Il seguente articolo verrà pubblicato sul numero 19 anno 94 di Umanità Nova
Riflessioni sul voto in Emilia Romagna
Vittoria annunciata
Nuovamente l’Emilia Romagna si è mostrata come la regione il PD ha conseguito i migliori risultati (52,51% alle europee) elettorali e quella con meno astensionismo (30,1%)[1].
Nei fatti a livello regionale il Partito Democratico non può perdere. La struttura dell’Emilia Romagna è stata plasmata dal PCI-PDS-PD, che ha degli addentellati nel substrato materiale di prim’ordine.
L’universo Legacoop-Unipol-Unicredit è uno dei maggiori attori economici italiani. Sia nel campo dell’economia classica (industria, logistica, distribuzione) che nel campo dell’economia finanziaria (assicurazioni, banche) questa galassia è uno dei principali soggetti in Italia. E il Pd è organicamente collegato a questa consorteria: buona parte degli esponenti, basti pensare a Bersani, sono passati dai quadri direttivi della Legacoop.
È impossibile stimare quante sono le persone che, nella sola Emilia Romagna, lavorano nel o per il sistema cooperativo. Nei fatti tutti i settori economici vedono la presenza di questo raggruppamento: la grande distribuzione (Coop Estense, Coop Nord-Est), i servizi logistici (Coopservice su tutti, ma anche decine di piccole cooperative), il terzo settore (centinaia di cooperative sociali per un totale di 27mila dipendenti e un miliardo di € annui al 2013[2]), l’istruzione con i soldi erogati alle università e la gestione dei servizi all’interno di queste, il settore finanziario (Unipol-Unicredit), le costruzioni di grandi opere sia infrastrutturali che urbane (Coopsette, Orion, CMC). Parliamo comunque di centinaia di migliaia di persone che gravitano intorno a questi grandi attori. Parliamo di un giro di affari da miliardi di euro. E sopratutto parliamo di un apparato in grado di esprimere da solo buona parte della classe dirigente del paese.
A queste basi materiali bisogna aggiungere una serie di fattori “culturali”.
L’apparato di propaganda del PD in Emilia Romagna è fondamentalmente lo stesso del PCI dei tempi d’oro. Se c’è un posto in Italia dove si può studiare l’evoluzione del discorso pubblico e la pervasività dei processi di egemonia culturale messi in opera da un partito politico quello è l’Emila-Romagna. In questa regione chi vota PD è convinto di votare a sinistra. La capacità di formare un immaginario collettivo, di creare il mito di una Emilia-Romagna Felix in cui i conflitti sociali sono sussunti e risolti in positivo da un partito che controlla sia l’apparato produttivo che quello sindacale, in cui la crescita e lo sviluppo generino cicli virtuosi per tutti, è uno dei motivi per cui il PD, a fronte di una generale flessione dei voti, data dall’astensionismo aumentato del 6%, continui a tenere saldamente le redini della regione.
E mantiene, anche se meno rispetto ai tempi della FGCI, la capacità di captare e catturare forze giovanili, offrendo finanziamenti, visibilità, spazi all’associazionismo. Anche qualora questo si mostri un minimo critico la politica, sedimentata in sessanta anni di pratica di governo, è quella di fargli balenare davanti la speranza di finanziamenti e sedi e sopratutto di fargli pensare di essere tenuti in considerazione. Comprare i possibili oppositori e convincerli di essere un interlocutore affidabile è un ottimo modo di disinnescare il conflitto e di creare reti di clientela.
Nei fatti l’ER è stata per anni una delle regioni all’avanguardia per le politiche sociali, disoccupazione bassa, finanziamenti regionali ai fondi per chi ha perso il lavoro, realtà economiche in espansione in grado di assorbire la forza lavoro e di richiederne dall’estero. Poco importa che questa forza sia stata costruita sulla distruzione dell’ambiente: il tasso di cementificazione più alto d’Italia, l’aria più inquinata d’Europa dopo la Rhur (con la differenza che nella regione tedesca si produce acciaio e si estrae carbone mentre qua no), opere infrastrutturali inutili e una cifra non quantificata, ma altissima[3], di vani abitativi vuoti in quanto costruiti in eccesso rispetto alle reali esigenze.
Ma i morsi della crisi si fanno sentire anche qua: il mito della regione felice è duro a morire ma non potrà che declinare di fronte alle decine di migliaia di cassintegrate, degli esodati, dei disoccupati, di centinaia di piccole-medie imprese che falliscono o delocalizzano.
E le lotte sociali cominciano a riprendere, seppure in sordina e limitate a pochi settori, come quello delle coop logistiche. Eppur si muove, viene da dire. Ma la strada per generalizzare le lotte e mettere in discussione qui e ora la governance del PD è ancora lunga e irta di ostacoli.
Scontrarsi con il sistema di potere dell’apparato piddino significa mettersi contro ad un soggetto che controlla sia gli apparati repressivi, grazie alla presenza al governo, che l’opinione pubblica. È una sfida che non si può non cogliere e rilanciare.
lorcon
[1] http://tinyurl.com/offgho3
[2] http://tinyurl.com/lnuk6fv
[3] solo a reggio emilia sono stimati settemila appartamenti sfitti