Dalle masse sono riusciti ad ottenere lo stupido pietismo per il carabiniere…

Il seguente articolo è apparso su Umanità Nova Numero 9 anno 92. È scaturito dall’osservazione della reazione di molti individui in rete alla diffusione del famigerato video della pecorella. Si ringrazia il buon L.B. per il lavoro di revisione della bozza.

La disinformazione di massa nell’era dei social media

 

Un video in cui un NoTav della pecorella ad un carabiniere. Il corsera lo pubblica. Si diffonde viralmente sui social network. Parte il linciaggio nei confronti del NoTav. Si cita Pasolini. Ci si erge a difensori della Morale, del Buon Senso, delle Istituzioni. Accuse di squadrismo (la Repubblica, per voce di Bonini, pretesa punta di diamante del giornalismo italiano) nei confronti dei NoTav. Nessuno parla del perchè un carabiniere in tenuta antisommossa, senza pennacchio ma con tante armi, si trovi là, in quella vallata alpina a fronteggiare una popolazione che da venti anni lotta contro le speculazioni e per il diritto di decidere come usare il proprio territorio.

Il discorso dominante, la propaganda di regime, una volta era lasciata a degli appositi uffici: gli uffici di propaganda, appunto. Ora invece è stata talmente interiorizzata che ne abbiamo una produzione diffusa e tristemente autonoma da parte dei dominati e degli asserviti. Basta stuzzicare le giuste corde e riusciranno a produrre delleperle degne delle veline fasciste, citandosi vicendevolmente, giocando a chi riesce a dire la crudeltà più gratuita su cosa farebbe lui ai NoTav se fosse un poliziotto (mentre invece è un frustrato da tastiera). Citeranno la poesia su Valle Giulia di Pasolini, senza darsi la pena di leggerla fino in fondo, per darsi un tono intellettuale se fanno parte della categoria dell’italiota di sinistra, vomiteranno oscenità su come era bello l’ordine pubblico quando c’era il duce se fanno parte della categoria dell’italiota di destra.

Si vomiteranno banalità (il male è spesso e volentieri banale) sul fatto che se prima i NoTav avevano ragione ora non ce l’hanno più. Come se un poliziotto che si piglia della pecora cambi il fatto che il TAV è inutile e dannoso. Come se la verità di un’affermazione dipenda dal modo in cui viene espressa. Ci saranno centinaia di persone che si chiedono se i NoTav non lavorano, dato che sono in strada a protestare. E non capiscono che molti agricoltori per colpa della scellerata opera il lavoro lo perderanno.

I social network ci vengono troppo spesso presentati come mezzi che per loro natura aiutano a smascherare il potere, essendo portatori di un sapere sociale e socializzato. Ma anche il dominio e l’autoritarismo sonosociali e socializzati. I discorsi dominanti si poggiano sul fatto che ci sono dominati che li fanno propri, li interiorizzano e li riproducono, in modo inconsapevole perchè non si deve ammettere, in primo luogo a stessi, di essere sudditi. E di conseguenza i social media amplificano questi discorsi e li legittimano automaticamente in quanto entrano a far parte della categoria “vox populi”, così i giornali possono parlare di mobilitazione del popolo del web contro i violenti squadristi NoTav che danno delle pecore ai carabinieri.

Il delirio securitario e parafascista scoppiato su internet nei giorni scorsi dimostra che è ancora ben saldo il potere dei media tradizionali, i grandi concentramenti di potere della carta stampata che hanno colonizzato parti di internet, che sanno ancora imporre l’agenda del discorso pubblico giorno per giorno sfruttando le peculiarità di internet. Non bisogna assolutamente dimenticare che tutta la vicenda “pecorella” è stata fatta partire volutamente dal Corriere della Sera che ha pubblicato il video in homepage, dando l’importanza di uno scoop giornalistico a quello che sarebbe da derubricare a folklore di protesta. È stato un attacco volontario e predeterminato contro il movimento NoTav che è stato portato avanti andando a toccare particolari corde dell’opinione pubblica, che sono subito entrate in risonanza amplificando il messaggio “I NoTav insultano i poveri poliziotti indifesi”.

I vari potenti di turno hanno imparato bene che la rete è uno strumento sfruttabile per i propri interessi, alla faccia di chi vedeva in esso la fonte primaria dellaliberazione sociale.

Su internet si sta creando una vera e propria situazione di oligopolio, con alcuni cartelli che controllano buona parte del flusso di informazione. E questi cartelli sono sia internazionali (Google, Facebook) che nazionali: basti pensare al network Repubblica-Espresso-Kataweb che si pone come vero e proprio motore di produzione culturale su internet. Un motore da cui migliaia di utenti pescano informazioni che siandranno a distribuire viralmente sui vari social network. C’è poida dire anche un’altra cosa riguardo al tipo di utente che abbocca più facilmente a questo genere di operazioni di intossicazione dell’infosfera: l’età media è relativamente bassa, dai 25 ai 40 anni[1], ovvero la pretesa età della ragione, in cui una persona dovrebbe essere in grado di avere una visione critica della reatà. In realtà non è una cosa particolarmente strana: è la fascia d’etàche ha fatto propria la mitologia del legalitarismo e che è maggiormente orfana del PCI, i cui eredi si sono definiti in funzione puramente anti-berlusconiana producendo una pura e semplice opposizione di facciata con contenuti speculari al PDL per quello che riguarda la gestione economica e politica. Intendiamoci: il PCI non è che fosse rivoluzionario, ma era comunque portatore di una visione alternativa della società, se non altro per quello che riguarda le categorie di pensiero. La galassia che gravita intorno al PD, (e) di cui il cartello La Repubblica-Espresso è uno dei centri principali di produzione di egemonia culturale, è puramente speculare alla destra: l’accettazione totale del neoliberismo, l’idea che la storia si sia risolta dialetticamente nella vittoria del liberismo in economia e della democrazia occidentale in politica, la difesa ad oltranza del legalitarismo sono idee che accomunano tanto il PD quanto il PDL o l’IDV.

Per troppo tempo si è pensato che il web sia per sua natura libertario e agerarchico, in realtà la sua stessa struttura di rete, ad invarianza di scala e non casuale come troppo spesso si crede[2], porta facilmente ad avere delle concentrazioni immense di potere, con la creazione di veri e propri trust che si spartiscono la torta, che, unite a specifici fattori nazionali (nel nostra caso quell’indefinibile mix autoritario nato dalle ceneri del berlusconismo e dai partiti della prima repubblica e un’opinione pubblica facilmente influenzabile) non favoriscono per niente la libera circolazione delle informazioni critiche e radicali.

La rete è uno strumento troppo importante per essere lasciato in mano ai nostri nemici ed è quindi necessario ripensare ai suoi modi di utilizzo.

[1] dati prelevati in base all’osservazione diretta di centinaia di profili

[2] Link – La nuova scienza delle reti, Albert-Làszlò Barabàsi, Einaudi, 2004

Informazioni su lorcon

Mediattivista, laureato in storia contemporanea con attitudine geek, nasce nel sabaudo capoluogo (cosa che rivendica spesso e volentieri) e vive tra Torino e la bassa emiliana. Spesso si diletta con la macchina fotografica, lavora come tecnico IT, scrive sul suo blog e su Umanità Nova.
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