La lunga estate calda

Il seguente articolo è stato pubblicato su Umanità Nova n. 24 anno 97

Climaticamente parlando, l’estate 2017 è stata una delle peggiori degli ultimi decenni. La siccità ha fatto gravi danni, sia in termini di impatto sulla produzione agricola che in termini di incendi, molti dei quali per mano umana, e di aumentato rischio idrogeologico – la terra secca sottoposta a un fenomeno simile ad una bomba d’acqua diventa più facilmente una frana di fango.

Contemporaneamente, abbiamo assistito allo sviluppo della feroce campagna contro le ONG, fatta partire dal Procuratore della Repubblica di Catania Zuccaro e subito ripresa da 5 Stelle e Lega Nord. L’ipotesi che le ONG che operano nel Mediterraneo agissero in modo coordinato con gli scafisti, destituita di ogni fondamento sia dallo sviluppo delle indagini che dalle dichiarazioni di esperti e da inchieste giornalistiche serie, è stata prima respinta dai partiti di governo, che ha fatto sua in forme alleggerite le tesi di Zuccaro e compagnia, e poi utilizzata da questi stessi per fare passare i provvedimenti dei Decreti Minniti e il Codice di Autoregolamentazione per le ONG, rifiutato da molte delle stesse. La giustificazione per questa scelta è che “bisogna arginare il razzismo populista”. E come farlo? Agendo come esso vorrebbe, perché altrimenti arrivano i leghisti cattivi. D’altra parte, l’altro giorno un mio amico stava discutendo della possibilità di subire un incidente mentre si muove in bici. Io per evitargli di fargli subire un incidente per colpa di qualcuno più antipatico di me l’ho ripetutamente colpito in testa con una pompa dell’aria e lui mi ha ringraziato. Logico, no?

La verità, che i partiti di governo, così come quelli di opposizione, non possono dire è che vi è un’oggettiva unità di intenti di tutta la classe padronale europea nel bloccare con qualsiasi mezzo necessario i flussi migratori nel mediterraneo. Per questo motivo lo Stato Italiano ha prima accusato le ONG di accordarsi con i trafficanti libici per poi accordarsi a sua volta, e sul serio, non in modo farlocco, con i trafficanti stessi per fare loro cambiare modello di business. Quelli che prima facevano i trafficanti ora sono diventati la guardia di frontiera europea in outsourcing. Costano meno, possono ammazzare, torturare, stuprare, vendere tranquillamente senza che il sangue ricada su Bruxelles o Roma. In più, se per qualche motivo qualcuno li ammazza, risparmiamo sul volo di rientro delle salme, sui funerali di stato e sui borbottii della pubblica opinione che vi sarebbero se i nostri ragazzi andassero in missione in Libia, come si pensava dovessero fare l’anno scorso.

Nel frattempo è diventato accettabile affermare “chi se ne frega se la criminalità della Tripolitania ammazza i centroafricani o li utilizza come manodopera schiavistica, l’importante è che non li facciano arrivare da noi”. Come se il problema fosse qualche centinaio di migliaia di persone che arrivano in Europa e non il fatto che siamo in piena crisi strutturale accoppiata al disastro ecologico.

Nel frattempo, il ministero dell’Interno a guida Minniti, degno figlioccio di Cossiga e Pecchioli, inaugura una politica di repressione e sgomberi di occupazioni abitative e sociali, lasciando diverse centinaia di persone senza casa nella sola Roma nel giro di una notte e incassando il plauso di tutto l’arco parlamentare.

Per non farci mancare nulla, assistiamo allo squallido utilizzo politico della gravissima violenza sessuata avvenuta a Rimini, ovviamente condendo il tutto con la rimozione di una delle vittime, la transessuale che, sopratutto se puttane, non meritano la solidarietà dell’opinione pubblica e possono essere stuprate, e alla pubblicazione di dettagli dei verbali degli inquirenti che descrivono minuziosamente lo stupro per accontentare i lettori, guardoni e probabilmente aspiranti stupratori, di certi quotidiani. Pochi giorni dopo vediamo la stessa opinione pubblica che chiedeva forche caudine per la banda di schifosi stupratori riminesi, più perché di origine straniere che perché stupratori, difendere con passione e ardore patriottico i carabinieri accusati di stupro a Firenze da due studentesse americane, che addirittura, a leggere certi giornali e sentire una parte della pubblica opinione, avrebbero ordito tutto per incassare i soldi dell’assicurazione stipolata negli USA.

Sempre per la serie “toccato il fondo armati di badile e inizia a scavare”, contemporaneamente, assistiamo all’utilizzo del caso della bambina morta di malaria, contratta ancora non si sa come e dove e da chi, a Brescia, per accusare i sempre più perfidi migranti di portare pure le malattie oltre che la miseria, come titolava lo stesso giornale che pubblicava i dettagli dello stupro di Rimini, inventandosi di sana pianta che l’origine della crisi non risiede di certo nei flussi migratori ma è un momento fondamentale dell’accumulazione capitalistica.

Un’estate lunga in cui abbiamo potuto vedere l’intera classe padronale italiana e i suoi reggicoda lanciarsi in un pesante attacco nei confronti della classe operaia imponendo ancora più divisioni di razza, e sfruttando una retorica sessista e patriarcale, per il proprio interesse. Per quanto tra loro differenti, da Libero al Resto del Carlino, dal Fatto Quotidiano alla Repubblica, i grandi gruppi finanziario-industriali che controllano l’editoria di massa hanno fornito il fuoco di fila di questo attacco. E oltre alle bordate degli editorialisti dei grandi quotidiani, tese per lo più a esprimere apprezzamento per l’agire del ministro Minniti, abbiamo visto l’imponente tiro di saturazione della miriade di testate locali e regionali, in gran parte collegate agli stessi gruppi dei grandi quotidiani, che hanno dato grande risalto alla diffusione di notizie tese a orientare in senso razzista e filopadronale l’opinione pubblica, diffondendo anche vere e proprie bufale, salvo poi incolpare della diffusione delle stesse i social network e invocare censure governative.

L’opinione pubblica di sinistra, anche parte di quella extraparlamentare, ritiene spesso che il razzismo sia una questione morale, dovuto alla “pancia del paese” e che questo possa essere “curato” con una battaglia d’opinione.

Ricostruzione falsa, però, dato che il razzismo, pur avendo una sua componente che potremmo definire antropologica – ma comunque storicamente definita – è sempre stato aizzato e usato dal padronato. Non è niente di nuovo. I responsabili della diffusione del razzismo non sono la famosa casalinga di Voghera, che pure di questi tempi condivide spesso su Facebook bufale sui profughi che prendono 35 euro giornalieri, quanto i mandanti dei vari giornali, strilli e gazzette, il Governo e i suoi apparati.

Il compito di smontare, nella pratica, questa soffocante narrazione razzista e antiproletaria potrà essere svolto solo da chi, lungi dall’appellarsi all’azione moralizzatrice delle istituzioni, agirà nel concreto e nel quotidiano per costruire relazioni di mutua solidarietà tra tutti e tutte gli sfruttati e le sfruttate.

lorcon

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Piovoso Piano Padano

Per la serie “e ora qualcosa di completamente diverso”: un po’ di foto scattate in un piovoso settembre 2017 nel Piano Padano.

Autoscatto 1: l’autore, essendo un rincoglionito non fa in tempo a mettersi a sedere.

 

L’autore scazza di nuovo l’autoscatto

foto con esposizione di 8 secondi. L’ombra a dx è il sottoscritto che si è mosso.

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Note a margine del 9 settembre bolognese

Questo pezzo, che appare qua e basta, è un rant polemico.

via Discard Image (pagine FB che tutti dovrebbero seguire)

Sabato 9 settembre 2017, Bologna. Arrivo in Centrale in mattinata, presenza di polizia solita, al contrario delle previsioni, più che antisommossa in borghese. Mi faccio un mezzo periplo della città per raggiungere degli amici che abitano ben lontano, condisco il viaggio con bestemmie contro i mezzi pubblici la cui macchinetta per biglietti non da il resto e non accetta le monete piccole, e poi da lì qualche ora dopo fino al concentramento in Porta Galliera. Santo Stefano e Maggiore sono già blindate, gruppi di camionette, tra cui quelle nuove con ruote alte e griglie già montate, carabinieri, polizia e finanza. Da Verdi giù per le Moline fino a Indipendenza e da lì in Galliera, altre camionette in testa corteo, ancora in concentramento, e altre pronte a posizionarsi sul retro.

