrazia Proletaria impegnato sul fronte antimafia ucciso nel 1979 su commissione del boss Badalamenti con l’oggettiva copertura da parte di magistratura e carabinieri. Saviano, tra l’altro, sosteneva che il merito della “riscoperta” del caso Impastato è da attribuire al film “I cento passi”, cancellando con un colpo di spugna venti anni di lavoro di controinformazione da parte del Centro di documentazione intitolato a Impastato, lavoro che aveva portato alla riapertura dell’inchiesta già prima della realizzazione del film. Oltre a questo i due articoli ricordavano come Saviano avesse sostenuto di essere stato in contatto telefonico con Felicia Impastato, madre di Peppino, cosa sempre smentita dalla famiglia. Ma, per Saviano, i due articoli si spingevano ben oltre, dato che avevano l’ardire di criticare lui e il dispositivo economico e culturale che gravita intorno alla sua figura. E questo per Saviano è inconcepibile. E sopratutto è inconcepibile che la critica gli sia stata rivolta da una persona, Persichetti, che in quel momento stava finendo di scontare una pena di ventidue anni di detenzione per il suo passato di militante nelle BR. Come è possibile che un criminale osi criticare il nostro sommo dispensatore di cultura della legalità?

Fortunatamente, per una volta, il tribunale la pensa in modo differente da Saviano e il suo avvocato e ha assolto Persichetti perchè il fatto non sussiste. Questo ha portato alla piccata reazione di Saviano che, in un post su Facebook[2], ricostruisce la vicenda sotto il suo punto di vista. Intanto viene ribadito che la telefonata con Felicia Impastato avvenne, però cambiano le circostanze rispetto a come erano state riportate la prima volta, poi si accusa il Centro Peppino Impastato di aver tentato di estorcere, a mezzo della diffida, una promozione televisiva presso la trasmissione “Vieni via con me”, condotta dallo scrittore stesso insieme a Fabio Fazio. Poi il post esprime lo stupore per il fatto che un ex brigatista osi esprimere un giudizio critico su di lui e accusa Persichetti di aver agito all’interno di una presunta macchina del fango, “fango berlusconiano” nel testo originale, tesa a screditarlo. Macchina del fango usata trasversalmente contro di lui, povera vittima indifesa e censurata che va in televisione, vende centinaia di miglia di libri tramite case editrici di proprietà di Berlusconi e scrive su uno dei due maggiori quotidiani italiani, la Repubblica.

Verrebbe da dire che la macchina del fango trasversale è quella usata da Saviano stesso, che si muove costantemente tra destra e sinistra, e che querela chi osa criticarlo per poi attaccarlo veementemente tramite i social network. E che sui social network trova una schiera di sostenitori che, mossi da furia bellica, seguono il Saviano e attaccano chi osa criticarlo. Se uno legge i circa seicento commenti al post appare evidente come ci siano diverse persone disposte a sostenere Saviano a prescindere da quello che dice. Persone che evidentemente non hanno mai letto niente della querelle nel cui contesto va inserito l’intervento dello scrittore ma che partono a testa bassa ad attaccare i suoi critici. Che accusano chiunque di essere, nei fatti, un filo mafioso, una persona disonesta, violenta, da escludere dalla società. Un sistema di ragionamento allucinante che ha pesantemente infiltrato anche il ragionamento di moltissime persone che si dichiarano progressiste o in qualche modo di sinistra. Un metodo di pensiero figlio dell’essersi fissati totalmente sulla figura di Berlusconi, di averlo reso un perno della lotta politica, escludendo tutti i fattori materiali, e finendo per adottare le tecniche del berlusconismo stesso.
Queste persone hanno un disperato bisogno di una personalità forte su cui operare un transfert, proiettando su di esse emozioni e sentimenti. Negativi nel caso di Berlusconi e positivi nel caso di Saviano o del leaderino di turno. È la stessa logica che supporta i ragionamenti di molti grillini. Una logica che denota come il problema della sinistra italiana non risieda solo nell’avere un politburo di arrivisti alla ricerca della poltrona o di vecchi burocrati attaccati alla poltrona ma che risiede anche nella base, quella stessa base che certi settori di movimento tentano ogni tanto di accattivarsi, e che fornisce legittimità alla burocrazia piddina. Una base che non ha mai riconosciuto l’abnorme errore di aver totalmente delegato la propria azione ad un partito su cui avevano oramai perso totalmente il controllo (il PCI-PDS-DS-PD) e che ora vive di miti e mitologie, di meme. E quindi ritroviamo il meme del buon Saviano in lotta disperata contro un mondo di persone permale, il meme del Berlinguer persona perbene e attenta alla “questione morale”, il meme del Berlusconi fonte di ogni male, il meme della non violenza come unica via e della condanna di qualsiasi cosa che sia percepita come violenza anche meramente verbale.

Viene annullata totalmente la complessità del reale che viene ricondotta ad una serie di mitologie. Le parole di Saviano divengono “parole come acqua sorgiva che lava tutto”[3], parole che non si possono non ascoltare e che rappresentano immediatamente verità, appunto perchè derivano da fonte cristallina.
Saviano è un dispositivo culturale, politico ed economico che va contestualizzato nella miseria dei tempi correnti. È un impreditore morale per usare l’ottima definizione data da Dal Lago [5]. Miseria, quella dei tempi correnti, esplicata da una sinistra “di base” che, persi totalmente gli originali punti di riferimento si è ridotta ad alzare templi alla legalità, dimentica che la legalità la definiscono i padroni, e a un distorto concetto di antimafia che vede nello stato l’unico oppositore possibile al potere mafioso, dimentica che stato e mafia spesso vanno a braccetto[4].

Miseria intellettuale che porta all’incapacità di immaginare, e uso questo termine in senso marcusiano, e progettare una società diversa da quella attuale, che faccia a meno di santi e santini. Miseria intellettuale che sarà necessario scardinare per portare il ragionamento al di fuori delle logiche di spettacolarizzazione e alienazione dominanti.

lorcon

[1] http://insorgenze.wordpress.com/2010/10/14/%C2%ABnon-c%E2%80%99e-verita-storica%C2%BB-il-centro-peppino-impastato-diffida-l%E2%80%99ultimo-libro-di-roberto-saviano/ e http://insorgenze.wordpress.com/2010/11/10/ma-dove-vuole-portarci-saviano/

[2] https://www.facebook.com/permalink.php?story_fbid=10151452425176864&id=17858286863&comment_id=26750333&notif_t=like

[3] l’espressione è riportata in una lettera di una ammiratrice a Liala, la scrittice fascistissima di romanzi d’appendice degli anni ’30, a proposito di ciò che in lei suscitano le parole dell’autrice. Disgraziatamente le trovo adatte a descrivere quello che molti lettori di Saviano trovano in lui.

