complottismi o fascismi?

Il seguente articolo è comparso originariamente su Umanità Nova numero 26 anno 92 (22 luglio 2012)

Il grande tessitore del complotto pluto-giudaico-massonico

Complottismi o fascismi?

Le teorie del complotto sono una costante degli ultimi secoli ma negli ultimi anni, complice la diffusione di internet, c’è stato un vero e proprio fiorire di complottismi sui più svariati argomenti.

Si va dall’11 settembre, ad HAARP, al signoraggio, ai rettiliani, agli Iluminati fino alle deliranti speculazioni che negli ultimi mesi pretendono di collegare, in base a sconclusionate teorie numerologiche, il naufragio della nave da crociera Concordia agli accordi internazionali siglati dal governo Monti.

Queste teorie, al di là del loro contenuto specifico, hanno alcune caratteristiche comuni:

  1. la tendenza a ricercare una simbologia che riveli in maniera manifesta le trame del potere ( ad esempio tutte le speculazioni sulla piramide massonica presente sui biglietti da un dollaro)

  2. la tendenza ad operare una divisione manichea del mondo: da un lato chi ha scoperto la chiave d’accesso ad un universo misterico, il vero reale, e dall’altro la massa ignorante ed i grandi manovratori occulti

  3. la riduzione della complessità del mondo ad un unico disegno che, per definizione,è in grado di spiegare qualsiasi fenomeno

  4. l’assoluta non-falsificabilità delle ipotesi di partenza: qualsiasi critica all’ipotesi cospirativa è la prova del successo della cospirazione stessa

  5. e soprattuto la presenza di una visione misticheggiante, in cui ci si propone come portatori della Verità si rinnega la materialità dei conflitti politici, si interpreta la lotta politica come il precipitato di un conflitto manicheo fra due gruppi accomunati da destini mistico-spirituali contrapposti

E queste peculiari narrazioni sono molto simili a quelle che storicamente sono state diffuse dai vari movimenti fascisti.

Non c’è da stupirsi di questo: i movimenti fascisti hanno come comune radice ideologica, dove per ideologia si intende la costruzione di strumenti interpretativi e categorie di pensiero coerenti tra di loro, una visione del mondo che affonda nella ricerca di una purezza originaria perduta, tramite la costruzione artificiosa di un passato mitizzato, insidiata dalle forze del male che in grado di ideare grandi piani occulti per imporre la propria supremazia. È una storia che ritorna nei Protocolli dei Savi di Sion, opera in realtà scritta dalla polizia zarista, nelle teorie esoteriche del nazismo , nelle filosofie di stampo evoliano e, nel mondo moderno, anche degli estremismi religiosi (basti pensare al millenarismo della figura del Mahdi nell’islam sciita).

Non è un caso che uno tra i principali soggetti politici di quest’area, il network “Lo Sai?”, si vanti di collaborazioni oramai organiche sia con Forza Nuova, sia con l’area terzoposizionista che tenta di fare proseliti a sinistra (Stato & Potenza e altre associazioni di questo tipo) e che non solo respinge qualsiasi divisione tra destra e sinistra ma disconosce apertamente il conflitto di classe.

Secondo questi personaggi al mondo esiste il un Grande Complotto (che va dalle scie chimiche all’affondamento della Costa Concordia fino al Signoraggio) che è portato avanti da sette massoniche che sono in grado di controllare tutti gli apparati di potere per allo scopo di instaurare il Nuovo Ordine Mondiale (NWO). Questo gruppo occulto di potere ha avrebbe caratteristiche di estrema segretezza e dovrebbe essere d è il promotore di tutti gli avvenimenti che avvengono al mondo. Ovviamente siccome per imporre il proprio ordine avrebbero prima bisogno di generare il caos (in base a non si sa quale teoria) qualsiasi rivolta avvenga al mondo è in realtà diretta dalla massoneria piuttosto che dagli illuminati. Così arriviamo al delirio puro: le rivolta di piazza del 15 ottobre sarebbero sono state volute da una élite, e le rivolte greche sarebbero sono in realtà favorevoli alla BCE. Messaggio di fondo? Rivoltarsi è inutile. Ma vi è di più: da questi gruppi dopo il 15 ottobre sono partite delle vere e proprie campagne di delazione, che con la scusa della caccia all’infiltrato hanno fatto girare centinaia di foto per dare un’identità ai rivoltosi.