In più di un decennio di militanza mi sono fatto la granitica certezza che l’area post-disobbediente sia composta da una massa di immani dementi e ne ricavo ulteriore convinzione: gli organizzatori del corteo non comunicano a nessuno (tranne che alla Questura) percorso e destinazione del corteo. Neanche ai referenti delle altre strutture presenti in piazza. “Finiamo in zona Cavaticcio” “No, si va verso Orfeo” “Macchè, andremo sui viali”. Insomma ciascuno ha la sua teoria su dove ci si dirigerà. La mia personale è che bisognerebbe dirigersi in direzione “affanculo” a passo da bersagliere e che è al di fuori dalla grazia di cristo che chi partecipa a una manifestazione non sappia dove andare, cosa fare eccetera. La mancanza di informazione, la gestione privatistica, l’oscurità organizzativa sono fottutamente pericolose. Ora mi si potrebbe dire “dato che conosci gli imbecilli e per altro li conosci pure bene che minchia ci sei andato a fare?” ecco, la risposta è semplice: a me del Labàs non frega assolutamente nulla ma ritengo estremamente importante dare una risposta alla ridda di sgomberi, di case come di spazi sociali, avvenuti negli ultimi mesi. A Bologna poi mi interessa XM24, realtà a cui mi sento legato dai tempi di Indymedia, e mi interessava pure dare la mia solidarietà a Crash al quale, pur nella distanza di pratiche e teorie, va dato atto di essersi schierato dalla parte dei lavoratori in più occasioni, sia nell’università quando vi fu la vertenza nelle coop di pulizia che nei casi delle vertenze Granarolo e Coop.

Considerando che il Crash è stato sgomberato in simultanea con il Labas ma che solo del secondo si è ampiamente parlato, con tanto di appelli a suo favore degli intelettuali della Repubblica edizione Bologna, si può giungere alla conclusione che essere a fianco degli sfruttati, sopratutto se di origine non italiana, non fa tanto appeal come organizzare i concertini e i mercatini. D’altra parte la frazione sinistra della borghesia pur sempre borghesia è.

Torniamo al corteo: qualche migliaio di persone, non più di cinquemila (altro che le ventimila dette dall’organizzazione….), comunque un buon risultato di questi tempi, percorso lunghissimo e progettato a cazzo di cane, da Galliera lungo Indipendenza fino al Cavaticcio e da lì alla T fino a Porta Ravennate e poi giù per Santo Stefano fino a svoltare in Via Dante e poi Porta Carducci dove è partita la solita festa a base di soun system e similari.

Ora, un po’ di considerazioni. Premessa: io sono notoriamente un cagacazzo, pignolo e schematico e grazie a questo in genere ci piglio. Il corteo non era organizzato male: era organizzato peggio. Il percorso era pieno di imbuti, con tratti di vie strette affiancati da portici rialzati di un metro e con poche vie laterali, veri e propri imbuti, pericolosissimi di loro e ancora di più considerando che il cordone delle Fd’O in chiusura del corteo era molto ravvicinato. Gli organizzatori non hanno distribuito nessuna informazione pratica, percorso e destinazione, neanche ai referenti delle altre strutture di Bologna, e sopratutto, e questo è il dato su cui riflettere, la mancanza di organizzazione, in senso generale, si riflette nei comportamenti di moltissimi singoli partecipanti i quali, persa completamente la bussola, scambiano un corteo per una street parade. Per cui ti ritrovi gente che sbevazza, e io sono dell’idea che nei cortei l’alcool va tenuto a distanza, i busker maledetti che tirano dei cazzo di nastri da decine di metri in mezzo alla gente ad altezza gambe, una roba che basta uno sbandamento casuale della folla per provocare inciampi a catena senza che nessuno spieghi loro che possono andare a tirare nastri dentro una galleria ferroviaria, furgoni che manovrano a cazzo di cane in mezzo alla folla e altre simpatiche cose che fanno entrare in modalità paranoia.

Perchè il punto è che un corteo è fondamentalmente un flusso che si muove in una direzione con al suo interno una serie di componenti individuali che si muovono in modo indipendente, caotico potremmo dire, creando delle perturbazioni. Se le perturbazioni sono troppe e l’ordine generale collassa in modo catastrofico e improvviso, a causa di un fenomeno di panico collettivo (che può essere dovuto a una carica come a un petardone come dal nulla assoluto) si generano delle onde che risalgono il flusso con una velocità alta. In vie strette, con porticato alto e senza vie di fuga laterali questo si traduce in un fenomeno estremamente pericoloso, quel genere di fenomeno che fa dei morti.

Mantenere la lucidità in queste situazioni è già difficile se non si è sotto effetto di sostanze, figuriamoci se si ha il tasso alcoolemico alto (non altissimo, eh, mica ho visto gente collassata male, semplicemente alto).

I cordoni dei servizi d’ordine, e parlo di cordoni in generale, non dico cordoni dotati di manici di piccone e hazet, che ieri sarebbero stati a dir poco fuoriluogo, non servono tanto a una funzione contenitiva diretta rispetto a possibili azioni ostili dall’esterno quanto a indirizzare il flusso di folla in modo razionale verso aree sicure, bloccare i fenomeni di panico collettivo anche da un punto di vista della percezione e fare ricompattare la folla in modo ordinato. Questo è quello che devono fare le strutture in queste occasioni sopratutto in tempi di colera sociale come i correnti. Se i cordoni sono assenti, o se sono un mero vezzo estetico, viene meno questa basilare funzione.

Decenni di movimenti sociali hanno prodotto una massa di saperi collettivi che ora stiamo velocemente perdendo e li stiamo perdendo a scapito nostro. E stiamo parlando di questioni che si situano al livello della pura e semplice autotutela individuale e collettiva, a un livello precedente al discorso “politico”. Così come sappiamo camminare, bere e mangiare dobbiamo sapere in che modo si sta in piazza, individuare possibili vie di fuga e pericoli, comportamenti scorretti e quanto altro. Obbiettivo primario di un qualsiasi corteo è che tutti coloro che vi partecipino si trovino in condizioni di sicurezza e che possano tornare a casa.

Se a questo ci aggiungiamo il fatto che gli organizzatori di manifestazione come questa vedono i partecipanti come comparse e si rifiutano di comunicare con le altre strutture, pur essendo queste parte in causa della questione per cui si è in piazza, agendo di conseguenza come opportunisti ci si rende conto del pericolo.

La manifestazione di sabato 9 a Bologna ha dimostrato che vi è una massa non indifferente di abitanti, da fuori si era relativamente in pochi e per altro mancavano ancora molti studenti universitari, sopratutto giovani che è contraria alle politiche urbane portate avanti dalla governance locale. Ha dimostrato però al contempo i limiti della mobilitazione in quanto:

a)è mancata una saldatura con le mobilitazione dei lavoratori e con il movimento per la casa

b)la mobilitazione si lascia dirigere da una banda di opportunisti che ha oggettivamente appoggiato il PD alle ultime amministrative e che è pronto a rifarlo, condannato all’eterna coazione a ripetere tipica della frazione dominata della classe dominante

c)le altre strutture di movimento sono incapaci di rispondere in modo adeguato alla volontà egemonica dei soggetti dell’area post-disobbediente lasciando campo aperto a questi personaggi che preparano la prossima campagna elettorale mentre creano catene di franchising di frullati biologici

D’altra parte è risaputo che “alternativa non è ideologia / ma organizzazione” per cui rimboccarsi le maniche e via.

lorcon

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Sputare sui morti

Martedì 22 agosto il miglior fornitore di carta straccia del centro-nord Italia, il Quotidiano

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L’articolo del QN in oggetto. Cliccare per ingrandire. Declino ogni responsabilità per episodi di nausea dovuti alla lettura dello stesso.

