Giustizia a stelle e strisce

Articolo comparso su Umanità Nova numero 16 anno 93

Giustizia a stelle e strisce

Le delizie del sistema penale USA

È notizia del 30 aprile [1] che il giudice statunitense Mark Ciavarella ha avuto confermata la condanna a ventotto anni di carcere per il suo coinvolgimento nel caso “kids for cash”. Ciavarella è stato per anni giudice presso il tribunale minorile di Wilkes-Barre, Pennsylvania, la sua rinomata durezza. Durezza che l’ha portato ad emettere condanne detentive anche nei confronti di ragazzini appena adolescenti [2], colpevoli di avere preso in giro persone su internet o di essere entrati in edifici abbandonati. Durezza dovuta, oltre ad una concezione autoritaria della società, al fatto che Ciavarella era a libro paga di una compagnia che gestisce un carcere minorile privato nella contea di pertinenza del suo tribunale. È emerso, inoltre, che il prode magistrato ha fatto di tutto per chiudere le strutture carcerarie pubbliche (che di certo non sono meglio di quelle private) e per appaltare la gestione dei reclusi a compagnie private.

Un caso che ha destato un certo scalpore negli USA e che ha portata alla condanna del giudice e di altri suoi sodali. Ma non si cada nella trappola delle “mele marce”. Ciavarella non è una mela marcia. Ciavarella è un rappresentante perfetto del sistema penale statunitense. Sua colpa, semmai, è stata quella di aver agito in maniera troppo smaccata e di avere smascherato, con il suo agire, l’illusione di un sistema “duro ma giusto”.

Da oramai trenta anni il sistema penale statunitense vede una sempre maggiore presenza dei privati nella gestione delle prigioni. Le compagnie vengono pagate “un tanto al detenuto” e, di conseguenza, hanno tutto l’interesse nel vedere un aumento della popolazione carceraria e nell’emissione di condanne con lunghe pene detentive. Il bestiale inasprimento delle pene per i reati comuni di piccola entità, con pene per i recidivi che possono arrivare all’ergastolo, è una processo che ha le sue origini nella “war on drugs” voluta dall’amministrazione Nixon per colpire le classi popolari in generale e i turbolenti ghetti neri in particolare. Prima venne tollerata e facilitata, se non addirittura pianificata coscientemente[3], la diffusione di droghe pesanti tra gli esclusi e poi si decise un giro di vite che ha portato ad avere il 50.8% dei prigionieri (in carceri federali) condannati per reati legati alla droga. Il numero totale di chi si trova in carceri federali o statali o è in libertà condizionale è di 7.2 milioni di persone, pari a più del tre percento della popolazione totale. Il fatto che nel decennio 1998-2008 l’uso di oppiacei sia aumentato del 34% e quello di cocaina del 27% dimostra come la politica proibizionista sia stata nei fatti un totale fallimento. Ammesso e non concesso che l’obbiettivo fosse quello di contenere l’uso delle droghe. Se l’obbiettivo invece era quello di creare un gigantesco mercato per compagnie di prigioni private, centri di riabilitazioni privati, alcuni tra l’altro gestiti da sette religiose, quali Scientology e le varie congrezioni evangeliche, si può dire che la “war on drugs” è stata un grandissimo successo che ha permesso l’accumulazione di un immenso capitale nelle solite mani. Per non parlare dei vari cartelli del narcotraffico e di tutto il sistema che gira intorno a loro: corruzione di magistrati, politici, poliziotti, attività di copertura, riciclo di denaro e il mantenimento di decine di migliaia di persone.

Altro punto importante è che la carica di procuratore è spesso elettiva e che per accattivarsi i voti della “moral majority” un procuratore faccia di tutto per mostrarsi duro e spietato.

In definitiva possiamo affermare che casi come quello di Mark Ciavarella non sono singoli frutti marci, ma sono la logica conseguenza del sistema economico e politico a stelle e strisce. Non mele marce ma i frutti di un albero marcio.

Sempre a proposito di carceri minorili il “Washington Times” riporta [4] l’assurdo caso avvenuto in Florida per cui una alunna di un liceo rischia un’incriminazione penale. La sua colpa? Aver fatto un esperimento di scienze non autorizzato, costruendo un fumogeno a scuola. Un caso che si poteva tranquillamente risolvere con una dovuta ramanzina per aver agito senza la supervisione di un esperto con sostanze potenzialmente pericolose e che magari poteva essere sfruttato per una lezione sulla sicurezza in laboratorio o per fare emergere l’interesse della studentessa per la chimica. Invece, grazie ai geniali regolamenti della scuola e dello stato si trasforma nell’occasione per fare un processo penale. Un episodio che nella sua miseria dimostra come sia facile cadere nella rete del sistema penale USA.

 

lorcon

 

[1]http://www.independent.co.uk/news/world/americas/us-judge-receives-28year-jail-term-for-his-role-in–kidsforcash-kickbacks-8598147.html?origin=internalSearch

 

[2] http://www.guardian.co.uk/world/feedarticle/8915645

 

[3] Si veda lo scandalo “Irangate” o “Iran-Contras” che vide un intenso traffico d’armi, droga e soldi tra Iran, Nicaragua e USA, gestito da alti ufficiali americani (condannati e poi graziati e amnistiati da Bush padre). La diffusione, a scopo di controllo sociale, di droghe pesanti e distruttive quali l’eroina venne, tra l’altro, già teorizzata da vari organi statali americani a partire dagli anni sessanta.

 

[4] http://communities.washingtontimes.com/neighborhood/citizen-warrior/2013/may/1/florida-schoolgirl-charged-felony-science/

AGGIORNAMENTO: Per qualche motivo al momento di scrivere l’articolo per Uenne mi sono scordato di specificare che la ragazza della Florida che rischia un processo per un esperimento di chimica è stata espulsa dal liceo.

Informazioni su lorcon

Mediattivista, laureato in storia contemporanea con attitudine geek, nasce nel sabaudo capoluogo (cosa che rivendica spesso e volentieri) e vive tra Torino e la bassa emiliana. Spesso si diletta con la macchina fotografica, lavora come tecnico IT, scrive sul suo blog e su Umanità Nova.
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