[4]sulla santificazione di certe figure dell’antimafia istituzionale: http://www.umanitanova.org/n-13-anno-92/caselli-e-l%E2%80%99antimafia

[5]definizione usata all’interno del libro “Eroi di carta” scritto dal sociologo a proposito del “sistema Saviano”

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Giustizia a stelle e strisce

Articolo comparso su Umanità Nova numero 16 anno 93

Giustizia a stelle e strisce

Le delizie del sistema penale USA

È notizia del 30 aprile [1] che il giudice statunitense Mark Ciavarella ha avuto confermata la condanna a ventotto anni di carcere per il suo coinvolgimento nel caso “kids for cash”. Ciavarella è stato per anni giudice presso il tribunale minorile di Wilkes-Barre, Pennsylvania, la sua rinomata durezza. Durezza che l’ha portato ad emettere condanne detentive anche nei confronti di ragazzini appena adolescenti [2], colpevoli di avere preso in giro persone su internet o di essere entrati in edifici abbandonati. Durezza dovuta, oltre ad una concezione autoritaria della società, al fatto che Ciavarella era a libro paga di una compagnia che gestisce un carcere minorile privato nella contea di pertinenza del suo tribunale. È emerso, inoltre, che il prode magistrato ha fatto di tutto per chiudere le strutture carcerarie pubbliche (che di certo non sono meglio di quelle private) e per appaltare la gestione dei reclusi a compagnie private.

Un caso che ha destato un certo scalpore negli USA e che ha portata alla condanna del giudice e di altri suoi sodali. Ma non si cada nella trappola delle “mele marce”. Ciavarella non è una mela marcia. Ciavarella è un rappresentante perfetto del sistema penale statunitense. Sua colpa, semmai, è stata quella di aver agito in maniera troppo smaccata e di avere smascherato, con il suo agire, l’illusione di un sistema “duro ma giusto”.

Da oramai trenta anni il sistema penale statunitense vede una sempre maggiore presenza dei privati nella gestione delle prigioni. Le compagnie vengono pagate “un tanto al detenuto” e, di conseguenza, hanno tutto l’interesse nel vedere un aumento della popolazione carceraria e nell’emissione di condanne con lunghe pene detentive. Il bestiale inasprimento delle pene per i reati comuni di piccola entità, con pene per i recidivi che possono arrivare all’ergastolo, è una processo che ha le sue origini nella “war on drugs” voluta dall’amministrazione Nixon per colpire le classi popolari in generale e i turbolenti ghetti neri in particolare. Prima venne tollerata e facilitata, se non addirittura pianificata coscientemente[3], la diffusione di droghe pesanti tra gli esclusi e poi si decise un giro di vite che ha portato ad avere il 50.8% dei prigionieri (in carceri federali) condannati per reati legati alla droga. Il numero totale di chi si trova in carceri federali o statali o è in libertà condizionale è di 7.2 milioni di persone, pari a più del tre percento della popolazione totale. Il fatto che nel decennio 1998-2008 l’uso di oppiacei sia aumentato del 34% e quello di cocaina del 27% dimostra come la politica proibizionista sia stata nei fatti un totale fallimento. Ammesso e non concesso che l’obbiettivo fosse quello di contenere l’uso delle droghe. Se l’obbiettivo invece era quello di creare un gigantesco mercato per compagnie di prigioni private, centri di riabilitazioni privati, alcuni tra l’altro gestiti da sette religiose, quali Scientology e le varie congrezioni evangeliche, si può dire che la “war on drugs” è stata un grandissimo successo che ha permesso l’accumulazione di un immenso capitale nelle solite mani. Per non parlare dei vari cartelli del narcotraffico e di tutto il sistema che gira intorno a loro: corruzione di magistrati, politici, poliziotti, attività di copertura, riciclo di denaro e il mantenimento di decine di migliaia di persone.

Altro punto importante è che la carica di procuratore è spesso elettiva e che per accattivarsi i voti della “moral majority” un procuratore faccia di tutto per mostrarsi duro e spietato.

In definitiva possiamo affermare che casi come quello di Mark Ciavarella non sono singoli frutti marci, ma sono la logica conseguenza del sistema economico e politico a stelle e strisce. Non mele marce ma i frutti di un albero marcio.

Sempre a proposito di carceri minorili il “Washington Times” riporta [4] l’assurdo caso avvenuto in Florida per cui una alunna di un liceo rischia un’incriminazione penale. La sua colpa? Aver fatto un esperimento di scienze non autorizzato, costruendo un fumogeno a scuola. Un caso che si poteva tranquillamente risolvere con una dovuta ramanzina per aver agito senza la supervisione di un esperto con sostanze potenzialmente pericolose e che magari poteva essere sfruttato per una lezione sulla sicurezza in laboratorio o per fare emergere l’interesse della studentessa per la chimica. Invece, grazie ai geniali regolamenti della scuola e dello stato si trasforma nell’occasione per fare un processo penale. Un episodio che nella sua miseria dimostra come sia facile cadere nella rete del sistema penale USA.

 

lorcon

 

[1]http://www.independent.co.uk/news/world/americas/us-judge-receives-28year-jail-term-for-his-role-in–kidsforcash-kickbacks-8598147.html?origin=internalSearch

 

[2] http://www.guardian.co.uk/world/feedarticle/8915645

 

[3] Si veda lo scandalo “Irangate” o “Iran-Contras” che vide un intenso traffico d’armi, droga e soldi tra Iran, Nicaragua e USA, gestito da alti ufficiali americani (condannati e poi graziati e amnistiati da Bush padre). La diffusione, a scopo di controllo sociale, di droghe pesanti e distruttive quali l’eroina venne, tra l’altro, già teorizzata da vari organi statali americani a partire dagli anni sessanta.

 

[4] http://communities.washingtontimes.com/neighborhood/citizen-warrior/2013/may/1/florida-schoolgirl-charged-felony-science/

AGGIORNAMENTO: Per qualche motivo al momento di scrivere l’articolo per Uenne mi sono scordato di specificare che la ragazza della Florida che rischia un processo per un esperimento di chimica è stata espulsa dal liceo.

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MoBo

Ci informano che oggi è la festa della madre quindi noi si festeggia fotografando schede madri.