Nazionale, tramite un articolo di tal Cesare de Carlo si è premurato di informarci che , anarchici di lingua italiana migrati negli USA e ammazzati dallo stato il 23 agosto del 1927, erano due “pacifisti giustiziati per calcolo”, “Integrati, non violenti: nulla a che vedere con i clandestini di oggi” “Nicola e Bart si riconoscevano nei valori dell’America, dove arrivarono legalmente”.

Ogni singola cosa scritta in quell’articolo è scritta in malafede. Sacco e Vanzetti erano due rivoluzionari anarchici, la violenza, loro e i gruppi di affinità di cui facevano parte la utilizzavano. Il 16 settembre del 1920 la Borsa di New York non saltò in aria a causa di una fuga di gas o di una caldaia, tanto per ricordarcelo. Per ovvi motivi quando Sacco e Vanzetti vennero accusati di una rapina a mano armata finita con due morti il movimento a livello internazionale adottò la parola d’ordine “Sacco e Vanzetti innocenti” e questa parola d’ordine ha, bene o male, influenzato buona parte della narrazione di quella vicenda. Ma questo non toglie che i due fossero due limpidi rivoluzionari, militanti di provata fede che volevano scardinare il sistema capitalistico, altro che “integrati che si riconoscevano nei valori statunitensi”.

L’orrido articolo del Resto del Carlino-Il Giorno-La Nazione, giornale a cui d’altra parte va riconosciuta una certa coerenza nello sputare veleno sui proletari fin dalla sua fondazione, serve solo a riversare odio sui proletari di ieri e oggi. Serve a costruire una narrazione in cui gli italiani sono sempre stati laboriosi migranti desiderosi di integrarsi nei luoghi dove arrivavano e altre simili fesserie.

La chiusa finale dell’articolo, un delirio sulla “cultura del buonismo” contro cui monterebbe la protesta dell’opinione pubblica come questa montò contro la condanna di Sacco e Vanzetti, è la migliore dimostrazione della malafede del giornalista. Contro la condanna di Sacco e Vanzetti montò la protesta non di una generica e indefinita “opinione pubblica” ma bensì la mobilitazione di centinaia di migliaia di rivoluzionari in tutto il mondo, dei settori della borghesia progressista e di chiunque riconoscesse come odioso l’operato delle istituzioni statunitensi.

Altro che le ondate di razzismo antiproletario fomentate, tra gli altri, dalla gazzetta di una famiglia di petrolieri neofascisti riciclatisi nell’editoria, altrimenti detta Resto del Carlino.

I nomi di Sacco e Vanzetti sono ricordati dai rivoluzionari di tutto il mondo e anche da parte di chi pur non riconoscendosi nelle posizioni rivoluzionarie si riconosce anche solo in una generica speranza in un mondo migliore, il nome di Frederick Katzmann è ricordato solo dagli addetti ai lavori, il nome di Cesare de Carlo e di altre migliaia di mentitori professionisti finirà nel dimenticatoio della storia. Dove merita di stare.

lorcon

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Charlottesville – Crimine annunciato

Manifestazione antirazzista, in primo piano una bandiera dell'IWW

Manifestazione antirazzista, in primo piano una bandiera dell’IWW

Il vile e codardo attacco contro una manifestazione antirazzista a , una cittadina di cinquantamila abitanti in Virginia, che ha ucciso Heateher Heyer, militante antirazzista, è la naturale evoluzione della diffusione degli attacchi da parte di suprematisti bianchi e neonazisti di tutte le tendenze.

Negli ultimi anni gli Stati Uniti stanno vivendo una rinascita di movimenti sociali e l’emergere delle squadracce neonaziste altro non è che la risposta da parte del capitale.

A Charlottesville era previsto un raduno nazionale dell’estrema destra statunitense, “Unite the right rally”, per protestare contro la pianificata rimozione di una statua del generale Lee[1]. Contro questo evento, il quale lungi dall’essere una pacifica manifestazione sarebbe stato l’occasione per assaltare e intimidire membri delle minoranze etniche, lavoratori e persone individuate come appartenenti a movimenti sociali, si è mobilitata una vasta coalizione antirazzista.

Già nella giornata di venerdì si era tenuta una fiaccolata in stile KKK diretta verso una chiesa della comunità di colore

Fiaccolata dei suprematisti bianchi intorno alla statua del generale Lee

Fiaccolata dei suprematisti bianchi intorno alla statua del generale Lee

in cui si teneva un meeting antirazzista. La fiaccolata è stata bloccata grazie all’intervento del servizio d’ordine delle organizzazioni antirazziste che ha protetto, anche con le armi in pugno, il luogo di ritrovo e i partecipanti che si allontanavano alla fine del meeting.

Sabato sono arrivati in città altri militanti dell’estrema destra ma è aumentato anche il numero dei contromanifestanti. Il pericolo di gravi incidenti ha spinto il governatore della Virginia a proclamare lo stato d’emergenza, dopo diversi scontri tra gruppi di antirazzisti e suprematisti bianchi, in cui la polizia e la Guardia Nazionale non sono intervenute.

La forte mobilitazione antirazzista messa in campo dalle organizzazioni antirazziste ha costretto le autorità locali a vietare all’ultimo la manifestazione dell’estrema destra. Nonostante questo gruppi di neonazisti, ovviamente lasciati liberi d’agire da parte delle autorità, in più occasioni hanno provato ad attaccare il Justice Park, dove la coalizione antirazzista ha installato il suo quartier generale. Tutti gli attacchi sono stati respinti dal servizio d’ordine che ha costretto, anche con la minaccia dell’uso di armi da fuoco, i nazisti a tenersi a una distanza di sicurezza.

Impossibilitati dalla determinazione dei militanti ad attaccare il Justice Park un gruppo di nazisti ha attaccato un altro gruppo di manifestanti antirazzisti utilizzando una o più auto, i report non sono ancora chiari, dirette a forte velocità contro la folla. Un attacco volutamente omicida che ha lasciato sul terreno un morto e una ventina di feriti, di cui alcuni in gravi condizioni.

Ovviamente le autorità, locali, statali e federali, si sono prodotte in generici comunicati di condanna della violenza equiparando i gruppi contrapposti. Non ce ne stupiamo affatto: le autorità, a qualsiasi livello, non possono ammettere di proteggere e foraggiare le proprie mosche cocchiere, almeno fintanto che queste fanno comode. Infatti i movimenti nazisti, suprematisti e nazionalisti altro non sono che gruppi che fanno il lavoro sporco per conto del capitale nell’intento di mantenere uno status quo basato su sfruttamento economico, razzismo strutturale e discriminazioni di genere. I vari Richard Spencer, Augustus Invictus, i Proud Boys, Defend Europa[2] e le altre organizzazioni della destra statunitense sono le squadracce del ventunesimo secolo lasciate libere d’agire nell’intento di attaccare coloro che in vario modo si oppongono allo status quo.

A respingere costoro non potrà essere un generico richiamo all’, categoria ideologica e interclassista, ma la messa in crisi e il rovesciamento del vigente status quo nei suoi più intimi principi e meccanismi.

La presidenza di Donald Trump non è l’espressione del fascismo ma è l’espressione del suprematismo bianco[3], uno dei pilastri del capitalismo statunitense, ma l’emergere sempre più violento delle organizzazioni dell’estrema destra è un fenomeno che ha radici molto più profondo dell’elezione alla Casa Bianca di Trump.

Manifestazione antirazzista in Appalchia. Lo striscione richiama la figura di Jhon Brown, abolizionista che tentò un'insurrezione antischiavista prima della Guerra Civile

Manifestazione antirazzista in Appalchia. Lo striscione richiama la figura di John Brown, abolizionista che tentò un’insurrezione antischiavista prima della Guerra Civile

Come dicevamo in apertura a partire dal periodo a cavallo tra il primo e il secondo mandato presidenziale di Obama vi è stata una forte crescita delle mobilitazioni sociali. Dai movimenti ambientalisti che si oppongono alle distruttive pratiche di fracking e alla costruzione di oleodotti alla campagna per la difesa e l’aumento del salario #Fight415, da Black Lives Matter alle mobilitazioni dei lavoratori mantenuti in status di clandestinità, dalle mobilitazioni antisessiste alle proteste contro l’insediamento di Trump che hanno visto un importante sciopero generale.