D’altra parte è la logica prosecuzione di un pensiero che basa il suo immaginario, anzi potremmo parlare di una vera e propria mitologia, sulla presenza di un livello inaccessibile alla comprensione dei più, con delle caratteristiche di vero e proprio culto iniziatico; questo ovviamente sposta il piano del confronto ad un livello a cui non si può minimamente accedere e l’azione politica e sociale viene quindi del tutto depotenziata, e resa sterile a vantaggio di una visione delirante e giustificatrice del mondo.

Su questo piano , e forse più che nelle collaborazioni pratiche alle iniziative, si realizza appieno la complementarietà tra questi gruppi e le formazioni fasciste (e in genere totalitarie) propriamente dette: l’abolizione della razionalità e la sua sostituzione con la mitologia.

Gruppi come “Lo Sai?”promuovono una visione basata sull’impotenza dei comuni mortali di fronte ad un potere incomprensibile, mistico, in cui non c’è spazio per l’autorganizzazione e l’autonomia di classe. Anzi, l’esistenza delle classi sociali viene negata, rimossa in favore di una visione interclassista che si maschera dietro una presunta necessità di apoliticità per potersi opporre efficacemente al NWO. Si pretende che questo discorso sia apolitico, mentre si sdoganano le peggio formazioni fasciste. Si afferma che le ideologie sono finite mentre ci si accompagna con i rappresentanti delle ideologie totalitarie. Questi gruppi parlano tanto di organizzarsi per resistere al NWO ma mai propongono soluzioni o esempi. Anzi: attaccano sistematicamente le insurrezioni popolari, in piena coerenza con i discorsi della destra fascista, che accusava il movimento dei lavoratori di essere manovrato dai “perfidi giudei” di turno.

Non è un caso che questi gruppi ultimamente stiano lavorando anche con i cascami del terzoposizionismo. Negli ultimi anni si è potuto osservare un rinascere di gruppi che portano avanti lo slogan “ne fronte rosso ne reazione, terza posizione”. Questi gruppi, in cui si sono collocati diversi relitti del terzoposizionismo fascista degli anni ’70 (Organizzazione Lotta di Popolo, TP e altri gruppuscoli) insieme agli orfanelli dello stalinismo, portano la categoria della geopolitica come unica chiave interpretativa della contemporaneità. Viene operato un vero e proprio slittamento del piano del conflitto: dal terreno di classe a quello dello scontro mondiale tra stati-nazione da un lato e potenza imperiale americana dall’altro. In pratica il grande nemico si incarna negli interessi del blocco anglosassone e del suo alleato sionista.I buoni da appoggiare invece diventano tutti coloro che si oppongono ad un sistema mondiale dominato da un unico impero: il blocco dell’Organizzazione per la Cooperazione di Shangai (Cina, Federazione Russa, e vari stati dell’area ex-sovietica), Cuba, Venezuela, Iran, Siria. La contrapposizione anche in questo caso viene spostata su di un piano totalmente inaccessibile alle lotte che si muovono sul terreno dell’autorganizzazione e del mutamento radicale delle società: l’unico modo di incidere effettivamente sulle sorti del “grande conflitto” passa attraverso una delega al potere politico statale. L’internazionalismo proletario viene sostituito con un internazionalismo degli stati “antimperialisti”, poco importa se tra essi troviamo stati che si basano sulla sistematica repressione delle classi popolari e la negazione di qualsiasi libertà. Le lotte contro le aggressioni antimperialiste per costoro non si portano avanti con l’antimilitarismo e il sabotaggio della macchina bellica ma con l’appoggio del militarismo di altri stati. Insomma: se sfruttamento deve essere che sfruttamento sia, basta che non abbia la bandiera a stelle e strisce.

