Questo articolo apparità su Umanità Nova numero 18 anno 93
Un intellettuale organico alla miseria dei tempi correnti
Il dispositivo Saviano
L’oramai celeberrimo Roberto Saviano ha trovato un lieve intoppo sulla sua strada per la canonizzazione vita natural durante. L’intoppo è stato causato dall’ennesima magra figura rimediata dal nostro quando, il 12 gennaio 2011, querelò Paolo Persichetti, giornalista di Liberazione, accusandolo di diffamazione mezzo stampa per poi vedersi archiviare la querela “perchè il fatto non sussiste”. La colpa del Persichetti, secondo l’idolo di una certa triste sinistra, sarebbe stata quella di aver riportato la notizia della diffida prodotta dal Centro di documentazione Peppino Impastato verso Saviano e la sua casa editrice, l’Enaudi, e di aver mosso “un attacco teso a svilire il mio stesso impegno sociale e civile“ (dalla dichiarazione spontanea rilasciata da Saviano in fase processuale).
Ma cosa avrebbe detto di tanto grave Persichetti per meritarsi una querela da parte dello scrittore partenopeo? Il giornalista due articoli del 2010 aveva pesantemente criticato Saviano [1] riguardo alla sua fantasiosa ricostruzione, pubblicata nel libro “Vieni via con me”, della tragica vicenda di Peppino Impastato, militante di Democrazia Proletaria impegnato sul fronte antimafia ucciso nel 1979 su commissione del boss Badalamenti con l’oggettiva copertura da parte di magistratura e carabinieri. Saviano, tra l’altro, sosteneva che il merito della “riscoperta” del caso Impastato è da attribuire al film “I cento passi”, cancellando con un colpo di spugna venti anni di lavoro di controinformazione da parte del Centro di documentazione intitolato a Impastato, lavoro che aveva portato alla riapertura dell’inchiesta già prima della realizzazione del film. Oltre a questo i due articoli ricordavano come Saviano avesse sostenuto di essere stato in contatto telefonico con Felicia Impastato, madre di Peppino, cosa sempre smentita dalla famiglia. Ma, per Saviano, i due articoli si spingevano ben oltre, dato che avevano l’ardire di criticare lui e il dispositivo economico e culturale che gravita intorno alla sua figura. E questo per Saviano è inconcepibile. E sopratutto è inconcepibile che la critica gli sia stata rivolta da una persona, Persichetti, che in quel momento stava finendo di scontare una pena di ventidue anni di detenzione per il suo passato di militante nelle BR. Come è possibile che un criminale osi criticare il nostro sommo dispensatore di cultura della legalità?
Fortunatamente, per una volta, il tribunale la pensa in modo differente da Saviano e il suo avvocato e ha assolto Persichetti perchè il fatto non sussiste. Questo ha portato alla piccata reazione di Saviano che, in un post su Facebook[2], ricostruisce la vicenda sotto il suo punto di vista. Intanto viene ribadito che la telefonata con Felicia Impastato avvenne, però cambiano le circostanze rispetto a come erano state riportate la prima volta, poi si accusa il Centro Peppino Impastato di aver tentato di estorcere, a mezzo della diffida, una promozione televisiva presso la trasmissione “Vieni via con me”, condotta dallo scrittore stesso insieme a Fabio Fazio. Poi il post esprime lo stupore per il fatto che un ex brigatista osi esprimere un giudizio critico su di lui e accusa Persichetti di aver agito all’interno di una presunta macchina del fango, “fango berlusconiano” nel testo originale, tesa a screditarlo. Macchina del fango usata trasversalmente contro di lui, povera vittima indifesa e censurata che va in televisione, vende centinaia di miglia di libri tramite case editrici di proprietà di Berlusconi e scrive su uno dei due maggiori quotidiani italiani, la Repubblica.
