Qualche foto scattata tra la costa dei Saracena, Siracusa, Paternò e l’Etna
Qualche foto scattata tra la costa dei Saracena, Siracusa, Paternò e l’Etna
Il Vallone di Sea, che si sviluppa da Forno Alpi Graie, in Val Grande di Lanzo, incuneandosi, è per me uno dei posti più interessanti delle Alpi: nonostante la quota relativamente bassa di partenza (1250 metri) è rimasto escluso dall’antropizzazione industriale. Certo vi sono alpeggi, per lo più abbandonati, e in passato gli alberi sono stati ampiamente abbattuti per alimentare le fornarci del ferro a Forno e ciò ha lasciato il segno: ancora adesso la zona è ben poco ubertosa. Ma non vi è stata la pesante infrastrutturazione turistica subita da alte valli piemontesi e qualche anno fa la proposta di costruire l’ennesimo stradone a uso silvo-pastorale è stata fatta fallire da un’ampia mobilitazione.
Insomma: un bel posto se si ricerca la wilderness. Tagliato fuori dai flussi turistici che hanno invece investito Pian della Mussa e Malciaussia, il vallone è frequentato da qualche bergè, da alpinisti e amanti del bouldering – qua qualcuno andò alla ricerche delle Antiche Sere e qua nacque il Nuovo Mattino – e dai pochi che hanno voglia di farsi dei trekking faticosi e impegnativi. Il vallone parte a basa quota, dicevamo, ma se percorso per tutto il suo lungo sviluppo si arriva ai 3mila e rotti metri del Colle di Sea. Il posto è umido, e fuori stagione è anche dannatamente freddo, il tratto iniziale si svolge tra pareti di granito strapiombanti, non vi sono rifugi ma solo due bei bivacchi, la salite è dolce ma molto lunga, e la discesa lo è ancora di più.
Insomma: un posto che ci piace, dove si assapora l’essere forti e liberi, liberi anche di sbagliare e di essere padroni del proprio destino.
Le due foto precedenti ritraggono la Stura di Sea, che confluisce poi nella Stura di Val Grande che è uno dei tre affluenti della Stura di Lanzo all’altezza del Passo di Napoleone – alcune volte referenziato anche come Scala di Napoleone. In questa zona abbiamo incontrato un gruppetto di camosci per poi intravedere uno stambecco quando siamo saliti di ancora un centinaio di metri. Tutta la salita è stata accompagnata dai fischi delle marmotte le quali, però, non si sono fatte vedere, il che ci fa pensare che le marmotte di Sea sono più timide delle loro cugine del pian della Ciamarella. Notevole anche la presenza di rapaci: se nei momenti di foschia più intensi questi se ne stavano ben appartati appena questa si diradava li si vedeva fare ampi giri alla ricerca di prede.
L’idea originale era di arrivare fino ai Laghi Verdi o, almeno, al lago Paschiet, gruppo di laghi che si trova in un vallone laterale della Val d’Ala. Tra l’ora relativamente tarda che avrebbe costretto a una sosta-pranzo molto breve per non scendere con la luce calante e il fatto che con le ciaspole siamo niubbi per cui sprofondavamo troppo ci siamo fermati 100 metri sotto il lago Paschiet.
In ogni caso una bella escursione, facile anche per chi, come me, la montagna la frequenta principalmente nella stagione calda e che raramente va su neve.
Su di un cartello, oramai tornati a Cornetti, punto di partenza, ho trovato attaccato questo bellissimo adesivo che non posso fare a meno di condividere con l’universo mondo:
La fotografia stenopeica, ovvero quella che si fa senza lenti ma esponendo direttamente il sensore (o la pellicola) alla luce tramite un foro di diametro inferiore al millimetro, è faccenda che mi ha sempre interessato. Qualche settimana fa mi sono costruito un obiettivo (?) stenopeico e ho fatto qualche prova. Sicuramente vi è tantissimo da esplorare in questo ambito.
Nella foto precedente sono completamente controsole con un tempo di esposizione di 1/1000 e l’ISO settato a 200
In questa foto possiamo apprezzare come la mancanza di un gruppo ottico renda molto più evidente la presenza di sporco sul sensore (il quale è stato, subito dopo, pulito). L’effetto vignettatura è dato dal foro stesso ed è stato un po’ amplificato in fase di “sviluppo” del file RAW.
Escursione di fine Ottobre, con temperature decisamente sopra la media stagionale. In quota, a 2300 metri, ero in maglietta a maniche corte. Giusto dopo essermi mangiato il baracchino con legumi e cereali mi sono messo la felpa. Comodo ma anche no. In ogni caso l’umidità e le temperature miti degli ultimi giorni hanno favorito la crescita di funghi, non ho idea se di che tipo dato che di micologia so un cazzo.