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Che l’inverno del nostro rovello si trasformi in fulgida estate sotto questo sole di Milano

questo articolo apparirà su Umanità Nova numero 11 anno 93

2003 – 2013: Dax vive nelle lotte

Che l’inverno del nostro rovello si trasformi in fulgida estate sotto questo sole di Milano

lo striscione di apertura del corteo

lo striscione di apertura del corteo

Sedici marzo 2003: Davide Cesare, detto Dax, militante del centro sociale O.R.SO, moriva colpito dalle lame fasciste. Ma altra infamia si doveva aggiungere a quella giornata: la polizia bloccava le ambulanze che soccorrevano Dax e altri due compagni e poi caricava selvaggiamente i compagni accorsi presso l’ospedale San Paolo, dove i feriti erano stati portati. Cariche in stile Diaz, contro persone disarmate, cariche a base di manganello, spranga e mazza da baseball. Cariche che non risparmiano nessuno: chi è a terra viene preso a calci, il personale sanitario e chi ha accompagnato un congiunto in ospedale viene manganellato. Una polizia che da il meglio di se stessa, che vuole dimostrare che comanda, che per farlo non solo massacra i compagni ma che non si fa problemi a bloccare un pronto soccorso e a colpire persone colpevoli solo di trovarsi lì. Ma non basta: i giornali abboccheranno alla storiella inventata dalla questura per giustificare le cariche: le violenze in ospedale sarebbero avvenute perchè i compagni volevano trafugare la salma di Dax. Il ridicolo e la violenza avanzano radiosi sotto i tricolori degli scudetti cuciti sulle divise della celere e le vili penne del giornalistume italiota. La vile aggressione fascista viene derubricata a rissa tra balordi di quartiere. Viene offuscato il grave significato politico di quello è successo dietro la cortina fumogena della guerra tra bande degli opposti estremismi, dell’ordine pubblico funzionale all’accumulazione capitalista e alla violenza di stato. Il messaggio che la polizia vuole dare è semplice: non c’è spazio per le lotte sociali, per l’antifascismo.
Sedici marzo 2013: dieci anni dopo la “notte nera di Milano”, in una giornata insolitamente calda e solare, un corteo partecipato da oltre diecimila persone attraversa le strade del Ticinese e Porta Romana, attraversa Corso Lodi e poi giù fino alla periferia del Corvetto. Un corteo determinato, deciso, che ribadisce che dopo 10 anni da quella triste giornata non ci hanno fermato, che le lotte sociali vanno avanti, nonostante omicidi, carcere, denunce, repressione. Per ribadire che in un momento di crisi epocale come questo le lotte sono da rilanciare, che le classi popolari, macellate sull’altare dell’austerity, devono rispondere, autorganizzarsi, riappropriarsi di tutto. Un corteo che si conclude con l’occupazione, da parte dalle famiglie in lotta per la casa, degli appartamenti popolari lasciati sfitti dall’ALER e nella TAZ di via Scodolini, l’Area Grizzly, occupata per riappropriarsi di un gigantesco spazio lasciato vuoto da anni.
Forte anche la presenza anarchica e anarcosindacalista, anche se non pienamente visibile a causa della mancanza di spezzoni specifici.
Ovviamente buona parte di giornali e televisioni preferiscono concentrarsi sulle bottiglie indirizzate al commissariato da cui nel 2003 partirono le volanti che attaccarono i compagni in San Paolo, sulle vetrine delle banche rotte e sulla vernice lanciata sulla discoteca Lime Night, noto luogo di ritrovo della destra milanese, a cui è riconducibile anche la proprietà. Ancora una volta viene nascosto il significato politico di ciò che accade dietro la cortina fumogena, peraltro piuttosto debole data la lieve entità dei tafferugli, dell’ordine pubblico e dell’orrore di fronte alla vetrina della BNL martirizzata dai cattivi. Il corteo comunque ha raggiunto il suo scopo: mostrare che le lotte non si fermano e che vanno rilanciate. Speriamo che questa mobilitazione, che ha visto uno dei più grossi cortei cittadini degli ultimi anni, grazie al coinvolgimento di situazioni di tutta Italia (e non solo), appunto serva a rilanciare, ad aprire. Perchè l’antifascismo militante lo si fa tramite la lotta sociale: togliere legittimità all’attuale sistema di dominio, a qualsiasi sistema di dominio, significa togliere il terreno sotto i piedi ai suoi vili scherani che si vestono con celtiche e svastiche. La crisi la paghino i padroni: e solo la lotta sociale gliela farà pagare. Non le derive elettorali e la delega: solo la lotta in prima persona cambierà l’attuale stato di cose in un senso realmente libero.

lorcon

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Miseria del nazionalismo e del pacifismo

Articolo originariamente apparso su Umanità Nova numero 3 anno 93

Lo spettro della violenza settaria a Belfast

Miseria del nazionalismo e del pacifismo

Il tre dicembre la municipalità di Belfast ha varato un regolamento che prevede che la bandiera del Regno Unito non venga più esposta tutto l’anno ma solo per determinate festività, per un totale di diciassette giorni annui. Quasi immediatamente si è avuta la violenta reazione dei gruppi unionisti che hanno dato vita ad una serie di manifestazioni settarie. Per ora non vi sono state reazioni da parte dei gruppi repubblicani. È dagli Accordi del Venerdì Santo, siglati nel 1998, che si sono ufficialmente chiusi i “troubles” in Ulster, ma lo spettro della guerra civile continua ad aggirarsi per le sei contee, nonostante tutti i tentativi di nascondere lo sporco sotto il tappeto. Gli attacchi settari, condotti a colpi di molotov e pipe bombs, verso i cattolici che abitano in aree a maggioranza protestante sono andati avanti per buona parte dell’inizio del terzo millennio, tutti gli anni a luglio si assistono a riots causati dalle marce fascistoidi dell’Orange Order e degli Apprentice Boys e dai loro attacchi alle enclavi repubblicane.