Il Partito Democratico si è dimostrato incapace di tenere sotto controllo, mettendoci il cappello, questi movimenti in quanto le istanze portate da questi sono radicali e non fanno appello all’intervento dello stato di diritto ma alla mobilitazione diretta delle comunità locali e dei lavoratori. Il ruolo di pompiere assunto dal Partito Democratico negli ultimi decenni è venuto a meno. Alla costante stretta autoritaria[4], alla militarizzazione della polizia  si è accompagnato quindi l’emergere delle squadracce.

Ovviamente anche nel nostro paese abbiamo potuto assistere sui media mainstream a una completa disinformazione su quanto avvenuto. Già i lanci d’agenzia erano estremamente confusionari e a leggere i titoli dei principali quotidiani pare quasi che l’attacco omicida sia avvenuto contro la manifestazione dell’estrema destra, insomma la solita disinformazione a cui è necessario ribattere colpo su su colpo affermando con forza che l’attacco di Charlottesville è un attacco ai lavoratori di tutto il mondo. L’attacco di Charlottesville è un attacco contro noi tutti.

[1]Robert E. Lee, comandante in campo dell’esercito Confederato, assunta a icona per i movimenti suprematisti, nonostante sulle questioni razziali avesse delle vedute più ampie rispetto a molti unionisti. Per una storia della Guerra Civile Americana e dei suoi protagonisti, e sopratutto dei suoi reali motivi scatenanti, si rimanda ai lavori di Raimondo Luraghi.

[2]Per una panoramica sulle varie organizzazioni e sulle figure di spicco della destra statunitense vedi qui: http://www.politicalresearch.org/2017/08/10/a-guide-to-whos-coming-to-the-largest-white-nationalist-rally-in-a-decade/ e http://www.umanitanova.org/2016/11/26/la-legione-nera-di-donald/

[3] http://www.umanitanova.org/2017/03/26/fascismo-o-identita-bianca-1-parte/ e http://radioblackout.org/2017/03/anarres-del-24-marzo-trump-e-la-whiteness-cultura-di-guerra-a-scuola-lillusione-sovranista-e-le-celebrazioni-dei-60-anni-del-trattato-di-roma/

[4] E anche http://www.umanitanova.org/2015/10/20/la-propaganda-alla-prova-dei-fatti/

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Rigurgiti antisemiti

Il seguente articolo è apparso sul numero 23 di Umanità Nova

Nella fiammata complottista degli ultimi anni, tipica dei periodi di crisi in cui una piccola borghesia in via di proletarizzazione e un proletariato che ancora non si è dato le sue autonome forme di organizzazione di classe sono alla disperata ricerca di una risposta alla domanda “perchè sta andando tutto in malora?”, abbiamo potuto assistere a un ritorno in auge delle peggiori teorie antisemite. Tutto sommato queste teorie non sono nulla di nuovo: sono una riproposizione della teoria dei Savi Anziani di Sion con, in aggiunta, una spolverata di terzomondismo e di antimperialismo d’accatto come elemento di novità.

I deliri che circolano in rete sul famigerato e inesistente piano Kalergi, l’ideazione paranoica che convince taluni, compresi certi filosofi da talk show e social network come Fusaro, che vi sia un piano preordinato dietro i flussi migratori per sostituire etnicamente le popolazioni europee, sono l’ammodernamento di quella visione che pretendeva i perfide ebrei dietro qualsiasi sollevamento proletario.

Non solo: l’incancrenirsi pluridecennale del conflitto arabo-israeliano e la posizione israeliana nei conflitti nel medioriente ha fatto si che interi settori di movimento perdessero completamente la bussola dell’analisi politica, pretendendo di ricondurre qualsiasi evento geopolitico della regione mediterranea a una qualche trama occulta ordita dal Mossad.

Da questa posizione discende l’idea che la situazione israelo-palestinese rappresenti un qualche tipo di forte peculiarità rispetto alle normali, e già di per se criminali, condotte statali e capitaliste. Questo fa si che anche certi che si definiscono libertari, se non proprio anarchici, sostengano con fervore la necessità della creazione di uno stato palestinese, dimentichi del fatto che la ragion d’essere di uno stato, di un qualsiasi stato, è l’oppressione dei lavoratori a vantaggio di chi detiene il controllo dei mezzi di produzione.

Assumendo la posizione che vede come positiva la creazione di uno stato palestinese si finisce per legittimare qualsiasi tipo di dominio statale, dimenticandosi che uno stato arabo-palestinese sarebbe criminale allo stesso modo dello stato israeliano. Le stesse esperienze del nazionalismo arabo e panarabo, comprese quelle socialisteggianti come quelle baathiste, dimostrano che anche gli stati nati su una base esplicitamente anticolonialista attueranno politiche di massacro e guerra permanente nei confronti delle classi subalterne e di quelle popolazioni che per motivi culturali non si integrano nelle identità nazionali costruite a tavolino (pensiamo ai Cabili o ai Sarawi nel Magreb o a Kurdi in Iraq e Siria).

Ancora peggio, molti di queste persone che hanno fatto della questione palestinese il fulcro del loro agire politico, spesso dimenticando qualsiasi altra lotta, finiscono per legittimare l’oppressione religiosa. Persone che qua sono laiche se non anticlericali finiscono per sostenere un’eccezionalità in positivo di componenti islamiste come Hamas. Ancora più assurdo è vedere alcuni di questi sostenere con veemenza Hamas in Palestina ed attaccare con altrettanta veemenza la Fratellanza Musulmana in Egitto accusando questa di essere il burattino degli Stati Uniti. Peccato che Hamas e Fratellanza Musulmana siano due organizzazioni sorelle ed è un arduo esercizio di bispensiero sostenere che una sia l’adamantina speranza di redenzione per i popoli oppressi mentre l’altro lo strumento di oppressione. La verità è che ambo le organizzazioni fanno schifo allo stesso modo e l’han ben dimostrato sia con le loro politiche sociali bigotte e retrograde sia con l’oppressione sistematica dei proletari egiziani e palestinesi. In questo il breve periodo della presidenza Morsi in Egitto ha avuto poco da invidiare con la precedente e la successiva giunta militare.

L’attuale disgregazione del precedente assetto geopolitico in Medioriente ha molto a che vedere con le contraddizioni interne ai vari blocchi di potere regionale e nulla a che vedere con complotti del Mossad. Il governo israeliano ha, negli ultimi anni, impostato la propria azione di politica estera regionale nel saldare l’alleanza de facto con i sauditi e nel tenere attentamente monitorata la situazione siriana, tollerando la presenza dello Stato Islamico in aree a ridosso del proprio confine in quanto questo era troppo occupato a combattere con truppe lealiste (e relativi alleati) e contro la coalizione SDF per poter costituire una minaccia per Israele, temendo sopratutto un rafforzamento di quelle componenti apertamente filoiraniane come Hezbollah. Checchè se ne dica Israele negli ultimi anni ha visto con relativo favore una leadership come quella di Assad, in quanto con questa poteva trattare. Tanto più che nell’ultimo conflitto libanese l’intervento siriano si è limitato all’appoggio logistico a Hezbollah e non vi è stato nessun intervento diretto come durante la guerra civile negli anni settanta e ottanta.

L’incandescente situazione nel Golfo Persico, con l’Arabia Saudita impegnata a ribadire, con difficoltà, il proprio predominio nei confronti delle altre petromonarchie, sopratutto quella Qatarina che, negli ultimi anni, ha giocato autonomamente nello scacchiere appoggiando la Fratellanza Musulmana e portando avanti una politica di conciliazione con la Repubblica Islamica Iraniana, non ha nulla a che vedere con presunte trame occulte israeliane. La crisi degli stati arabi come Siria, Egitto e Iraq ha delle complesse cause sistemiche e non può essere nemmeno questa ricondotta a chissà quale complotto.