La peculiarità del fenomeno complottista attuale è ovviamente l’utilizzo di internet, e principalmente dei social network, come mezzo di propaganda. I social network per loro natura sono un mezzo in grado di favorire la crescita di questo genere di fenomeni, questo per una serie di ragioni: intanto in primo luogo viene favorita una lettura superficiale delle fonti, successivamente la suggestione ha una fortissima importanza, inoltre la velocità di diffusione di una notizia può essere rapidissima se si riesce ad avere il controllo di un nodo della rete con abbastanza collegamenti, in questo modo è facile imporre delle vere e proprie parole d’ordine. E sopratutto, dato che per diffondere un’idea non serve un reale impegno ma basta cliccare un bottone, e fare un clik è fatica ben minore rispetto all’armarsi di pennello, colla e manifesti, qualsiasi utente può essere un potenziale diffusore di idee. Andando ad osservare i numeri reali dei complottisti si può osservare che il nucleo centrale è composto da un gruppo ristrettissimo. Eppure questo gruppetto riesce a diffondere le proprie idee ad un pubblico di decine di migliaia di persone. Tra queste decine di migliaia di persone alcune verranno inevitabilmente influenzate ed, oltre a diffondere a loro volta il materiale, si metteranno a produrlo: il web trabocca di dilettanteschi e comici cacciatori di complotti che appena vedono una piramide o un occhio si producono in una miriade di commenti e post ovunque. E proprio la questione dei simboli pone un altro interrogativo: ma perchè un potere pervasivo e onnipresente da secoli grazie alla sua segretezza dovrebbe svelarsi tramite un utilizzo ossessivo dei propri simboli riprodotti persino nell’ultimo video di una cantante pop?

Tra l’altro questa visione complottista abbonda nella sinistra italiana per quello che riguarda l’interpretazione degli ultimi decenni. Tutti i maggiori accadimenti vengono spesso descritti come l’attuazione del famigerato “Piano di Rinascita Democratica” elaborato dalla P2. E in questo modo si va a ridurre un periodo denso di accadimenti in Italia ad un mero proseguimento di una strategia di uno dei tanti blocchi di potere presenti all’epoca. Si tratta di una visione consolatoria che non tiene minimamente conto delle gravissime colpe della sinistra italiana nella creazione dell’attuale situazione; una visione figlia, a mio modo di vedere, del trascinarsi dello stalinismo in salsa italiana, con la sua necessità di creare Il Nemico, necessità tipica di tutte le visioni autoritarie. Ma può anche essere più semplicemente un escamotage per giustificare un l’esistenza di un partito (e dei suoi migliaia di funzionari) che ha perso qualsiasi bussola ideologica adottando in pieno l’ideologia neoliberista, che però non può essere svelata alla propria base di riferimento.

L’influenza di questi gruppi nelle lotte reali è pari a zero, banalmente perchè non proponendo niente non possono influire, ma tuttavia, il diffondersi di una mentalità complottarda di questo genere genera tutta una serie di rischi per i movimenti. In primo luogo il rifugio nella mistica depotenzia la deduzione logico-razionale; il venir meno di questo mattone fondamentale implica sia un incapacità di leggere le trasformazioni reali del tessuto economico sociale, sia un problema di trasparenza interna, poichè al metodo scientifico si sostituisce la dimostrazione per autorità (“ipse dixit”) o tradizione che difficilmente sono compatibili con un progetto politico libertario (o anche solo democratico). Ma c’è di più in secondo luogo: traslando il conflitto dal piano del reale ad un piano di conflitto immaginario si costruisce una gigantesca arma di distrazione di massa. Perchè alla fine, e nella storia troviamo centinaia di esempi, l’idea del complotto è funzionale a chi ha interesse a mantenere il proprio dominio.

lorcon

(si ringrazia G.A. per le correzioni e per alcuni preziosi suggerimenti)

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complottisti e sessisti

Segnalo il seguente mio articolo, apparso ieri su Femminismo a Sud, che ringrazio per l’ospitalità.