In un clima di crisi economica, la disoccupazione generale è oltre l’8%, quella giovanile al 23%[1], è purtroppo facile che vi sia una ripresa delle violenze settarie. Il nazionalismo, sia di stampo repubblicano che lealista, offre delle spiegazioni rassicuranti ma non esaustive in merito alla genesi dei processi di crisi economica e al loro sviluppo e sopratutto non fornisce gli strumenti per il superamento delle condizioni di miseria in cui ampie fasce di popolazione vengono gettate. Non ci si stupisca quindi che in un momento in cui la crisi economica colpisce violentemente i ceti popolari dell’intera Europa vi sia una rinascita di sentimenti di stampo settario, sopratutto in quelle aree che vivono una pluridecennale crisi. La guerra civile in Ulster ha sempre fornito un’utile strumento di dominazione di classe alla borghesia. Il proletariato delle sei contee è stato tenuto diviso, dando una maggiore quantità di briciole alla sua frazione protestante e unionista, che ha di conseguenza sempre visto i cattolici come una minaccia per le proprie, già precarie, condizioni economiche[2]. La componente cattolica è stata volutamente esclusa dai processi produttivi e pauperizzata, pronta per essere usata come esercito industriale di riserva. L’ovvio contraltare alle violenze unioniste, sia quelle condotte dalle istituzioni che quelle condotte dalle bande di assassini dell’UDA e dell’UDF, appoggiate dai vari governi di sua maestà, sono state le azioni condotte dai vari gruppi armati repubblicani. Per quanto questi siano stati ampiamente mitizzati da certi settori della sinistra italiana, e che siano nati da ovvie necessità di autodifesa, non bisogna dimenticare che hanno spesso condotto delle azioni che hanno portato alla morte di decine di innocenti. E se la logica delle “vittime collaterali” non deve valere per i criminali attacchi dei droni made in USA nelle montagne pakistane non deve valere neanche per la (P)IRA o l’INLA.

Ora, con l’acuirsi delle difficoltà delle classi popolari dovute all’ulteriore spoliazione giustificata con la crisi, una nuova esplosione di violenze settarie sarebbe devastante per ogni possibilità di reale organizzazione di classe, necessaria superare le attuali condizioni di miseria, e troncherebbe le possibilità di collegamento con le lotte sia in EIRE che in UK, cristallizzando nuovamente il conflitto tra repubblicanesimo e unionismo ed eludendo le principali contraddizioni a cui l’esistenza dello stato e del capitale ci mettono davanti. Finora le violenze sono state rivolte sopratutto verso la polizia e non vi sono state reazioni da parte del lottarmatismo repubblicano. Mentre il vecchio gruppo dirigente della Provisional IRA e del Sinn Fèin, Gerry Adams e Martin McGuinnes in testa, è entrato nel parlamento di Stormont, assumendo anche cariche istituzionali di primo piano, altri gruppi minori, ma con un certo peso militare, come la Continuity IRA e la Real IRA, che hanno rifiutato gli accordi di pasqua del novantotto si stanno ricompattando intorno ad una nuova formazione nata dalla fusione di diversi gruppi.

Non è da escludersi, quindi, che in prospettiva ci possa essere una recrudescenza degli scontri, sopratutto se i manifestanti unionisti decidessero di attaccare pesantemente i ghetti cattolici, cosa finora accaduta solo a Short Strand (dove la polizia non è intervenuta). Tra l’altro alcuni tra i leader unionisti sono conosciuti più che altro come gangster che gestiscono racket e spaccio, con ambigui rapporti con la polizia dell’Ulster (che è separata da quella del resto del Regno Unito). Questa commistione tra gruppi armati di stampo politico e criminalità comune non sono una novità: basti guardare all’esempio del Kurdistan, dove alcune formazioni afferenti al PKK[*] gestiscono il traffico d’oppio o alle FARC colombiane e il traffico di cocaina, o ai miliziani serbi e croati riciclatisi nella malavita organizzata. O per passare all’altro campo alla gestione del mercato della droga da parte dei mujaeddin afghani già dagli anni settanta. Inoltre in Ulster tra gli anni settanta e ottanta ci fu un picco nella diffusione dell’eroina, utilizzata per frammentare e alienare ulteriormente le classi popolari, diffusione gestita direttamente da gruppi unionisti, e, in modo minoritario, da certe fazioni repubblicane. I gruppi paramilitari unionisti si sono sempre distinti per l’efferatezza delle azioni, condotte contro chiunque fosse tacciato di essere un cattolico o un repubblicano o un amico di questi, e per i rapporti di collaborazione con la polizia e l’esercito britannico e non sono una novità i collegamenti tra il British National Party, gli omologhi britannici di Forza Nuova, e certi settori del lealismo.

In un comunicato della Solidarity Federation[3], sindacato anarchico aderente all’IWA-AIT, è stato fatto presente come di fronte al montare delle violenze unioniste dell’ultimo mese e mezzo l’unica risposta sia stato un “Peace Gathering” di fronte al municipio. Questo “Peace Gathering” è stato indetto da una serie di sigle e soggetti politici che vanno dalle associazioni dei negozianti e padronato, preoccupati per le ripercussioni che le molotov e le biglie d’acciaio hanno sullo shopping e l’accumulazione di capitale, a gruppi religiosi ad alcune Trade Unions e partiti, sia di destra moderata che di sinistra. Questa manifestazione per la pace, al prima di una annunciata serie, secondo quanto riportano i compagni della SolFed, ha una piattaforma estremamente fuorviante e rappresenta lo stato dell’arte della miseria della così detta “società civile” delle sei contee. Incapace di andare a fondo della questione, si autorappresenta come il “vero Nord Irlanda”, che vuole la pace e il progresso, e bolla le violenze come il risultato della volontà di qualcuno di portare indietro le lancette della storia. Peccato che la situazione sia più complessa di come la vorrebbero dipingere questi “pacifisti” e che non basti dire di essere per la pace e le sorti magnifiche et progressive che sarebbero garantite dalla società capitalista. Se non si affrontano le grandi contraddizioni rappresentate dallo sfruttamento del lavoro e dal dominio statale non si potrà mai venire a capo della crisi che stiamo vivendo. E tanto meno lo si potrà fare in quei paesi massacrati da un secolare conflitto come l’Irlanda.

lorcon

[1]http://tinyurl.com/acartl6 e http://tinyurl.com/2ayu72z al secondo link si può osservare come sia ancora forte la linea di demarcazione tra quartieri cattolici e protestanti di Belfast. Nella zona Ovest, storicamente cattolica, ad eccezione di alcune significative enclavi come Shankill Road, la disoccupazione è compresa tra l’8,6% e il 9,7%, nella zona Est, per lo più protestante o mista, la disoccupazione è compresa tra il 5,1% e il 5,4%

[2]Si, veda, a titolo d’esempio le lotte condotte dagli operai protestanti dei cantieri navali di Belfast per ridurre le quote, ed espellere del tutto, i loro colleghi cattolici, accusati di essere dei “garantiti”. Questi e altri episodi settari sono ampliamente riportati nel libro “Irlanda del Nord: una colonia in Europa” di Silvia Calamati, che fornisce anche un ampio apparato di analisi statistica sulle discriminazion nell’ambito del lavoro. È uno di quei casi in cui si può notare l’uso di una retorica che rappresenta un appartenente ad una minoranza come garantito in quanto esistono degli “aiuti sociali” alle minoranze, percepite come parassitarie. Una retorica tipica anche dei gruppi fascisti in tutta Europa e negli USA.