Eppure gli amanti dell’antimperialismo degli stati, ovvero di quell’antimperialismo che rimane puramente all’interno del campo capitalista, ripetono come un mantra che la responsabilità ultima dei massacri quotidiani risiede in Israele. Intendiamoci: se si volesse fare l’elenco dei crimini commessi dal governo israeliano, dall’utilizzo del fosforo bianco su Gaza al land grabbing con modalità coloniali all’appropriazione di risorse idriche, questo sarebbe molto lungo. Casualmente quelli che amano sciorinarlo tendono a dimenticarsi che gli israeliani non coincidono in toto con il loro governo. Se in molti storcerebbero il naso a sentire accusare tutti gli italiani delle politiche ecocide dell’ENI in Nigeria in virtù di un presunto eccezionalismo, diventa legittimo accusare tutti gli israeliani, compresi quindi quelli che subiscono la fortissima repressione interna che ha caratterizzato negli ultimi anni il paese (senza parlare di coloro che si ribellano apertamente come i disertori), delle azioni commesse dalla classe dominante israeliana.

Come dicevamo sopra anche nell’ambito anarchico si è vista una certa, seppure molto minoritaria, penetrazione di queste distorte teorie. Segnaliamo, a tal proposito, la pubblicazione on-line dell’opuscolo “Samantha Comizzoli – Ritratto di un’antisemita”,[1] curato da alcuni compagni milanesi. Samantha Comizzoli è un personaggio già noto da anni su internet per le modalità usate per esprimersi in merito alla questione israelo-palestinese, modalità evolutesi sempre più in senso antisemita. Fino a qualche tempo fa la si sarebbe potuta classificare come uno dei tanti personaggi di internet, purtroppo costei ha trovato legittimità all’interno di contesti di movimento venendo anche invitata a parlare in alcuni spazi anarchici in Emilia Romagna. Riportiamo dalla mail di accompagnamento mandataci dai compagni dello Spazio Luna Nera di Milano che ci segnalava la pubblicazione da loro curata:

è un fatto che nei periodi di crisi in segmenti del proletariato e delle classi medie in rovina si diffondano narrazioni razziste e/o complottiste che restituiscono l’immagine rovesciata della propria sconfitta o momentanea impotenza: rapporti sociali incontrollati e impersonali esercitano su costoro un dominio pressoché totale, ma essi possono incolpare con un capro espiatorio più debole e isolato e/o autoinvestirsi dell’onore di avere aperto gli occhi, di aver riconosciuto il volto di

chi davvero tiene le fila di tutto: “Io so. Io so i nomi dei responsabili!”. Per questo crediamo sia un pericolo che nei movimenti circolino personaggi come Samantha Comizzoli che condivide i pensieri di Paolo Barnard, Gilad Atzmon e Andrea Carancini, creando un pericoloso cortocirtuito tra

compagni solidali coi Palestinesi, antisemiti, negazionisti e complottisti.”

Insomma, è sempre necessario ribadire che solamente unità di classe degli sfruttati, al di là dei confini nazionali e culturali, potrà costruire una reale alternativa alla barbarie del capitale e degli stati, siano questi stati, e le rispettive borghesie, Israele o l’Iran, l’Arabia Saudita o il Qatar, gli Stati Uniti o la Russia.

lorcon

[1]L’opuscolo è liberamente scaricabile al seguente indirizzo:

https://spaziolunanera.noblogs.org/post/2017/05/30/un-caso-esemplare-di-complottismo-ed-antisemitismo/

Su Umanità Nova ci siamo più volte occupati delle derive rossobrune, terzomondiste e complottarde e segnaliamo i seguenti articoli apparsi sulle nostre colonne che possono risultare utile a chi voglia approfondire queste vicende:

http://www.umanitanova.org/2015/11/16/pericolose_idiozie/

http://www.umanitanova.org/2015/03/09/il-nemico-del-nostro-nemico-e-nostro-amico/

https://photostream.noblogs.org/2012/07/complottismi_o_fascismi/

Vedi anche

https://anarresinfo.noblogs.org/2017/06/01/il-grande-complotto-ebraico/ uscito invece su A – Rivista Anarchica.

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Il falò delle vanità

Il rogo della Grenfell Tower a Londra non è una tragedia: è una strage. Una strage che ha la sua precisa origine nella politica di gestione degli spazi urbani degli ultimi anni. La città che diventa inesorbailmente una macchina di crescita economica, non spazio da vivere ma spazio da mettere a valore.

L’area era stata sottoposta lavori di restauro negli ultimi anni: estetici. La vista dell’architettura brutalista, in cui, sommo orrore, vivono addirittura dei poveri, turbava gli occhi di chi abitava nelle aree adiacenti ad alto valore immobiliare. La torre era stata rivestita di pannelli atti a mascherarne le forme, a renderle più graziose. Ufficialmente per fare un cappotto termico. E chi se ne frega del fatto che i pannelli non fossero ignifughi . I pannelli termoisolanti per i cappotti termici in lana di roccia sono ignifughi, al contrario di quelli usati per i lavori, ma costano di più. Quindi non si usano. L’edizione odierna del Guardian ricostruisce la catena di appalti e subappalti ù che ha caratterizzato l’intervento di restauro, sottolineando come questa catena ha portato a un carente controllo del rispetto delle norme di sicurezza.

Scriveva il comitato dei residenti nel novembre 2016:

“Il Comitato Grenfell Action ha raggiunto la conclusione, terribile, che solo un incidente che porti alla morte di molti residenti porterà a un’analisi delle pessime pratiche di gestione messe in atto dalla maligna gestione dell’istituto per le case popolari. […] È nostra convizione che un imponente incendio in una delle torri o in un altra struttura ad alta densità residenziale sarà una delle ragioni per cui queste pratiche verranno alla luce[…]”

Sempre sul sito del comitato si riportano poi i casi di altri incendi avvenuti in altri palazzi gestiti dallo stesso ente, il Chelsea Tenants Management Organisation (KCTMO). Si riporta anche che nonostante questi incidente l’Ente non ha mai diffuso delle chiare e razionali istruzioni su come agire in caso di incendio. Completa mancanza di un piano di sicurezza e mancata attuazione di quanto suggerito al proprietario da parte dei pompieri.
Nel gennaio del 2016 lo stesso comitato dei residenti denunciava come durante i lavori di restauro non vi fosse il rispetto delle basilari norme antincendio  in un palazzo in cui vi era una sola via di uscita.
Nel 2013 invece veniva segnalato come gli impianti elettrici fossero mal funzionanti al punto di causare parecchi guasti agli elettrodomestici dei residenti, sovraccaricandoli fino a fargli quasi prendere fuoco.  e
Nel marzo 2017, dopo molte segnalazioni da parte dei residenti, vengono installati i cartelli con le istruzioni su come agire in caso di incendio.

I residenti sapevano delle precarie condizioni di sicurezza. I gestori pure, ma a questi dei residenti fregava poco. Thy give not a single flying fuck, come si dice a Oxford.

Le testimonianze asseriscono che gli allarmi antincendio non sono scattati e chi è riuscito a fuggire per tempo è riuscito a farlo grazie a chi si è accorto per primo dell’incendio e ha dato l’allarme urlando e battendo sulle porte. Mentre scrivo queste righe la conta delle vittime è ferma a 17. Il Telegraph riporta di almeno un’altra quarantina di dispersi di cui si sanno i nomi. L’Evening Standard dà notizia di 37 persone ricoverate di cui 17 in pericolo di vita. I responsabili dei soccorsi dichiarano che sperano in non più di cento vittime.

I morti della Grenfell Tower sono la carne da macello della città come macchina per la crescita economica.

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Tra l’incudine delle pseudoscienze e il martello del mercato – Mai la merce curerà l’uomo (e figuriamoci se lo farà lo stato)

Il seguente articolo apparirà su Umanità Nova n. 21 anno 97

 

Nelle ultime settimane, tra il cretinissimo decreto Lorenzin e il caso del bambino marchigiano morto per non essere stato curato per un’otite trasformatasi in ascesso da genitori irretiti da un santone, vi è stato un ritorno di interesse verso le questioni della medicina.

Fondamentalmente, emerge la polarizzazione tra due posizioni differenti: coloro che sostengono la necessità di una regolamentazione statale, nei confronti di una massa di utenti sanitari che viene vista come incapace di prendere decisioni, e coloro che sostengono la necessità di una presunta libertà di cura. Posizioni, ad avviso di chi scrive, entrambe idealistiche ed errate.