Verrebbe da dire che la macchina del fango trasversale è quella usata da Saviano stesso, che si muove costantemente tra destra e sinistra, e che querela chi osa criticarlo per poi attaccarlo veementemente tramite i social network. E che sui social network trova una schiera di sostenitori che, mossi da furia bellica, seguono il Saviano e attaccano chi osa criticarlo. Se uno legge i circa seicento commenti al post appare evidente come ci siano diverse persone disposte a sostenere Saviano a prescindere da quello che dice. Persone che evidentemente non hanno mai letto niente della querelle nel cui contesto va inserito l’intervento dello scrittore ma che partono a testa bassa ad attaccare i suoi critici. Che accusano chiunque di essere, nei fatti, un filo mafioso, una persona disonesta, violenta, da escludere dalla società. Un sistema di ragionamento allucinante che ha pesantemente infiltrato anche il ragionamento di moltissime persone che si dichiarano progressiste o in qualche modo di sinistra. Un metodo di pensiero figlio dell’essersi fissati totalmente sulla figura di Berlusconi, di averlo reso un perno della lotta politica, escludendo tutti i fattori materiali, e finendo per adottare le tecniche del berlusconismo stesso.
Queste persone hanno un disperato bisogno di una personalità forte su cui operare un transfert, proiettando su di esse emozioni e sentimenti. Negativi nel caso di Berlusconi e positivi nel caso di Saviano o del leaderino di turno. È la stessa logica che supporta i ragionamenti di molti grillini. Una logica che denota come il problema della sinistra italiana non risieda solo nell’avere un politburo di arrivisti alla ricerca della poltrona o di vecchi burocrati attaccati alla poltrona ma che risiede anche nella base, quella stessa base che certi settori di movimento tentano ogni tanto di accattivarsi, e che fornisce legittimità alla burocrazia piddina. Una base che non ha mai riconosciuto l’abnorme errore di aver totalmente delegato la propria azione ad un partito su cui avevano oramai perso totalmente il controllo (il PCI-PDS-DS-PD) e che ora vive di miti e mitologie, di meme. E quindi ritroviamo il meme del buon Saviano in lotta disperata contro un mondo di persone permale, il meme del Berlinguer persona perbene e attenta alla “questione morale”, il meme del Berlusconi fonte di ogni male, il meme della non violenza come unica via e della condanna di qualsiasi cosa che sia percepita come violenza anche meramente verbale.
Viene annullata totalmente la complessità del reale che viene ricondotta ad una serie di mitologie. Le parole di Saviano divengono “parole come acqua sorgiva che lava tutto”[3], parole che non si possono non ascoltare e che rappresentano immediatamente verità, appunto perchè derivano da fonte cristallina.
Saviano è un dispositivo culturale, politico ed economico che va contestualizzato nella miseria dei tempi correnti. È un impreditore morale per usare l’ottima definizione data da Dal Lago [5]. Miseria, quella dei tempi correnti, esplicata da una sinistra “di base” che, persi totalmente gli originali punti di riferimento si è ridotta ad alzare templi alla legalità, dimentica che la legalità la definiscono i padroni, e a un distorto concetto di antimafia che vede nello stato l’unico oppositore possibile al potere mafioso, dimentica che stato e mafia spesso vanno a braccetto[4].
Miseria intellettuale che porta all’incapacità di immaginare, e uso questo termine in senso marcusiano, e progettare una società diversa da quella attuale, che faccia a meno di santi e santini. Miseria intellettuale che sarà necessario scardinare per portare il ragionamento al di fuori delle logiche di spettacolarizzazione e alienazione dominanti.
lorcon
[1] http://insorgenze.wordpress.com/2010/10/14/%C2%ABnon-c%E2%80%99e-verita-storica%C2%BB-il-centro-peppino-impastato-diffida-l%E2%80%99ultimo-libro-di-roberto-saviano/ e http://insorgenze.wordpress.com/2010/11/10/ma-dove-vuole-portarci-saviano/
[2] https://www.facebook.com/permalink.php?story_fbid=10151452425176864&id=17858286863&comment_id=26750333¬if_t=like
[3] l’espressione è riportata in una lettera di una ammiratrice a Liala, la scrittice fascistissima di romanzi d’appendice degli anni ’30, a proposito di ciò che in lei suscitano le parole dell’autrice. Disgraziatamente le trovo adatte a descrivere quello che molti lettori di Saviano trovano in lui.
[4]sulla santificazione di certe figure dell’antimafia istituzionale: http://www.umanitanova.org/n-13-anno-92/caselli-e-l%E2%80%99antimafia
[5]definizione usata all’interno del libro “Eroi di carta” scritto dal sociologo a proposito del “sistema Saviano”