 

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San Caselli da Torino, protettore del potere

articolo apparso su umanità nova numero 12 anno 92

È primavera, tempo di alberi in fiore e santificazioni. Il santo del giorno non è niente meno che Gian Carlo Caselli, santificato vita natural durante da giornalisti, opinionisti, corsivisti e rappresentati vari della “società civile”. Causa di questa santificazione è la “persecuzione” che il povero procuratore torinese subisce ad opera dei violenti NoTav. L’episodio del 27 marzo a Milano, l’occupazione da parte di un gruppo di attivisti contro il Tav della sala in cui il nostro avrebbe dovuto parlare, ha dato la stura a commenti a dir poco superficiali e imbarazzanti. Si leggono attestati di solidarietà a Caselli perchè, scopriamo, è un eroe. Un’eroe, ci chiediamo? Davvero? Ebbene si, egli ha combattuto la mafia. E stava antipatico a Berlusconi, per giunta. Per questo motivo egli va dichiarato eroe civile, beatificato e santificato e qualsiasi contestazione nei suoi confronti è da considerarsi barbarica. Se proprio lo si vuole contestare lo si faccia con cortesia e garbo con qualche appello via web.

Ma basta davvero avere indagato su mafia e Berlusconi per essere dichiarati incontestabili? Forse bisogna ripercorrere la carriera di Caselli e riflettere un po’ sulla lotta alla mafia.

Caselli è, per usare un eufemismo, un tristo figuro della politica italiana. Scrivo politica, e non magistratura, perché è oramai chiaro che l’autonomia dei poteri è una mera costruzione ideologica. Caselli ha sempre risposto, fin dagli albori della sua carriera, a quel disegno egemonico del PCI, che vistosi impossibilitato a fare la rivoluzione, a causa di eventi geopolitici da un lato dell’imbecillità dei suoi vertici dall’altro, scelse di entrare nei gangli del sistema di potere italiano. E lo fece da un lato con il suo apparato imprenditoriale, le “coop rosse”, e dall’altro con l’entrismo in magistratura (usando Magistratura Democratica). Per mantenere il controllo sulla sua classe sociale di riferimento utilizzò pienamente la CGIL, organo di trasmissione tra partito e classe, che nega l’autonomia e l’autorganizzazione degli oppressi nella migliore tradizione leninista-gramsciana. Orbene, il signor Caselli, iniziò la sua brillante carriera con l’antiterrorismo di fine anni ’70, quel mostro policefalo che, sfruttando il cretinismo del lottarmatismo (che a sua volta era spesso eterodiretto o codiretto dai vari apparati di stato), stroncò i movimenti sociali che si autorganizzavano alla sinistra del PCI. In cambio di questo utile servizio il PCI entrò appieno nella “stanza dei bottoni”. Poco importa che Caselli sia stato in seguito santificato per via della lotta alla mafia ma gli albori della sua carriera corrispondono con il tramonto delle lotte sociali di massa. D’altra parte di questa santificazione ne hanno beneficiato anche personaggi del calibro del generale Dalla Chiesa, personaggio che non disdegnava l’uso di interrogatori energici per estorcere confessioni, spesso finte e gonfiate, ai sospetti di terrorismo. E queste vere e proprie torture avvenivano grazie alla collaborazione delle varie procure che chiudevano due occhi sui maltrattamenti mentre usavano in modo spropositato la carcerazione preventiva su centinaia di persone poi dimostratesi estranee al lottarmatismo. Sul Dalla Chiesa, tra l’alto, pesano da tempo sospetti di vicinanza alla P2. Questi sono gli eroi della “società civile”.

Caselli non rappresenta le persone oneste, come ci viene spesso ripetuto. Caselli rappresenta dei precisi interessi economici e politici: quelli del PD e di una parte del capitale industriale-finanziario italiano.