È necessario, infatti, a nostro parere, rimettere sul tavolo alcune questioni fondamentali che sono completamente oscurate dal dibattito in corso. Intanto: la salute dell’uomo è, in una società basata sulla sussunzione all’accumulazione di capitale di tutto l’esistente, una merce. L’essere merce riguarda sia la medicina ufficialeche tutto quell’insieme di pratiche mediche, più o meno, generalmente meno, funzionanti che vanno sotto il nome dimedicine alternative.

È merce l’aspirina, così come è merce l’oscillococcinum. Entrambi questi prodotti sono merce, funzionali all’accumulazione di capitale, per la Bayern l’una e per la Boiron l’altra. La differenza sta nel fatto che una funziona perché ha al suo interno un principio attivo, di cui si conosce meccanismo d’azione e farmacocinetica, mentre l’altra no, o meglio funziona come puro effetto placebo, in questo caso determinato dagli stessi meccanismi economici che soggiacciono all’accumulazione di capitale. Cosa è, di fatto, un medicinale omeopatico se non una particolarmente ben riuscita merce ad alto valore aggiunto? In definitiva un medicinale omeopatico altro non è che acqua con diluito al suo interno per migliaia di volte un principio attivo, o un qualcosa che dovrebbe essere un principio attivo, nel caso di oscillococcinum frattaglie di anatra e zucchero. In base al principio della memoria dell’acqua, mai provato da nessuno e spesso giustificato con un gibberish che tira in mezzo a caso la fisica quantistica (tanto la capiscono in pochi mentre in molti si impressione al nome), il prodotto finale avrebbe potere curativo. L’acqua è una materia prima che non ha un prezzo alto, almeno in Europa, così come lo zucchero di cui sono composte le pillole. Le frattaglie te le forniscono i macelli e pure quelle non costano molto.

Eppure, quel preparato che è letteralmente acqua demineralizzata e zucchero viene venduto a 35 euro per una confezione da 30 dosi. Una tonnellata di zucchero, al 30 maggio 2017, viene quotata 438 USD[1] sulla piazza londinese delle commodities. Da una tonnellata di zucchero si possono ricavare la bellezza di 33.000 confezioni da 35 con un ricavo di un milione e 100.000 e rotti euro euro[2]. Una discreta messa a valore, insomma. Ma quanto è ancora più simpatico da vedere è che l’effetto placebo su cui si basa l’efficacia dell’omeopatia per certe patologie, quelle così dette psicosomatiche, è dovuto al fatto stesso che i detti prodotti costino letteralmente uno sproposito.

In una società in cui vige il rapporto tra merci mediato dal denaro, e in cui questo assurge al ruolo di generatore simbolico, il convincimento di avere comprato della merce atta allo scopo deriva dal fatto di averci speso del denaro, ricavato dalla vendita del proprio tempo e della propria forza lavoro sul mercato della merce-lavoro.

E che dire invece della così detta medicina ufficiale?

Assistiamo qui a utili stratosferici, sia pure a fronte di spese di produzione più alte (dovute a materie prime costose, controllo qualità, maggiori investimento in capitale fisso, ricerca e sviluppo eccetera), rispetto a quelli dellamedicinaomeopatica. Dato che i prodotti della medicina ufficiale, salvo dolose sofisticazioni di vario genere, funzionano, quello che rende le merci di queste aziende incapaci di curare realmente l’uomo, ovvero di rimuovere il malanno, o per lo meno i suoi sintomi, a prescindere dalle condizioni sociali dell’individuo determinati dalla sua collocazione di classe, è che sono volutamente non accessibili a tutti.

Se il delitto di cui possiamo accusare le aziende omeopatiche e i vari santoni è quello di ingannare il prossimo vendendogli merce inutile e ad alto valore aggiunto, dei ciarlatani professionalizzati insomma, il delitto di cui dobbiamo incolpare le multinazionali del farmaco è quello di condannare alla sofferenza miliardi di persone che non possono accedere a prodotti, invece funzionanti, trasformando questi beni in merce, sostituendo quindi il valore di scambio al valore d’uso. È il capitalismo.

Le tecnologie farmaceutiche sono il prodotto dell’ingegno umano ma vengono ingabbiate nel ciclo della merce e il loro uso viene espropriato all’umanità. I metodi di produzione vengono privatizzati e messi a profitto mediante i meccanismi dei brevetti che impediscono la produzione dei farmaci a coloro che ne avrebbero bisogno; famoso è stato il caso dello scontro tra il governo indiano, messo sotto pressione dalla massa dei poveri che avevano bisogno di accedere a cure che non potevano permettersi, e la Novartis, per la produzione degli antiretrovirali di nuova generazione che hanno reso vivibile la vita a milioni di malati di AIDS[3].

Ma non solo: il meccanismo della concorrenza capitalista introduce elementi completamente irrazionali nella stessa ricerca medica. Su certe malattie che fanno centinaia di migliaia di morti, ad esempio la malaria, vengono effettuate poche ricerche per giungere a cure più efficaci o alla produzione di vaccini in grado di prevenirle in quanto il bacino di utenza (leggi: clienti) è troppo povero per garantire un ritorno economico. Vi sono, altresì, logiche di cartello in un mercato nei fatti oligopolistico, e il padronato coopta certi medici in meccanismi che fanno si che questi, in luogo di occuparsi della salute dei propri pazienti, si occupino della salute dei conti in banca delle aziende di cui finiscono per trovarsi a libro paga.

Insomma, l’esatto contrario della razionalità.

Veniamo alla questione del decreto Lorenzin, quello sull’obbligo vaccinale. In tempi non sospetti, sulle colonne di Umanità Nova ci spendemmo contro le bufale antiscientifiche che girano sui vaccini, nello specifico quelle generate a scopo di lucro dall’infame truffatore Andrew Wakefield [4], per impostare in termini razionali il dibattito. A tre anni di distanza, il dibattito sui vaccini ha assunto contorni sempre più ampi fino a essere oggetto di contrapposte campagne mediatiche e infine di un decreto legge, detto decreto Lorenzin, che ha reintrodotto l’obbligo vaccinale per dodici vaccini, pena l’esclusione del bambino vaccinato dall’istruzione pubblica.

Sgomberiamo subito il campo da alcune questioni: i vaccini, checché ne dicano taluni, sono stati fondamentali per la scomparsa del vaiolo e la quasi scomparsa della poliomielite. Sono altresì fondamentali per il contenimento, e in prospettiva la scomparsa, delle malattie esantematiche, che sono ben più pericolose di quanto comunemente si creda. Gli effetti avversi dei vaccini sono minimi. Per una più approfondita trattazione tecnica rimando ai due articoli scritti da Ennio Carbone (Vis medicratix naturae 1 e 2) citati in nota 4.

È altresì pacifico, nonostante quanto sostenuto da alcuni, che la così detta immunità di gregge esista, e di conseguenza esista una precisa responsabilità sociale materialmente fondata nelle operazioni di immunizzazione a mezzo vaccino. Ovvero: non mi serve che me lo dica lo stato che c’è bisogno di vaccinarsi, in quanto persona capace di operare scelte razionali ci arrivo da solo.

Come è stato giustamente scritto in un articolo apparso su Cortocircuito Arresto di sistema:

[…]E questo [il mercato del farmaco] che genera una contraddizione che il mercato non può risolvere: il vaccino serve a mantenere limmunità di gregge di una popolazione e quindi in sé non ha nulla di negativo; ma è prodotto per generare un profitto privato e quindi è subito sottoposto al ciclo delle merci. Non se ne esce: mi serve il vaccino, ma devo pagare; le multinazionali producono i vaccini per i loro profitti ma … mi servirà comunque il vaccino[…].[5].

Come anarchici, non possiamo che essere critici, per altro, rispetto al concetto di libertà di scelta, utilizzato da molti convinti no vax, applicato a un soggetto terzo non consapevole quale un neonato e in base a degli assunti di partenza non razionali e non materialmente fondati, sopratutto se giustificata con retoriche familistiche che implicano il concetto di proprietà della prole.

Detto ciò, appare evidente che il decreto Lorenzin faccia acqua da tutte le parti. È un decreto, come già scritto, cretinissimo e ipocrita.