[3]http://tinyurl.com/b7qhxyl altri articoli sulla questione sono stati fatti da gruppi di tendenza piattaformista come il WSM: http://tinyurl.com/apbpptm

[*]questa nota appare solo su questa versione elettronica dato che non posso andare a correggere tutte le migliaia di copie del giornale: la frase in questione contiene una pesante inesattezza: le maggiori responsabilità del traffico di oppio grezzo e semiraffinato in Turchia e Kurdistan (e dalla Turchia al resto del mondo) ricadono sui servizi di sicurezza turchi, o su alcune frazioni di essi ma è indifferente, come ben dimostrato dagli scandali di fine anni ’90. Il coinvolgimento di certi gruppi afferenti al PKK non è mai stato dimostrato e, anche qualora fosse esistito, rappresenterebbe un fenomeno del tutto marginale all’interno della lotta kurda. Mi scuso di questa imprecisione con interessati e lettori.

Per chiudere consiglio l’ascolto dei sempreverdi Stiff Little Fingers

https://www.youtube.com/watch?v=qLo7z50Tt2g

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Il gioco al recupero del M5S – L’inganno che avanza

Il seguente articolo verrà pubblicato su Umanità Nova numero 39 anno 92. Dato che però con dei grillini ci sto polemizzando in questo momento lo pubblico qua prima.

Da anni Beppe Grillo mette in vendita il “Calendario dei Santi Laici”, ovvero un calendario che ricorda tutti coloro che a giudizio di Grillo & Casaleggio meritano di essere assunti nell’olimpo del grillismo. Vediamo i santi di quest’anno: Antonio Fava/Vincenzo Garolfalo, carabinieri, Renato Barborini/Luigi D’Andrea, polizia di Stato, Edoardo Massari, anarchico, Vittime della strage del Moby Prince, cittadini, Aldo Moro, politico, Antonio Santoro, polizia penitenziaria, Michele Barillaro, giudice, Paolo Giaccone, medico legale, Mauro Rostagno, giornalista, Aldo Bianzino, cittadino, Lea Garolfalo, collaboratrice di giustizia, Vittorio Padovani/Sergio Bazzega, polizia di Stato. Un calendario che presenta un frullato di nomi, vicende, situazioni ed esperienze spesso antitetiche tra di loro. Un calendario che va a riproporre l’idea centrale del Grillo-pensiero: la distruzione di qualsiasi categoria ideologica, ovvero delle categorie fondamentali per poter interpretare in modo coerente (anche se incompleto) la realtà, per andare allegramente verso il nulla basandosi su supposte differenze morali tra il feroce membro della casta e il bravo cittadino-attivista del Movimento Cinque Stelle. Basta una lettura superficiale dell’elenco per capire quanto sia confusionaria e antistorica questa visione: cosa possono centrare tra di loro degli agenti di polizia, dei carabinieri e un secondino con un anarchico morto in carcere di “suicidio di stato” non è dato a sapersi. Come non è dato sapersi cosa possa centrare Aldo Moro, responsabile di decenni di politiche fatte sulle spalle della popolazione, con chi, come le vittime della Moby Prince, per i giochi politici dei vari governi morì. Il calendario di Grillo strizza l’occhio a quel cittadinismo confusionario in voga da qualche anno, quel cittadinismo che chiede il rispetto della legalità senza rendersi conto di come la legalità sia funzionale alla dominazione di classe, quel cittadinismo che non è razzista ma che “siamo in crisi, non possiamo permettere ad altri immigrati di venire qua”, quel cittadinismo moraleggiante che puzza di ipocrisia e di coscienze lavate. Un’ideologia che rifiuta di essere tale ed è per questo pericolosamente mimetica ma anche escludente verso chi non è ritenuto portatore dei valori morali necessari per fare parte dei “bravi cittadini attivi”. Perchè oramai si è arrivati al punto che la principale contraddizione verte sulla moralità dei governanti e non sullo sfruttamento e il dominio di classe, razza e genere. Tutto spazzato via, bollato come vecchie teorie stantie, incompatibili con la nuova moralità che avanza. Sembra un ragionamento da puritani del New England che si riempiono la bocca sull’interpretazione delle scritture in senso egualitario ma che mettono lettere scarlatte sulle adultere e sterminano indigeni per edificare la Nuova Gerusalemme. Si guardino bene coloro che da sinistra, anche tra gli anarchici, vedono con simpatia il Movimento Cinque Stelle, si guardino bene da questo inganno su scala nazionale fatto di dilettanti allo sbaraglio, autonominati capi assoluti, di ridicole “parlamentarie” via web senza controlli e certificazioni, in spregio alla trasparenza tanto evocata. Costoro sono l’ancora di salvezza della classe dominante, quelli che attuano un’operazione di recupero del dissenso per incanalarlo sui percorsi del parlamentarismo. È inutile che sbraitino di essere puri, onesti e fieri adducendo come motivazione della loro purezza l’attacco messo in atto dalla gigantesca macchina di propaganda di de Benedetti. I giochi delle tre carte sono vecchi quanto il mondo e non si può cercare di dimostrare la bontà del proprio progetto politico basandosi sugli attacchi dei propri presunti avversari. La bontà del proprio progetto la si dimostra mettendolo in pratica e aggregando persone, risorse e idee, non con gli urli isterici e il seguir ciecamente il capo. Il giustizialismo dei grillini, di cui si possono avere buoni esempi andando a vedere i commenti del blog di Grillo, è totalmente antitetico con un qualsiasi progetto libertario, così come lo è il loro correre per le parlamentari. Non ci si stupisca però che Edoardo “Baleno” Massari sia stato inserito tra i santi laici! Non è una novità che chi tende al recupero delle istanze sociali giochi ad arruolare nelle sua iconografia persone che probabilmente non avrebbero gradito avere a che fare con loro quando questo arruolare può drenare i consensi. Non ci si stupisca, dunque, se per guadagnare consensi tra i No Tav gli sciacalli della dirigenza grillina inseriscono un anarchico ammazzato dallo stato nel loro pantheon. D’altra parte già la maschera di V, entrata nell’arsenale iconografico grillino, è stata scippata ad un fumetto il cui messaggio è profondamente anarchico. Ricordiamoci che non è la prima volta che succede una cosa simile: chi è che scippò il nome “Fascio” ai movimenti popolari e il colore nero agli anarchici? Ma basta leggere la presentazione dello stesso calendario scritta da Grillo per capire quali sono le sue radici:

[…] È di moda, oggi, da parte di alcuni politici e di alcune Istituzioni parlare di cessione di parte della nostra sovranità nazionale come se fosse una panacea, una soluzione ai mali dell’Italia, dimenticando che la sovranità l’abbiamo già perduta molti anni fa insieme alla guerra. Quella sovranità che dovremmo recuperare per far luce sulla nostra storia recente e rendere giustizia ai Santi Laici.”