E ora veniamo ad uno dei grandi miti dell’opinionismo politico italiano: l’antimafia. Utilizzo il termine mito perchè i miti sono per definizione considerati naturali, intoccabili e al di fuori di qualsiasi razionalità. Anzi: sulla sospensione della razionalità si fondano. Ma nonostante questo hanno una precisa genealogia, che si può provare a ricostruire razionalmente. Innanzi tutto ci sarebbe da indagare su quelli che sono presentati come i due grandi contendenti all’interno del mito: lo Stato e la Mafia. Il primo viene presentato come un soggetto positivo, la seconda viene presentata come il male assoluto. Da tenere in conto una cosa: i professionisti dell’antimafia sanno benissimo che stato e mafia spesso e volentieri sono andati a braccetto. Utilizzano però l’artifizio degli apparati di stato deviati che sono andati a braccetto con la mafia, salvando così l’idea di stato. Lo stato, come la mafia e qualsiasi altro insieme di umani, non è un entità monolitica. Contiene al suo interno correnti e cordate, a volte alleate, a volte contrapposte. Tutte sono comunque tese alla conquista di più centri di potere possibili. Anzi, si potrebbe dire di più: l’idea di stato non è altro che una copertura ideologica usata per dare un manto di legittimità a certi gruppi di potere e fornire una più razionale tecnica di dominio. Quindi niente impedisce a pezzi di potere statale di allearsi con il potere pre-statale della mafia. E si potrebbe anche dire che stato e mafia condividono altre caratteriste in comune: capacità di drenare risorse (tasse da un lato, pizzo e introiti da attività criminose dall’altro), pretesa di un legittimo monopolio della forza e pretesa del controllo del territorio. La storia d’Italia, ma anche di altri paesi, è piena di alleanze più o meno esplicite tra stato e grandi cartelli criminali. Fatti salienti sono stati l’uso della mafia in funzione di contrasto delle forze popolari dopo nel secondo dopoguerra: strage di Portella della Ginestra, manovalanza mafiosa nell’ambito della strategia della tensione, diffusione dell’eroina e di altre droghe pesanti tra il proletariato italiano negli anni ’70. Un’analogo di questa ultima operazione è stato lo scandalo Iran-Contras negli USA.

Ovviamente come tutte le alleanze si può verificare che ad un certo punto uno dei soggetti acquisisca troppo potere e si crei inimicizia. Ed ecco che si arriva alla guerra tra mafia e stato che va dall’omicidio di Dalla Chiesa agli attentati di inizio di anni ’90. La mafia aveva esaurito la sua funzione di agente di disciplinamento sociale utile a quei gruppi di poteri che si coprivano con l’ideologia statale ed era necessario ridimensionarla. Probabilmente un nuovo accordo, con la creazione di un nuovo equilibrio, vi sarà con il decennio berlusconiano, che potrebbe avere trovato nuove alleanze con le forze emergenti della mafia. La questione del TAV potrebbe essere iscritto esattamente in questa ottica: trovare un nuovo equilibrio, un punto di accordo, tra i vari cartelli di potere. Non sono di certo il primo a sostenere questa tesi, l’hanno fatto anche diversi giornalisti e, addirittura, Ferdinando Imposimato, presidente onorario aggiunto corte di cassazione [1]. La stessa antimafia istituzionale contemporanea potrebbe essere vista come un gigantesco specchietto per allodole, utile a mantenere la legittimità di un sistema e a creare dei falsi bersagli, stornare l’attenzione.

La mafia potrà essere spazzata via dal momento che si negherà la legittimità di qualsiasi forma di dominio. E questo potrà essere fatto solo con una genuina mobilitazione di stampo autogestionario e anarchico. Perchè solo negando la legittimità di qualsiasi accentramento del potere si potranno evitare gli abomini che il dominio porta. Perchè la mafia uccide così come uccidono lo stato ed il capitalismo. Nei fatti hanno la stessa radice comune: si fondano sulla pensare che sia necessaria la presenza di una società gerarchica. Si fondano sulla creazione di ramificate reti di potere che danno vantaggi e svantaggi ai dominati. Diciamolo chiaramente: la mafia crea lavoro. Se sei un disoccupato di Scampia e puoi lavorare come sentinella per la camorra porti a casa uno stipendio e, in una società capitalistica, di conseguenza vivi. Oppure potresti entrare nell’esercito, andare in Afghanistan o in Libia, garantire un guadagno allo stato o alla multinazionale di turno (e nel caso afghano, che è il paese con la più alta produzione di oppio, anche alle narcomafie), portare a casa uno stipendio e vivere. Potrà sembrare un pensiero tagliato con l’accetta e un po’ brutale ma è così. La ferrea logica del dominio è la stessa, che abbia il tricolore e la Beretta o abbia il simbolo di qualche santo protettore di una mafia e la lupara caricata a pallettoni. Solo una pratica radicalmente alternativa, un grande rifiuto, potrà scardinare questa abominevole logica e creare una società diversa.