Intanto: lo stato non ha un interesse specifico a mantenere in salute gli individui. Ha un interesse specifico nel mantenere in condizioni di salute mediana la maggioranza degli individui al fine di favorire i meccanismi di accumulazione di capitale. Un vecchio slogan diceva: lo fabbrica ci avvelena, lo stato ci imprigiona. Ne consegue che lo stato è complice, come è naturale, di coloro che hanno distrutto, e continuano a distruggere, l’ecosistema per arricchirsi, danneggiando inevitabilmente anche la salute umana.

Anche senza ricorrere ai casi assunti a spettacolarità, quali Seveso o Chernobyl, o a casi più recenti come la distruzione delle falde acquifere della Fint County, si ricordi l’ecocidio quotidiano dovuto a produzioni gestite in modo profondamente irrazionale che hanno decretato la strutturale distruzione dell’ambiente in estese zone del paese con conseguente riduzione del livello di vita degli abitanti. Utilizzo il termine strutturale perchè è inutile che ci raccontino che fenomeni che vanno avanti da decenni, quali interramenti e affondamenti di rifiuti tossici o, in macroscala, riscaldamento globale, siano emergenze. Le emergenze sono difficilmente prevedibili e incerte nella scala in cui si manifesteranno. Se si sversano in falda ettolitri di cromo esavalente per anni, invece, un perito chimico basta e avanza a capire che le conseguenze saranno devastanti. Lo Stato davanti a questa devastazione quotidiana si è mobilitato solo quando spinto dalla pressione dei movimenti ambientalisti, sopratutto da quelli che agivano con e nel movimento dei lavoratori, e lo ha fatto solo dopo averli osteggiati e repressi. Il decreto Lorenzin, inoltre, si basa solamente su misure repressive, alcune delle quali particolarmente stupide in quanto colpiscono solamente il soggetto, il bambino, che teoricamente il decreto vorrebbe tutelare.

Il punto è che questo decreto è l’ennesima dimostrazione di quanto sia idiota la cultura emergenziale, quella che fa si che la questione venga affrontata con una scialba campagna mediatica e con un decreto legge, dando a intendere che l’attuale governo è l’argine rispetto alla marea montante di irrazionalità, rappresentata dal principale partito dall’opposizione, guidato da un ex comico che pubblicizzava le biowashball e che annovera esponenti, come il povero onorevole Pepe, che ogni tanto sparano cazzate sull’esistenza delle sirene (non quelle dei camion dei pompieri: quelle di Omero). Peccato che l’attuale ministro della salute, la stessa che da il nome al decreto, firmava introduzioni a libri che propagavano l’uso dell’omeopatia[6], dimostrando la sua ipocrisia. Nè al PD né al Movimento 5 Stelle, e tanto meno alla Lega o agli alfaniani, interessa la salute pubblica: sono solamente bande di opportunisti al servizio del capitale.

Anche l’accesso universale e gratuito alla sanità, messo per altro in discussione negli ultimi anni [7], è avvenuto grazie a decenni di lotte dei lavoratori che hanno determinato questa conquista, si badi bene: conquista, non concessione.

Non che la sanità pubblica non abbia una serie di problemi: medicalizzazione del quotidiano, deresponsabilizzazione e infantilizzazione del paziente, rami con statuti epistemologici incerti e con profonde implicazioni nel controllo sociale, quale la psichiatria, continuo rischio di rinchiudersi in dorati sogni di tecnocrazia. A questi vanno aggiunti aspetto legati a doppio filo con il modo di produzione in cui viviamo: malaffare, corruzione e tutto il classico repertorio da cronaca giudiziaria.

A tale proposito segnaliamo l’ottimo articolo La medicina ammalata comparso sul web magazine Prismo [8], una delle migliori disaminedall’internodel sistema sanitario pubblico di massa lette negli ultimi anni:

[…]E allora? Il sistema sanitario è soltanto un inutile baraccone asservito all’industria farmaceutica? Assolutamente no. Le donne in travaglio dei paesi industrializzati sono sovramedicalizzate, è vero, ma la mortalità per parto è ai minimi storici. Gli accessi al pronto soccorso sono troppi, è vero, ma le possibilità offerte dalla terapia intensiva possono fare miracoli. […] Che sia stato possibile raggiungere questi risultati eccezionali in quasi tutti i campi della scienza medica nonostante i problemi strutturali del sistema e gli enormi interessi economici in gioco suggerisce che si potrebbe ottenere molto di più: riorganizzando le priorità,[…] prendendo in considerazione i bisogni della popolazione e l’effettivo impatto epidemiologico delle malattie e non soltanto una “percezione” del bisogno di salute semplificato a desiderio di un maggiore ricorso alla tecnica.[…]”

È però per noi evidente che un tale cambio di paradigma non possa essere diretto dal capitale e dai suoi sgherri, in quanto questi hanno tutto l’interesse a preservare lo status quo e a peggiorarlo a nostro discapito, compreso l’enorme mercato delle così dettemedicine alternative”.

L’attuale fenomeno antivaccinista, che ha occupato le cronache degli ultimi mesi, ha le sue radici nel crollo di fiducia generalizzata verso le istituzioni. Dato che questo crollo di fiducia è reale, dobbiamo porci una serie di questioni, quali il determinare le nostre modalità di intervento in questo contesto, al fine di non buttare via il bambino (il metodo scientifico e le tecnologie) con l’acqua sporca (le strutture di classe e le strutture statali). I cambiamenti sociali sono insiti nella materialità del mondo, a noi il compito fare in modo che non avvengano senza di noi e contro di noi.

Appare evidente la necessità di strutturare un intervento costante all’interno del mondo sanitario, sia con l’intervento sindacale e di lotta economica, sia con la costruzione di situazioni autogestite che dialoghino con i movimenti sociali. In generale, è necessario ragionare su come riappropriarsi di un’insieme di saperi tecnici per sottrarli dalle adunche mani del capitalismo.

Gli anni futuri si prevedono foschi e cupi: i tagli alla sanità giustificati con l’austerity sono il preludio non solo all’aumento dell’oscena sussidiarietà, ma anche all’entrata in gioco dei grandi attori economici emergenti: i robber baron dell’economia digitale. Guai il giorno in cui Alphabet deciderà di entrare nel campo sanitario e i sistemi sanitari pubblici, laddove esistenti, saranno già stremati da anni e anni di tagli.

A creare le condizioni per una vita emancipata e dignitosa, in salute, nel senso più compiuto del termine, non potrà essere il capitalismo, di stato o di mercato, e non potrà essere nemmeno quel nebuloso insieme di guru e santoni delle medicine alternative, che nel migliore dei casi sono dei truffatori e nel peggiore lasciano evolvere un’otite in ascesso cerebrale, e in ogni caso sono pienamente integrati nelle dinamiche del capitale. A creare queste condizioni potremo essere solamente noi, come sfruttati, lavoratori, disoccupati, in un solo termine come classe, tramite la nostra mobilitazione nel senso dell’azione diretta.

lorcon

[1] https://it.investing.com/commodities/london-sugar

[2] calcoli spannometrici che ovviamente non tengono conto di capitale fisso, costo del lavoro, logistica eccetera. Lascio a qualcuno di più qualificato di me l’onore di studiarsi il bilancio della Boiron per ricavare dei dati esatti.

