Miseria del nazionalismo e del pacifismo

Articolo originariamente apparso su Umanità Nova numero 3 anno 93

Lo spettro della violenza settaria a Belfast

Miseria del nazionalismo e del pacifismo

Il tre dicembre la municipalità di Belfast ha varato un regolamento che prevede che la bandiera del Regno Unito non venga più esposta tutto l’anno ma solo per determinate festività, per un totale di diciassette giorni annui. Quasi immediatamente si è avuta la violenta reazione dei gruppi unionisti che hanno dato vita ad una serie di manifestazioni settarie. Per ora non vi sono state reazioni da parte dei gruppi repubblicani. È dagli Accordi del Venerdì Santo, siglati nel 1998, che si sono ufficialmente chiusi i “troubles” in Ulster, ma lo spettro della guerra civile continua ad aggirarsi per le sei contee, nonostante tutti i tentativi di nascondere lo sporco sotto il tappeto. Gli attacchi settari, condotti a colpi di molotov e pipe bombs, verso i cattolici che abitano in aree a maggioranza protestante sono andati avanti per buona parte dell’inizio del terzo millennio, tutti gli anni a luglio si assistono a riots causati dalle marce fascistoidi dell’Orange Order e degli Apprentice Boys e dai loro attacchi alle enclavi repubblicane.

In un clima di crisi economica, la disoccupazione generale è oltre l’8%, quella giovanile al 23%[1], è purtroppo facile che vi sia una ripresa delle violenze settarie. Il nazionalismo, sia di stampo repubblicano che lealista, offre delle spiegazioni rassicuranti ma non esaustive in merito alla genesi dei processi di crisi economica e al loro sviluppo e sopratutto non fornisce gli strumenti per il superamento delle condizioni di miseria in cui ampie fasce di popolazione vengono gettate. Non ci si stupisca quindi che in un momento in cui la crisi economica colpisce violentemente i ceti popolari dell’intera Europa vi sia una rinascita di sentimenti di stampo settario, sopratutto in quelle aree che vivono una pluridecennale crisi. La guerra civile in Ulster ha sempre fornito un’utile strumento di dominazione di classe alla borghesia. Il proletariato delle sei contee è stato tenuto diviso, dando una maggiore quantità di briciole alla sua frazione protestante e unionista, che ha di conseguenza sempre visto i cattolici come una minaccia per le proprie, già precarie, condizioni economiche[2]. La componente cattolica è stata volutamente esclusa dai processi produttivi e pauperizzata, pronta per essere usata come esercito industriale di riserva. L’ovvio contraltare alle violenze unioniste, sia quelle condotte dalle istituzioni che quelle condotte dalle bande di assassini dell’UDA e dell’UDF, appoggiate dai vari governi di sua maestà, sono state le azioni condotte dai vari gruppi armati repubblicani. Per quanto questi siano stati ampiamente mitizzati da certi settori della sinistra italiana, e che siano nati da ovvie necessità di autodifesa, non bisogna dimenticare che hanno spesso condotto delle azioni che hanno portato alla morte di decine di innocenti. E se la logica delle “vittime collaterali” non deve valere per i criminali attacchi dei droni made in USA nelle montagne pakistane non deve valere neanche per la (P)IRA o l’INLA.

Ora, con l’acuirsi delle difficoltà delle classi popolari dovute all’ulteriore spoliazione giustificata con la crisi, una nuova esplosione di violenze settarie sarebbe devastante per ogni possibilità di reale organizzazione di classe, necessaria superare le attuali condizioni di miseria, e troncherebbe le possibilità di collegamento con le lotte sia in EIRE che in UK, cristallizzando nuovamente il conflitto tra repubblicanesimo e unionismo ed eludendo le principali contraddizioni a cui l’esistenza dello stato e del capitale ci mettono davanti. Finora le violenze sono state rivolte sopratutto verso la polizia e non vi sono state reazioni da parte del lottarmatismo repubblicano. Mentre il vecchio gruppo dirigente della Provisional IRA e del Sinn Fèin, Gerry Adams e Martin McGuinnes in testa, è entrato nel parlamento di Stormont, assumendo anche cariche istituzionali di primo piano, altri gruppi minori, ma con un certo peso militare, come la Continuity IRA e la Real IRA, che hanno rifiutato gli accordi di pasqua del novantotto si stanno ricompattando intorno ad una nuova formazione nata dalla fusione di diversi gruppi.

