Note a margine del 9 settembre bolognese

Questo pezzo, che appare qua e basta, è un rant polemico.

via Discard Image (pagine FB che tutti dovrebbero seguire)

Sabato 9 settembre 2017, Bologna. Arrivo in Centrale in mattinata, presenza di polizia solita, al contrario delle previsioni, più che antisommossa in borghese. Mi faccio un mezzo periplo della città per raggiungere degli amici che abitano ben lontano, condisco il viaggio con bestemmie contro i mezzi pubblici la cui macchinetta per biglietti non da il resto e non accetta le monete piccole, e poi da lì qualche ora dopo fino al concentramento in Porta Galliera. Santo Stefano e Maggiore sono già blindate, gruppi di camionette, tra cui quelle nuove con ruote alte e griglie già montate, carabinieri, polizia e finanza. Da Verdi giù per le Moline fino a Indipendenza e da lì in Galliera, altre camionette in testa corteo, ancora in concentramento, e altre pronte a posizionarsi sul retro.

In più di un decennio di militanza mi sono fatto la granitica certezza che l’area post-disobbediente sia composta da una massa di immani dementi e ne ricavo ulteriore convinzione: gli organizzatori del corteo non comunicano a nessuno (tranne che alla Questura) percorso e destinazione del corteo. Neanche ai referenti delle altre strutture presenti in piazza. “Finiamo in zona Cavaticcio” “No, si va verso Orfeo” “Macchè, andremo sui viali”. Insomma ciascuno ha la sua teoria su dove ci si dirigerà. La mia personale è che bisognerebbe dirigersi in direzione “affanculo” a passo da bersagliere e che è al di fuori dalla grazia di cristo che chi partecipa a una manifestazione non sappia dove andare, cosa fare eccetera. La mancanza di informazione, la gestione privatistica, l’oscurità organizzativa sono fottutamente pericolose. Ora mi si potrebbe dire “dato che conosci gli imbecilli e per altro li conosci pure bene che minchia ci sei andato a fare?” ecco, la risposta è semplice: a me del Labàs non frega assolutamente nulla ma ritengo estremamente importante dare una risposta alla ridda di sgomberi, di case come di spazi sociali, avvenuti negli ultimi mesi. A Bologna poi mi interessa XM24, realtà a cui mi sento legato dai tempi di Indymedia, e mi interessava pure dare la mia solidarietà a Crash al quale, pur nella distanza di pratiche e teorie, va dato atto di essersi schierato dalla parte dei lavoratori in più occasioni, sia nell’università quando vi fu la vertenza nelle coop di pulizia che nei casi delle vertenze Granarolo e Coop.

Considerando che il Crash è stato sgomberato in simultanea con il Labas ma che solo del secondo si è ampiamente parlato, con tanto di appelli a suo favore degli intelettuali della Repubblica edizione Bologna, si può giungere alla conclusione che essere a fianco degli sfruttati, sopratutto se di origine non italiana, non fa tanto appeal come organizzare i concertini e i mercatini. D’altra parte la frazione sinistra della borghesia pur sempre borghesia è.

Torniamo al corteo: qualche migliaio di persone, non più di cinquemila (altro che le ventimila dette dall’organizzazione….), comunque un buon risultato di questi tempi, percorso lunghissimo e progettato a cazzo di cane, da Galliera lungo Indipendenza fino al Cavaticcio e da lì alla T fino a Porta Ravennate e poi giù per Santo Stefano fino a svoltare in Via Dante e poi Porta Carducci dove è partita la solita festa a base di soun system e similari.

Ora, un po’ di considerazioni. Premessa: io sono notoriamente un cagacazzo, pignolo e schematico e grazie a questo in genere ci piglio. Il corteo non era organizzato male: era organizzato peggio. Il percorso era pieno di imbuti, con tratti di vie strette affiancati da portici rialzati di un metro e con poche vie laterali, veri e propri imbuti, pericolosissimi di loro e ancora di più considerando che il cordone delle Fd’O in chiusura del corteo era molto ravvicinato. Gli organizzatori non hanno distribuito nessuna informazione pratica, percorso e destinazione, neanche ai referenti delle altre strutture di Bologna, e sopratutto, e questo è il dato su cui riflettere, la mancanza di organizzazione, in senso generale, si riflette nei comportamenti di moltissimi singoli partecipanti i quali, persa completamente la bussola, scambiano un corteo per una street parade. Per cui ti ritrovi gente che sbevazza, e io sono dell’idea che nei cortei l’alcool va tenuto a distanza, i busker maledetti che tirano dei cazzo di nastri da decine di metri in mezzo alla gente ad altezza gambe, una roba che basta uno sbandamento casuale della folla per provocare inciampi a catena senza che nessuno spieghi loro che possono andare a tirare nastri dentro una galleria ferroviaria, furgoni che manovrano a cazzo di cane in mezzo alla folla e altre simpatiche cose che fanno entrare in modalità paranoia.