[3] http://www.medicisenzafrontiere.it/notizie/news/forte-opposizione-al-brevetto-su-un-farmaco-contro-laids-india-%C3%A8-la-prima-volta

[4] http://www.umanitanova.org/tag/vaccini/: trittico di articoli composti da due articoli di Ennio Carbone, di taglio scientifico, e da un articolo di lorcon sulle radici culturali e la genealogia del fenomeno antivaxxer, specificatamente negli Stati Uniti, scritto come introduzione all’opuscolo Antivaccinari – Introduzione a un’idea antiscientifica, curato da Green Not Greed nel 2014

[5] https://www.inventati.org/cortocircuito/2017/02/16/la-questione-vaccini-tra-la-padella-di-big-pharma-e-la-brace-delle-bufale/

[6] http://temi.repubblica.it/micromega-online/omeopatia-il-ministro-lorenzin-contro-la-scienza/

[7] http://www.umanitanova.org/2017/04/27/una-cattiva-salute/

[8] http://www.prismomag.com/la-medicina-ammalata/

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Rosso, nero, arcobaleno

Il 3 giugno insieme agli altri compagni e compagne della Federazione Anarchica Reggiane e dell’USI – Reggio Emilia e dell’area libertaria reggiana ho partecipato allo spezzone rosso-nero al Pride. In totale tra le 5 e le 6mila persone in piazza, primo pride  a Reggio Emilia e scadenza regionale. Ovviamente erano presenti forti dinamiche di cooptazione politica, la manifestazione è stata sponsorizzata dalla parte maggioritaria del PD locale, che pare essersi smarcato dalla pesante influenza postdemocrisitana dell’era Del Rio. Verrebbe da chiedersi: e quindi che ci vanno a fare degli anarchici a una manifestazioni con sifatte basi? Bhe, semplice, vanno a portare i propri contenuti, caratterizzandosi con un volantino e un documento che spara a zero contro le religioni tutte, e che ricorda che l’emancipazione non è questione di concessione per mezzo di formalismi giuridici ma è questione di conflitti sociali. Ricordando anche la necessità di intersecare le lotte di razza, classe e genere. Venendo alla cronaca spiccia: spezzone rosso nero composto da una 30ina di compagne e compagni, centinaia di volantini distribuiti e vendita militante della stampa anarchica. Soddisfazione e conclusione con una cena anticlericale al Circolo Berneri a base di strozzapreti. Ora, questo blog ha tra come sottotitolo “fotomobilitazioni & altro”, quindi vi beccate le foto (tra l’altro era da un po’ che non mi dilettavo con la fotografia da corteo). Nota di colore: la mattina si è tenuta una buffissima contromanifestazione costituita da una processione di un centinaio di clericofascistoidi, in parte provenienti dal veneto, guidati da 10 buffi elementi in abito talare che officiavano la messa in latino e sparavano cazzate.

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NOTE A MARGINE DI UN TESTO COMICO

Accadde, infine, che i genietti del Collettivo “Anarchico” Incubo Meccanico (le virgolette sono mie) si prendessero ulteriomente male per la mia risposta al loro delirio con cui provavano a contestare il mio pezzo Tecnologia e trasformazione sociale che poi riprende discorsi già presenti in Appropriarsi della scienza – Farla finita con il primitivismo, in Energia e rivoluzione industriale e ne Gli Arcana Imperii dell’economia dell’informazione. A me sinceramente il “non-dibattito” con questi personaggi che passano il tempo a inventarsi demoni invincibili contro cui sfogare la propria impotenza ha rotto tre quarti di minchia. Attaccarli significa solamente segnare la linea di demarcazione tra noi e loro e ritengo di averlo fatto a sufficienza. Spero di conseguenza che il seguente articolo, pubblicato sul numero 20 di Umanità Nova, chiuda definitivamente il dibattito con questi tizi, banalmente perchè sufficientemente offensivo da fargli rodere il fegato per i prossimi sei mesi. Odio le personalizzazioni dei dibattiti, che poi è il motivo per cui mi firmo con uno pseudonimo (anche se il mio vero nome è un segreto di Pulcinella) e per cui spesso uso la forma della prima persona plurale nella scrittura di articoli, per cui mi scuso con i lettori per sta roba che trovate qua. Per chi volesse leggere il prodotto delle astute menti CAIM rimando qui.

NOTE A MARGINE DI UN TESTO COMICO

“Il demone invincibile è un alibi vigliacco che fa pietà”

Enzo Maolucci – Barbari e Bar

A leggere “Tra coerenza e ideologia, una strada ferrata chiamata civiltà!”, ultima fatica del Collettivo Incubo Meccanico che vorrebbe rispondere agli articoli miei e di Enrico Voccia mi sorge spontaneo il chiedermi se in realtà i militanti del Collettivo non siano intenzionati a dimostrare la totale inconsistenza delle tesi espresse dal primitivismo. Infatti neanche se io mi fossi voluto impegnare nella costruzione di un omino di legno contro cui lanciare i miei strali sarei riuscito a produrre un simile capolavoro: accozzaglia di citazioni confuse, totale mancanza di coerenza interna, referenti logici assenti, termini usati in modo completamente casuale, il tutto condito da ingenui tentativi di reclutare noti teorici anarchici nel campo primitivista. Aggiungiamoci una venerazione religiosa per la “Natura” e la zuppa è servita.

Una cosa però l’han capita e centrata con precisione: non ho intenzione né di cambiare registro né di tentare di dialogare con loro. Allo stesso modo in cui non perdo tempo a dialogare con preti o imam non ho intenzione di perdere tempo a dialogare con chi riesce, in base a un’ardita contorsione logica, a sostenere che i respiratori artificiali siano le nuove bibbie o che esista una “retorica della medicina che cura”.[1] Mi sentirei, però, di consigliare a costoro di andare a farsi un giro in un reparto di terapia intensiva o di rianimazione per apprezzare con l’esperienza diretta gli effetti diversi delle bibbie e dei macchinari terapeutici su chi soffre di gravi condizioni cliniche respiratorie.

L’unico motivo per cui ho ritenuto necessario rispondere alla prima missiva dei nostri amici primitivisti è che ho notato che la loro perniciosa ideologia, di cui sono solo gli ultimi rappresentanti, ha avuto negli ultimi anni una certa, anche se limitata, penetrazione in certi ambiti di movimento.

D’altra parte nella società dello spettacolo cosa c’è di meglio della contemplazione dell’apocalisse con saltuaria partecipazione allo spettacolo stesso mediante azioni spettacolari?

Cosa è il primitivismo se non l’impotente osservazione della realtà tramite le lenti della religione della fine e il suo corollario di mistica del dolore?

Se una volta qualcuno distingueva tra coloro che erano apocalittici e coloro che erano integrati, i nostrani rappresentati del primitivismo riescono ad operare un’efficace sintesi ed essere sia apocalittici sia integrati.

Oh, tranquilli, verso l’apocalisse ecosistemica il capitale cammina con baldanza e voi altro non siete che il controcoro rispetto ai cantori delle sorti magnifiche e progressive. Chiusi nei vostri deliri di impotenza vi eccitate con l’apocalisse, la fine del mondo che viene dall’alto, incapaci anche solo di immaginare il rovesciamento del tavolo, incapaci di cogliere – figuriamoci di usare! – le contraddizioni che il capitalismo genera continuamente.

Incapaci di immaginare un uso rivoluzionario della tecnologia, ovvero per l’emancipazione dai bisogni materiali, la liquidazione dello stato e delle classi sociali e l’abolizione del lavoro salariato e non per l’accumulazione di capitale, vi riducete a costruirvi il mito della Megamacchina, il nuovo Anticristo.

Non vi è che dire: complimenti, genietti. Ora andate pure a provare ad essere antispecisti senza agricoltura che io intanto me la rido.

lorcon

P.S.: la totale coerenza in un mondo pieno di contraddizioni materiali non è ovviamente possibile ma almeno evitate di farvi ridere dietro mandando i vostri comunicati in cui urlate “aiuto, la Megamacchina!” da una mail di Google, quella simpatica azienda che ha il preciso piano di mettere a valore tutta l’esperienza umana, il tutto in formato .docx, formato proprietario creazione della Microsoft, altra simpatica azienda, che, insieme alla speculare Apple, ha inglobato buona parte dell’informatica di consumo. E dire che, negli anni ’90, il movimento anarchico, e non solo, ha iniziato a costruirsi i propri strumenti di riappropriazione delle tecnologie informatiche anche con notevoli risultati…

P.S.: odio le personalizzazioni e vorrei evitare di monopolizzare le pagine del nostro giornale con un non-dibattito che nei fatti ritengo concluso (a meno di nuovi particolari sviluppi).

[1] Siccome sono un’amante del metodo sperimentale vi propongo il seguente esperimento: due di voi assumano una forte dose tossica di qualche sostanza che non dia immediati effetti letali. Uno si curi con l’aborrita “medicina convenzionale” e l’altro no. Poi dopo tornate a discutere di queste cose dopo avere sperimentato la differenza tra medicina e regimi discorsivi.

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