Non è da escludersi, quindi, che in prospettiva ci possa essere una recrudescenza degli scontri, sopratutto se i manifestanti unionisti decidessero di attaccare pesantemente i ghetti cattolici, cosa finora accaduta solo a Short Strand (dove la polizia non è intervenuta). Tra l’altro alcuni tra i leader unionisti sono conosciuti più che altro come gangster che gestiscono racket e spaccio, con ambigui rapporti con la polizia dell’Ulster (che è separata da quella del resto del Regno Unito). Questa commistione tra gruppi armati di stampo politico e criminalità comune non sono una novità: basti guardare all’esempio del Kurdistan, dove alcune formazioni afferenti al PKK[*] gestiscono il traffico d’oppio o alle FARC colombiane e il traffico di cocaina, o ai miliziani serbi e croati riciclatisi nella malavita organizzata. O per passare all’altro campo alla gestione del mercato della droga da parte dei mujaeddin afghani già dagli anni settanta. Inoltre in Ulster tra gli anni settanta e ottanta ci fu un picco nella diffusione dell’eroina, utilizzata per frammentare e alienare ulteriormente le classi popolari, diffusione gestita direttamente da gruppi unionisti, e, in modo minoritario, da certe fazioni repubblicane. I gruppi paramilitari unionisti si sono sempre distinti per l’efferatezza delle azioni, condotte contro chiunque fosse tacciato di essere un cattolico o un repubblicano o un amico di questi, e per i rapporti di collaborazione con la polizia e l’esercito britannico e non sono una novità i collegamenti tra il British National Party, gli omologhi britannici di Forza Nuova, e certi settori del lealismo.

In un comunicato della Solidarity Federation[3], sindacato anarchico aderente all’IWA-AIT, è stato fatto presente come di fronte al montare delle violenze unioniste dell’ultimo mese e mezzo l’unica risposta sia stato un “Peace Gathering” di fronte al municipio. Questo “Peace Gathering” è stato indetto da una serie di sigle e soggetti politici che vanno dalle associazioni dei negozianti e padronato, preoccupati per le ripercussioni che le molotov e le biglie d’acciaio hanno sullo shopping e l’accumulazione di capitale, a gruppi religiosi ad alcune Trade Unions e partiti, sia di destra moderata che di sinistra. Questa manifestazione per la pace, al prima di una annunciata serie, secondo quanto riportano i compagni della SolFed, ha una piattaforma estremamente fuorviante e rappresenta lo stato dell’arte della miseria della così detta “società civile” delle sei contee. Incapace di andare a fondo della questione, si autorappresenta come il “vero Nord Irlanda”, che vuole la pace e il progresso, e bolla le violenze come il risultato della volontà di qualcuno di portare indietro le lancette della storia. Peccato che la situazione sia più complessa di come la vorrebbero dipingere questi “pacifisti” e che non basti dire di essere per la pace e le sorti magnifiche et progressive che sarebbero garantite dalla società capitalista. Se non si affrontano le grandi contraddizioni rappresentate dallo sfruttamento del lavoro e dal dominio statale non si potrà mai venire a capo della crisi che stiamo vivendo. E tanto meno lo si potrà fare in quei paesi massacrati da un secolare conflitto come l’Irlanda.

lorcon

[1]http://tinyurl.com/acartl6 e http://tinyurl.com/2ayu72z al secondo link si può osservare come sia ancora forte la linea di demarcazione tra quartieri cattolici e protestanti di Belfast. Nella zona Ovest, storicamente cattolica, ad eccezione di alcune significative enclavi come Shankill Road, la disoccupazione è compresa tra l’8,6% e il 9,7%, nella zona Est, per lo più protestante o mista, la disoccupazione è compresa tra il 5,1% e il 5,4%

[2]Si, veda, a titolo d’esempio le lotte condotte dagli operai protestanti dei cantieri navali di Belfast per ridurre le quote, ed espellere del tutto, i loro colleghi cattolici, accusati di essere dei “garantiti”. Questi e altri episodi settari sono ampliamente riportati nel libro “Irlanda del Nord: una colonia in Europa” di Silvia Calamati, che fornisce anche un ampio apparato di analisi statistica sulle discriminazion nell’ambito del lavoro. È uno di quei casi in cui si può notare l’uso di una retorica che rappresenta un appartenente ad una minoranza come garantito in quanto esistono degli “aiuti sociali” alle minoranze, percepite come parassitarie. Una retorica tipica anche dei gruppi fascisti in tutta Europa e negli USA.

[3]http://tinyurl.com/b7qhxyl altri articoli sulla questione sono stati fatti da gruppi di tendenza piattaformista come il WSM: http://tinyurl.com/apbpptm

[*]questa nota appare solo su questa versione elettronica dato che non posso andare a correggere tutte le migliaia di copie del giornale: la frase in questione contiene una pesante inesattezza: le maggiori responsabilità del traffico di oppio grezzo e semiraffinato in Turchia e Kurdistan (e dalla Turchia al resto del mondo) ricadono sui servizi di sicurezza turchi, o su alcune frazioni di essi ma è indifferente, come ben dimostrato dagli scandali di fine anni ’90. Il coinvolgimento di certi gruppi afferenti al PKK non è mai stato dimostrato e, anche qualora fosse esistito, rappresenterebbe un fenomeno del tutto marginale all’interno della lotta kurda. Mi scuso di questa imprecisione con interessati e lettori.

Per chiudere consiglio l’ascolto dei sempreverdi Stiff Little Fingers

Informazioni su lorcon

Mediattivista, laureato in storia contemporanea con attitudine geek, nasce nel sabaudo capoluogo (cosa che rivendica spesso e volentieri) e vive tra Torino e la bassa emiliana. Spesso si diletta con la macchina fotografica, lavora come tecnico IT, scrive sul suo blog e su Umanità Nova.
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