In vita del compagno Franco Belloni

Sabato 31 agosto 2019 è venuto a mancare il compagno Franco “Mao” Belloni, di Reggio Emilia.

Franco lo conobbi nel 2006 quando mi avvicinai all’anarchismo reggiano, apparteneva a quella generazione che aveva iniziato a fare politica, intesa come controcultura e ricerca di una vita radicalmente differente rispetto a quella proposta dal modello della fabbrica di massa, prima ancora del 1968, tramite quello che dei movimenti beatnick e provos filtrava nella provincia italiana. Franco non ebbe una vita facile, l’infanzia segnata dalla guerra, cresciuto in istituto, operaio alla Sit-Siemens di Milano dopo essersi trasferito da Reggio Emilia e poi montatore di impianti elettrici industriali trasfertista, situazioni non facili neanche negli anni più recenti.

Franco la sua vita se la visse con gioia, con un’insopprimibile voglia di libertà, di socialità. Franco amava tremendamente trasmette i suoi saperi, che non erano pochi, accumulati in anni da lavoro, prima come tecnico elettronico e poi come artigiano elettricista e allestitore autonomo. Il suo lavoro e la sua passione l’avevano portato a contatto anche con il mondo dell’arte “alta”, allestitore di fiducia per molti artisti di Fluxus.

Franco era, per me, una versione hippy di Tino Faussone, il protagonista de “La chiave a stella” di Primo Levi, libro che sempre ho amato.

Franco che mi ha insegnato ad usare il tester elettrico e il flex, che mi ha insegnato a usare il filo a battere, a montare gli isolatori in ceramica dei cavi intrecciati, a tirare cavi nelle canale, i trucchi per scoprire se un cavo della 220 è sotto tensione senza tester o cercafase e per giuntare manualmente un cavo sotto tensione senza staccare la luce (un metodo che comunque sconsiglio), a ricavare le fasi 220 da un impianto trifase industriale. Franco che mi ha regalato l’impianto stereo, una combinazione di uno dei primi amplificatori a stato solido made in Italy, un Sit-Siemens, appunto, e casse RCF passive degli anni ‘80. Franco con cui andavo a recuperare faretti e lampade strobo in discoteche in disuso a cui aveva accesso tramite la sua infinita rete di contatti. Franco che mi faceva incazzare quando, già con un’anca in titanio, camminava sulla scala da imbianchino come uno sprovveduto ventenne (e io sono sempre stato un maniaco della sicurezza sul lavoro…).

Questo Tino Faussone di provincia, diventato metropolitano e poi tornato alla provincia, Homo Faber nel suo significato più alto del termine sarà sempre nei ricordi miei e degli altri compagni e compagne che l’hanno conosciuto e che con lui hanno condiviso molto.

Informazioni su lorcon

Mediattivista, laureato in storia contemporanea con attitudine geek, nasce nel sabaudo capoluogo (cosa che rivendica spesso e volentieri) e vive tra Torino e la bassa emiliana. Spesso si diletta con la macchina fotografica, lavora come tecnico IT, scrive sul suo blog e su Umanità Nova.
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