 

lorcon

 

[1]Vedasi il documentario “Fratelli di Tav”, in cui vi sono diverse interviste in cui si parla del rapporto tra costruzione delle linee TAV, partiti politici e criminalità organizzata

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Dalle masse sono riusciti ad ottenere lo stupido pietismo per il carabiniere…

Il seguente articolo è apparso su Umanità Nova Numero 9 anno 92. È scaturito dall’osservazione della reazione di molti individui in rete alla diffusione del famigerato video della pecorella. Si ringrazia il buon L.B. per il lavoro di revisione della bozza.

La disinformazione di massa nell’era dei social media

 

Un video in cui un NoTav della pecorella ad un carabiniere. Il corsera lo pubblica. Si diffonde viralmente sui social network. Parte il linciaggio nei confronti del NoTav. Si cita Pasolini. Ci si erge a difensori della Morale, del Buon Senso, delle Istituzioni. Accuse di squadrismo (la Repubblica, per voce di Bonini, pretesa punta di diamante del giornalismo italiano) nei confronti dei NoTav. Nessuno parla del perchè un carabiniere in tenuta antisommossa, senza pennacchio ma con tante armi, si trovi là, in quella vallata alpina a fronteggiare una popolazione che da venti anni lotta contro le speculazioni e per il diritto di decidere come usare il proprio territorio.

Il discorso dominante, la propaganda di regime, una volta era lasciata a degli appositi uffici: gli uffici di propaganda, appunto. Ora invece è stata talmente interiorizzata che ne abbiamo una produzione diffusa e tristemente autonoma da parte dei dominati e degli asserviti. Basta stuzzicare le giuste corde e riusciranno a produrre delleperle degne delle veline fasciste, citandosi vicendevolmente, giocando a chi riesce a dire la crudeltà più gratuita su cosa farebbe lui ai NoTav se fosse un poliziotto (mentre invece è un frustrato da tastiera). Citeranno la poesia su Valle Giulia di Pasolini, senza darsi la pena di leggerla fino in fondo, per darsi un tono intellettuale se fanno parte della categoria dell’italiota di sinistra, vomiteranno oscenità su come era bello l’ordine pubblico quando c’era il duce se fanno parte della categoria dell’italiota di destra.

Si vomiteranno banalità (il male è spesso e volentieri banale) sul fatto che se prima i NoTav avevano ragione ora non ce l’hanno più. Come se un poliziotto che si piglia della pecora cambi il fatto che il TAV è inutile e dannoso. Come se la verità di un’affermazione dipenda dal modo in cui viene espressa. Ci saranno centinaia di persone che si chiedono se i NoTav non lavorano, dato che sono in strada a protestare. E non capiscono che molti agricoltori per colpa della scellerata opera il lavoro lo perderanno.

I social network ci vengono troppo spesso presentati come mezzi che per loro natura aiutano a smascherare il potere, essendo portatori di un sapere sociale e socializzato. Ma anche il dominio e l’autoritarismo sonosociali e socializzati. I discorsi dominanti si poggiano sul fatto che ci sono dominati che li fanno propri, li interiorizzano e li riproducono, in modo inconsapevole perchè non si deve ammettere, in primo luogo a stessi, di essere sudditi. E di conseguenza i social media amplificano questi discorsi e li legittimano automaticamente in quanto entrano a far parte della categoria “vox populi”, così i giornali possono parlare di mobilitazione del popolo del web contro i violenti squadristi NoTav che danno delle pecore ai carabinieri.

Il delirio securitario e parafascista scoppiato su internet nei giorni scorsi dimostra che è ancora ben saldo il potere dei media tradizionali, i grandi concentramenti di potere della carta stampata che hanno colonizzato parti di internet, che sanno ancora imporre l’agenda del discorso pubblico giorno per giorno sfruttando le peculiarità di internet. Non bisogna assolutamente dimenticare che tutta la vicenda “pecorella” è stata fatta partire volutamente dal Corriere della Sera che ha pubblicato il video in homepage, dando l’importanza di uno scoop giornalistico a quello che sarebbe da derubricare a folklore di protesta. È stato un attacco volontario e predeterminato contro il movimento NoTav che è stato portato avanti andando a toccare particolari corde dell’opinione pubblica, che sono subito entrate in risonanza amplificando il messaggio “I NoTav insultano i poveri poliziotti indifesi”.