Perchè il punto è che un corteo è fondamentalmente un flusso che si muove in una direzione con al suo interno una serie di componenti individuali che si muovono in modo indipendente, caotico potremmo dire, creando delle perturbazioni. Se le perturbazioni sono troppe e l’ordine generale collassa in modo catastrofico e improvviso, a causa di un fenomeno di panico collettivo (che può essere dovuto a una carica come a un petardone come dal nulla assoluto) si generano delle onde che risalgono il flusso con una velocità alta. In vie strette, con porticato alto e senza vie di fuga laterali questo si traduce in un fenomeno estremamente pericoloso, quel genere di fenomeno che fa dei morti.

Mantenere la lucidità in queste situazioni è già difficile se non si è sotto effetto di sostanze, figuriamoci se si ha il tasso alcoolemico alto (non altissimo, eh, mica ho visto gente collassata male, semplicemente alto).

I cordoni dei servizi d’ordine, e parlo di cordoni in generale, non dico cordoni dotati di manici di piccone e hazet, che ieri sarebbero stati a dir poco fuoriluogo, non servono tanto a una funzione contenitiva diretta rispetto a possibili azioni ostili dall’esterno quanto a indirizzare il flusso di folla in modo razionale verso aree sicure, bloccare i fenomeni di panico collettivo anche da un punto di vista della percezione e fare ricompattare la folla in modo ordinato. Questo è quello che devono fare le strutture in queste occasioni sopratutto in tempi di colera sociale come i correnti. Se i cordoni sono assenti, o se sono un mero vezzo estetico, viene meno questa basilare funzione.

Decenni di movimenti sociali hanno prodotto una massa di saperi collettivi che ora stiamo velocemente perdendo e li stiamo perdendo a scapito nostro. E stiamo parlando di questioni che si situano al livello della pura e semplice autotutela individuale e collettiva, a un livello precedente al discorso “politico”. Così come sappiamo camminare, bere e mangiare dobbiamo sapere in che modo si sta in piazza, individuare possibili vie di fuga e pericoli, comportamenti scorretti e quanto altro. Obbiettivo primario di un qualsiasi corteo è che tutti coloro che vi partecipino si trovino in condizioni di sicurezza e che possano tornare a casa.

Se a questo ci aggiungiamo il fatto che gli organizzatori di manifestazione come questa vedono i partecipanti come comparse e si rifiutano di comunicare con le altre strutture, pur essendo queste parte in causa della questione per cui si è in piazza, agendo di conseguenza come opportunisti ci si rende conto del pericolo.

La manifestazione di sabato 9 a Bologna ha dimostrato che vi è una massa non indifferente di abitanti, da fuori si era relativamente in pochi e per altro mancavano ancora molti studenti universitari, sopratutto giovani che è contraria alle politiche urbane portate avanti dalla governance locale. Ha dimostrato però al contempo i limiti della mobilitazione in quanto:

a)è mancata una saldatura con le mobilitazione dei lavoratori e con il movimento per la casa

b)la mobilitazione si lascia dirigere da una banda di opportunisti che ha oggettivamente appoggiato il PD alle ultime amministrative e che è pronto a rifarlo, condannato all’eterna coazione a ripetere tipica della frazione dominata della classe dominante

c)le altre strutture di movimento sono incapaci di rispondere in modo adeguato alla volontà egemonica dei soggetti dell’area post-disobbediente lasciando campo aperto a questi personaggi che preparano la prossima campagna elettorale mentre creano catene di franchising di frullati biologici

D’altra parte è risaputo che “alternativa non è ideologia / ma organizzazione” per cui rimboccarsi le maniche e via.

lorcon

Informazioni su lorcon

Mediattivista, laureato in storia contemporanea con attitudine geek, nasce nel sabaudo capoluogo (cosa che rivendica spesso e volentieri) e vive tra Torino e la bassa emiliana. Spesso si diletta con la macchina fotografica, lavora come tecnico IT, scrive sul suo blog e su Umanità Nova.
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