I grassetti sono nel testo originale [1]. I problemi vengono ridotti ad una questione di sovranità nazionale operando una semplificazione che cancella totalmente la realtà fatta di tanti sfruttatori di diverso calibro con il bollino tricolore che operano in sinergia con altri sfruttatori con il bollino d’altro colore. Ma non solo viene affermata questa bestialità, da cui ne deriva che essere sfruttati è bello purchè lo si sia in nome della propria bandiera, ma ci si spinge anche oltre: la sovranità è stata perduta insieme alla guerra. La logica conseguenza di questa affermazione è che prima della guerra l’Italia avesse una sovranità nazionale. È forse ignorante il signor Grillo in merito al fatto che l’Italia mussoliniana non solo costruì una presunta sovranità stroncando le lotte operaie e colonizzando l’Africa ma che si subordinò al progetto imperiale del nazismo tedesco, che la trascinò nella guerra e nella sconfitta? Forse Grillo ignora di come la perfida Albione finanziò e appoggiò Mussolini? Forse questo politicante non sa di come gli eredi del PNF si misero a disposizione, fornendo manovalanza per le stragi i stato, delle forze più retrive e reazionarie dell’atlantismo per combattere i movimenti che dal basso insidiavano il potere in Italia? È necessario prendere coscienza del fatto che il fenomeno del grillismo, per quanto sia probabilmente un fenomeno transitorio e funzionale solo a breve termine, dato che le spinte centrifughe all’interno del movimento sono già presenti e non potranno che rafforzarsi in occasione di un’entrata in parlamento, è un fenomeno per sue natura conservatore, teso al mantenimento dello status quo o al più di un suo ritinteggio che ne salvi le strutture e le fondamenta.

 lorcon

[1] http://grillorama.beppegrillo.it/catalog/product_info.php?products_id=151

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Appunti sparsi per una discussione sull’hacktivismo

Articolo apparso originariamente su Umanità Nova 35 anno 92
L’attacco informatico portato a termine e rivendicato da Anonymous contro la rete informatica del Ministero degli Interni ha portato alla pubblicazione di migliaia di documenti riservati. Al contrario di altre iniziative di questo network ha destato ben poco scalpore: pochi articoli di giornale, giusto qualche trafiletto, pochissimi servizi televisivi, posizione in secondo piano nelle testate online. Eppure questo attacco qualche discussione l’avrebbe dovuta sollevare: intanto ci sarebbe aspettato maggiore risalto sui media mainstream dato che non è notizia di tutti giorni che il sistema informatico della Polizia di Stato venga violato e sarebbe stata auspicabile una discussione rimasta per ora solo allo stato embrionale, all’interno di quel variegato mondo che va sotto l’etichetta di “movimento”. Infatti in mezzo a queste migliaia di documenti divulgati ve ne sono alcune decine riguardanti il movimento No Tav tra cui alcune informative che contengono nomi, cognomi e indirizzi di decine di militanti. Non è una questione secondaria ed apre diversi problemi su cui, a mio avviso, è necessario riflettere. Intanto viene accettata quasi acriticamente la pubblicazione di dati personali di militanti coinvolti a vario livello nella lotta contro il TAV e in generale nei movimento sociali e la conseguente esposizione a pericoli facilmente intuibili. A chi faceva notare questo sul blog del gruppo veniva risposto che dato che la polizia già era in possesso di quei dati non vedevano nessun problema nel pubblicarli. Una risposta che oltre denotare un’ingenuità totale lascia trasparire un certo fondo di stupidità: per gli attivisti l’unico pericolo sono i poliziotti? E sopratutto dove va a finire la libertà di anonimato, libertà rivendicata storicamente da chi ha incentrato sull’attivismo in rete la propria azione politica? Il fenomeno di anonymous segna un vero e proprio cambio di paradigma da diversi punti di vista. Tutta quelle rete che a partire dagli anni novanta portava avanti l’attivismo digitale legandosi strettamente con i movimenti sociali e dando il via ad una serie di esperienze di alto valore come il network di Indymedia, Riseup, Isole nella Rete (ECN), Autistici/Inventati, Indivia, Freaknet, gli hacklab e gli hackmeeting ha avuto (ed ha ancora) delle caratteristiche peculiari: uno strettissimo legame con i movimenti sociali in quanto molti degli attivisti digitali sono anche militanti nei movimenti reali, l’adozione di un’etica hacker, l’orizzontalità e la trasparenza decisionale, la volontà di espandersi. Tutte caratteristiche che stanno ad indicare la consapevolezza di essere calati all’interno di un contesto sociale e politico che trascende l’utilizzo dei mezzi tecnologici e si pone su un piano più generale di costruzione di un’alternativa radicale all’attuale barbarie. Ma con il tempo sono emerse, a mio avviso, delle problematiche tuttora insolute: intanto non vi è stato un adeguato ricambio generazionale, ovvero l’immissione di “forze fresche” all’interno della rete, secondariamente i movimenti non hanno recepito appieno la lezione dell’hacktivismo. Il non recepire gli insegnamenti di questa esperienza ha portato alla formazione di due poli attrattori nella concezione della rete: da un lato chi considera tutto quello che implica l’utilizzo delle nuove tecnologie come una perdita di tempo o quasi, riproponendo lo stereotipo del nerd totalmente alienato e avulso dalla società, e dall’altro chi entusiasticamente si butta acriticamente nell’utilizzo dei mezzi di comunicazioni basati sulle reti sociali, quali i social network, inconsapevoli dei giganteschi rischi di cui questi mezzi sono intrinsecamente portatori. Tornando alla questione anonymous non possiamo fare a meno di notare come questa rete di attivisti stia agendo in modo totalmente opposto ai principi base dell’attivismo digitale: divulga dati di decine di attivisti e dai suoi comunicati sembra quasi volersi ergere a giustiziere e vendicatore dei movimenti, nello specifico di quello No Tav. E provoca un certo dispiacere e imbarazzo vedere che alcune realtà di movimento si sono lanciate in sperticati elogi dell’operato di anonymous lasciando da parte qualsiasi senso critico per lanciarsi all’inseguimento di quella che in certi ambienti è stata la notizia del giorno. Addirittura alcuni si lanciano in calcoli sui rapporti costi/benefici dell’operazione e in base al loro opinabile metro di giudizio giungono alla conclusione che il dimostrare che anche il nemico ha delle falle nel sistema di sicurezza vale bene la perdita di sicurezza per decine di militanti (perchè mettere in rete gli indirizzi vuol dire esporre a pericoli di non poco conto delle persone). E viene allora da chiedersi chi ha il diritto di arrogarsi decisioni di questo tipo: può un gruppo di sconosciuti, esterni alle realtà coinvolte, decidere di divulgare dati così sensibili ed ergersi a giustiziere della notte? Non è questa un’operazione che puzza estremamente di avanguardismo? Come è possibile accettare una simile operazione, piratesca nei confronti di chi si spende per la lotta sociale, senza aprire una minima discussione? Operazioni di questo tipo non solo mettono a repentaglio l’incolumità e la privacy (che, checchè ne dicano alcuni, all’interno dell’attivismo digitale è un valore) di decine di militanti ma sono anche puramente spettacolari. Infatti delle migliaia di documenti trafugati e pubblicati ben pochi sono realmente interessanti. A questo punto viene da chiedersi che senso hanno queste prove di forza che sembrano solamente fini a se stesse e alla creazione di una spettacolarizzazione e di una mitologia intorno ad un gruppo come Anonymous. Gruppo che si diverte troppo spesso a giocare con la privacy dei navigatori: è di poco tempo fa la notizia della pubblicazione degli indirizzi IP ed e-mail di centinaia di iscritti ad un forum su cui era presente materiale pedopornografico. La bordata emotiva che tende a colpire molti appena si sente parlare di pornografia minorile fa dimenticare che, ad esempio, alcuni tra gli indirizzi IP potrebbero essere di mantenitori di nodi della rete TOR, la rete che permette, tra le tante cose, ai dissidenti politici dei paesi dittatoriali di accedere al web senza incorrere in censure,  e che gli determinati indirizzi mail potrebbero essere stati rubati, data la totale incompetenza nel creare password che contraddistingue moltissimi utenti. L’hacktivismo passa tramite la creazione di consapevolezza intorno all’uso degli strumenti tecnologici e tramite tecnologie che permettano un accesso libero alle reti informatiche, tramite l’appiattimento del digital divide, tramite la diffusione delle autoproduzioni e del trashware per emanciparsi dall’uso dei prodotti delle multinazionali, tramite uno stretto legame con chi lotta tutti i giorni per la creazione di una società diversa. Se i movimenti e chi si si avvicina ad essi non sapranno cogliere questi dati rimarranno prigionieri del circolo vizioso rappresentato da un lato da chi sulla rete crea strutture di potere, ISP, governi, multinazionali, social network commerciali, e dall’altro da chi, più o meno inconsapevolmente e ingenuamente, si erge a paladino non richiesto dei movimenti, indossando una maschera, quella di V, portata al successo, tra le bestemmie del suo creatore, da un’operazione commerciale che ne stravolge il senso politico. Si abbandona il campo della politica dal basso e si entra nel campo dell’infoitamen, della spettacolarizzazione, dell’emotivizzazione degli eventi, della riproduzione dello spettacolo vigente, per dirla con Guy Debord.
lorcon
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Il Guardian, le scie chimiche e gli scemi