I vari potenti di turno hanno imparato bene che la rete è uno strumento sfruttabile per i propri interessi, alla faccia di chi vedeva in esso la fonte primaria dellaliberazione sociale.

Su internet si sta creando una vera e propria situazione di oligopolio, con alcuni cartelli che controllano buona parte del flusso di informazione. E questi cartelli sono sia internazionali (Google, Facebook) che nazionali: basti pensare al network Repubblica-Espresso-Kataweb che si pone come vero e proprio motore di produzione culturale su internet. Un motore da cui migliaia di utenti pescano informazioni che siandranno a distribuire viralmente sui vari social network. C’è poida dire anche un’altra cosa riguardo al tipo di utente che abbocca più facilmente a questo genere di operazioni di intossicazione dell’infosfera: l’età media è relativamente bassa, dai 25 ai 40 anni[1], ovvero la pretesa età della ragione, in cui una persona dovrebbe essere in grado di avere una visione critica della reatà. In realtà non è una cosa particolarmente strana: è la fascia d’etàche ha fatto propria la mitologia del legalitarismo e che è maggiormente orfana del PCI, i cui eredi si sono definiti in funzione puramente anti-berlusconiana producendo una pura e semplice opposizione di facciata con contenuti speculari al PDL per quello che riguarda la gestione economica e politica. Intendiamoci: il PCI non è che fosse rivoluzionario, ma era comunque portatore di una visione alternativa della società, se non altro per quello che riguarda le categorie di pensiero. La galassia che gravita intorno al PD, (e) di cui il cartello La Repubblica-Espresso è uno dei centri principali di produzione di egemonia culturale, è puramente speculare alla destra: l’accettazione totale del neoliberismo, l’idea che la storia si sia risolta dialetticamente nella vittoria del liberismo in economia e della democrazia occidentale in politica, la difesa ad oltranza del legalitarismo sono idee che accomunano tanto il PD quanto il PDL o l’IDV.

Per troppo tempo si è pensato che il web sia per sua natura libertario e agerarchico, in realtà la sua stessa struttura di rete, ad invarianza di scala e non casuale come troppo spesso si crede[2], porta facilmente ad avere delle concentrazioni immense di potere, con la creazione di veri e propri trust che si spartiscono la torta, che, unite a specifici fattori nazionali (nel nostra caso quell’indefinibile mix autoritario nato dalle ceneri del berlusconismo e dai partiti della prima repubblica e un’opinione pubblica facilmente influenzabile) non favoriscono per niente la libera circolazione delle informazioni critiche e radicali.

La rete è uno strumento troppo importante per essere lasciato in mano ai nostri nemici ed è quindi necessario ripensare ai suoi modi di utilizzo.

[1] dati prelevati in base all’osservazione diretta di centinaia di profili

[2] Link – La nuova scienza delle reti, Albert-Làszlò Barabàsi, Einaudi, 2004

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Maschilismo 2.0

Siccome capita che io talvolta scriva articoli comincio a pubblicarli anche qui. Il seguente è apparso su Umanità Nova numero 3 anno 92 e successivamente sul blog di Femminismo a Sud.

Nel web, è risaputo, si può trovare di tutto e di più e, di conseguenza, si trovano anche svariati siti dediti al diffondere le parole d’ordine dell’odio contro le donne.

E spesso sono siti che per diffondere il loro messaggio misogino, e in genere anche omofobo, si mascherano dietro nomi che evocano l’antisessimo. E di conseguenza abbiamo gruppi facebook che dietro il nome “contro ogni violenza in famiglia” veicolano giustificazioni all’omicidio delle donne da parte dei mariti o, per ricordarci che una volta toccato il fondo si può sempre iniziare a scavare, che sono intitolati alla memoria di Stefania Noce, ragazza attiva nei movimenti uccisa dall’ex fidanzato qualche settimana fa, e veicolano infamie nei confronti dei movimenti femministi e antisessisti.