Il 17 luglio 2012 esce sul sito web del Guardian, una mappa in cui vengono illustrati i luoghi dove si sono svolti esperimenti di geoingegneria. Immediatamente l’infografica viene ripresa dai maggiori network complottardi, “Lo sai?” in testa, che la presentano come la prova dell’esistenza delle scie chimiche. Mi pare strano che un giornale che è notoriamente vicino al Partito Labourista inglese, ovvero a quelli che hanno elaborato le politiche di una delle maggiori potenze planetarie, vada a fornire le prove dell’esistenza del grande complotto, vado a guardarmi la fonte originale dell’articolo. Eccola qua. La mappa è stata elaborata dall’ETC group, ovvero un gruppo di studio sui monopoli internazionali, sulla biodiversità, sulla difficoltà d’accesso alle tecnologie da parte dei paesi poveri e sull’impatto delle nuove tecnologie sulle fasce povere e vulnerabili della popolazione. Qua si può leggere l’autodescrizione dell’ETC. Oltre alla mappa forniscono 176 pagine di tabelle in cui sono presenti i dati sui progetti monitorati. Per geoingegneria l’ETC intende le seguenti branche di ricerca e sperimentazione:

  • modificazione del clima: riduzione o aumento delle precipitazione
  • riduzione del CO2 tramite macchine depuranti
  • produzione di biochar, ovvero carbonificazione degli scarti agricoli per fissare il carbonio in aggregati solidi e bloccare la sua dispersione in atmosfera
  • cattura delle emissioni di CO2
  • rifrazione artificiale delle radiazioni solari
  • fertilizzazione dell’oceano, tramite diffusione di ferro o azoto nelle acque marine al fine di fissare in acqua il CO2
  • produzione industriale di alghe che fissino il CO2 e che possano fungere da biocarburanti

Si evince tra l’altro che gli ultimi dati certi sulla geoingegneria in italia risalgono al 2005 e dopo forse sono continuati degli esperimenti.

Le così dette scie chimiche sarebbero coinvolte solo per quello che riguarda la riduzione e l’aumento delle precipitazioni e forse per aumentare l’indice di rifrazione dell’atmosfera (ovvero diminuire l’assorbimento di fotoni e quindi il riscaldamento). Nell’infografica vi è una nota che afferma:

Importantly, many weather control project and soil initiaves using biochar are intended to be local and are not intended to manipulate the climate. However, even local techniques can be scaled up to have a ecological and economic implication for other countries.

Ovvero che molti di questi progetti di controllo climatico sono sperimentazioni locali e non hanno lo scopo di modificare il clima. Ovviamente queste tecniche locali possono essere utilizzabili su larga scala fino ad avere un’implicazione ecologica ed economica per più paesi.

Si afferma, insomma, che queste tecniche esistono e che potrebbero essere usate su larga scala ma che finora sono allo stato sperimentale su piccola scala. Ovvero l’esatto contrario di quanti sostengono la teoria cospirativa sulle scie chimiche affermando che vi è un utilizzo massivo, sia in termini spaziali che temporali, delle tecnologie di controllo del clima.