E ci sono anche casi clonazioni di siti web: il sito di Femminismo a Sud, blog di riferimento per molte lotte antissessite, è stato clonato in diverse versioni da personaggi che gettano fango e confusione sulle compagne di FaS, oramai sottoposte ad un vero e proprio stalking virtuale, e propugnano iniziative di legge che rendano obbligatorio l’affido condiviso anche quando uno dei due genitori ha avuto reiterati comportamenti violenti. E tutto questo in nome della PAS, Parent Alienation Syndrome, che partendo dal banale concetto che un bambino soffre per per la separazione dei genitori finisce per creare una vera e propria malattia psichica. Tra l’altro si può vedere il tentativo di oggettivizzare tramite medicalizzazione (in questo caso nell’ambito psichiatrico) una teoria con ben poche basi.

Poi c’è anche chi ha clonato il dominio della rete dei Centri Anti Violenza, per altro già violentemente colpiti dai tagli alla spesa pubblica e da crociate di vari politici, per creare siti in cui si dice chiaramente che gli omicidi in famiglia avvengono per colpa di perfide femministe che, incapaci di farsi gli affari propri, istigano le donne a divorziare dai mariti che, poverini, finiscono per essere costretti a diventare degli assassini.

È interessante notare che per fare passare i loro contenuti impresentabili questa gentaglia sia usi nascondersi dietro nomi di comodo, probabilmente per ottenere un duplice scopo: da un lato darsi una veste rispettabile con l’uso di nomi altisonanti e dall’altro attuare delle vere e proprie operazioni di intossicazione informativa, ovvero immettere nei canali di informazioni dati falsi con il preciso scopo di confondere e mistificare. E per fare entrambe le cose cosa c’è di meglio che copiare i nomi altrui?

Questi gruppi, in genere collegati ad una vera e propria lobby dei padri separati, che ottiene spesso attenzione dai media e conta appoggi trasversali in parlamento, propagano alcuni semplici concetti:

  • il femminismo non è altro che un rovesciamento dell’ordine naturale delle cose ed è quindi naturalmente portatore di una volontà di dominio delle donne nei confronti delle donne (quando basta leggersi un qualsiasi testo femminista per sapere che il femminismo vuole portare a galla una visione femminile del mondo, da tempo nascosta dal dominio maschile, e che sul piano dei diritti vuole l’equità)
  • l’identità sociale e il ruolo del maschio sono minacciati dall’aggressività femminile e questo porterà ad una disgregazione dei valori su cui si regge la nostra cultura
  • il ruolo di una persona è biologicamente determinato, in questo caso dagli attributi sessuali, e indirizza verso un destino ineluttabile
  • al maschio spetta il ruolo di pater familias

 

Questi argomenti sono più o meno esasperati dai vari gruppi (c’è chi vede il grande complotto plutogiudomassonicobolscevico dietro i femminismi).

Le idee portate avanti sono piuttosto insidiose e trovano un facile terreno dove radicarsi dovuto sia alla cultura italiana, di suo già sessista e basata sul mito del maschio italico, sia al modo in cui vengono divulgate ovvero nascondendole dietro una facciata, quella di essere contro tutte le violenze, che ha facile presa da un punto di vista emotivo. Peccato che l’emotività sia il contrario dell’analisi critica e quindi ci sono utenti che, in perfetta buona fede, finisco per divulgare, tramite i vari social network, teorie sessiste.

Ci sarebbe da fare anche un’ampia riflessione sull’incapacità dei movimenti di fare proprie le tematiche femministe spesso ghettizzate (e imprigionate nello stereotipo della femminista rompicoglioni) e ridotte a folklore o banalizzate tramite semplici slogan lanciati mentre nel concreto si attuano pratiche alquanto machiste.

La questione di genere non è assolutamente secondaria se si vuole creare una società, o delle società, autogestita e che lasci spazio al divenire di ogni individuo. Anche perché una questione spesso dimenticata è che il maschilismo colpisce anche l’individuo di sesso maschile, che viene imprigionato in un ruolo sociale visto come naturale per ovvi motivi biologici, e cooptato in una pretesa guerra tra sessi, generalmente combattuta unilaterlmente, per il predominio.

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due ritratti

 

Manifestazione antirazzista, Bologna, 13 novembre 2010.

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Nebulizzazioni

 

 

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loro le forbici noi il sasso

Striscione del circolo anarchico Berneri di Bologna a Genova, 23/07/2011

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senza titolo 2

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Senza titolo 1


 

 

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