Si ipotizzi ora che i complottisti abbiano effettivamente ragione e proviamo a ragionare su cosa significhi l’implementazione su larga scala di queste tecnologie. Utilizziamo come scala di riferimento l’Italia, ovvero un’area di 301.340 km², con le aree di produzione agricola concentrate nelle parti pianeggianti (Pianura Padana, Tavoliere delle Pugle, Agro Pontino e fasce di pianura costiera lungo l’adriatico). Per indurre la siccità, come teorizzano taluni, sarebbe necessario ridurre le precipitazioni su queste aree e sulle aree montane in cui si originano i fiumi. Parliamo di decine di migliaia di km². Ipotizziamo che i tanker aerei per la diffusione delle chemtrails siano dell’ordine di qualche decina e che agiscano con una frequenza quasi giornaliera per impedire l’aggregazione di vapore acqueo in atmosfera. Ogni aereo dovrebbe avere una capacità di carico piuttosto grossa e avvalersi almeno del seguente personale di volo: un pilota, un copilota, un navigatore, uno o due responsabili tecnico-scientifici. Inoltre va calcolato il personale di terra che solo per quello coinvolto nelle operazioni di volo sarebbe: responsabili del servizio radar, tecnici delle manutenzione dei vettori, addetti al rifornimento del carburante, addetti alla sicurezza, tecnici della manutenzione degli apparati di dispersione degli aereosol, personale amministrativo. Inoltre vi sarebbe tutto l’apparato di approvvigionamento degli aerosol: impianti produttivi, con relativi lavoratori sia nella manifattura che nell’amministrativo, addetti alla sicurezza, indotto vario. Per semplificare stralciamo questo settore dicendo che il materiale viene importato.

Considerando che le operazioni di dispersione degli aerosol devono avvenire sia di giorno che di notte bisogna presuppore l’esistenza di una turnazione per personale di volo e personale di terra. Siamo nell’ordine di un paio di migliaia di persone, tramite un calcolo puramente approssimativo. Considerando che è da una decina di anni che si sente parlare di chemtrails bisogna tenere conto del turn-over, che per il personale di volo è abbastanza elevato dato il lavoro usurante. Il sistema ovviamente deve essere segreto e impermeabile. Quindi di queste migliaia di persone nessuno deve fare fuoriuscire informazioni, in modo più o meno volontario. Difficile che in dieci anni questo non avvenga. Si consideri tra l’altro l’esistenza dei responsabili politici della vicenda e dell’esistenza di un blocco di potere contrapposto a loro che gli segherebbe volentieri le gambe. Si consideri l’esistenza delle agenzie di sicurezza governative, ovvero i servizi segreti, che si infiltrano a vicenda e che controllano una parte dell’informazione. Raggiungiamo un sistema abnorme ed estremamente ramificato. E sopratutto non si capirebbe lo scopo. Il comparto agro-alimentare in Italia è uno dei settori trainanti dell’economia, circa il 15% del PIL. Questo comparto è composta da migliaia di piccoli produttori, più o meno consorziati tra di loro, e da alcuni grossi gruppi anche internazionali, Barilla, Unilever, Nestlè, Cremonini e compagnia. Questi grossi produttori acquistano materiale dai suddetti piccoli produttori per procedere alla lavorazione. Nessuno di questi avrebbe interesse ad una siccità artificiale in grado di distruggere la loro attività. E chi produce il 15% del PIL di certo non è uso a farsi calpestare come un povero idiota. E sopratutto non sono disposti a farlo i loro referenti politici.

Basterebbero queste considerazioni a smontare il mito dell’uso massiccio delle tecnologie climatiche. Inoltre si consideri il buon vecchio Rasoio di Occam, questa misconosciuta base della metodologia della ricerca, e si potrà apprezzare il fatto che vi sono tante altre teorie ben più credibili per spiegare i cambiamenti climatici. Tipo che le fluttuazioni climatiche ci sono da sempre. O tipo l’effetto serra. Ma, ops!, i complottisti nostrani, Di Luciano e “Lo Sai?” in testa, sono tra coloro che sostengono con più forza che il buco nell’ozono non esiste e che l’effetto serra è un’invenzione. Inoltre sostengono la teoria abiotica del petrolio, ovvero che il greggio non è una risorsa finita.

Ora potremmo anche divertirci a fare il giochino del complottista al contrario: chi ha interesse a sostenere che i combustibili fossili non sono responsabili di un abnorme disastro climatico? Non è che niente niente viene fuori che questi disinformatori sono al soldo di qualcuno?bMa non ho le prove e i presupposti per affermarlo e quindi lo lancio come provocazione. Ma mi è sempre piaciuto pormi la domanda “Cui prodest?”.

Il problema è che teorie come quella delle scie chimiche presuppongono l’esistenza di un sistema complicato che non tiene minimamente conto della complessità, ovvero della non linearità, del mondo. Si entra in un abisso di pensiero circolare per cui tutto va ad alimentare la propria teoria, si costruisce una visione paranoica del reale. Si aggiunga che c’è chi sostiene che il vero scopo delle scie chimiche non è tanto il controllo climatico quanto, a scelta:

  • favorire le comunicazioni militari aumentando la capacità di conduzione di segnali radio nell’atmosfera
  • sterilizzare e indebolire la popolazione

Il perchè sia necessario favorire le comunicazioni militari in Italia quando vi è già un’estesa rete di centrali di comunicazioni militari lo sanno solo le geniali menti dietro a questa teoria. Il perchè di un gruppo di potere dominante voglia ridurre la popolazione mondiale quando il nostro sistema economico si basa sull’esistenza e sulla riproduzione di un enorme bacino di poveri (manodopera e mercato potenziale) lo sanno poi sempre le geniali menti dei complottardi fissati con gli Illuminati di Baviera e i Rosacroce. Che poi potrebbero anche avere la bontà di spiegarci il motivo per cui uno dei più grossi blocchi di potere contemporanei, i neocon, che hanno avuto per dieci anni il controllo della politica statunitense, siano strenui oppositori della contraccezione e dell’aborto e abbiano stoppato i finanziamenti ai programmi internazionali per la diffusione dell’uso del preservativo.

Ma piuttosto di analizzare criticamente la realtà per costruire nuovi modelli radicalmente alternativi è più semplice raccontarsi e raccontare storie su falsi problemi e creare delle armi di distrazione di massa.

lorcon

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Trieste

17 maggio, corteo per l’inaugurazione della nuova sede del gruppo anarchico Germinal e per salutare la vecchia sede.

 

 

 

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tir e arcobaleni

Sulla autostrada del Brennero, direzione sud, qualche mese fa

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