Il disfattismo di sinistra, i puffi e Kamala Harris – I Miti Ricorrenti della Sinistra Riformista

Il seguente pezzo è stato pubblicato su Umanità Nova numero 35 anno 100

L’ otto novembre Tlon, una piccola casa editrice del milieu della sinistra riformista con un certo seguito sui social media, pubblicava un post in cui si lanciava all’attacco di coloro che, analizzando criticamente le elezioni statunitensi, non considerano la vittoria della staffetta democratica come un passo verso le magnifiche sorti dell’emancipazione sociale.

In questo post, allegato ad un’immagine del Puffo Quattrocchi, i responsabili della casa editrice se la prendevano con quello che secondo loro è l’orrido “disfattismo di sinistra” che “(…) ti porta – ogni volta che accade qualcosa di buono – a vedere il marcio, l’imperfetto e a dimenticare tutto il resto.

Non è complessità, è inazione. È mancanza di lungimiranza, ma anche di ascolto. È l’atteggiamento di una élite che non si domanda come siano fatti davvero gli USA (…)”.

Prendiamo questo post della casa editrice engagè, che ha causato un certo polverone negli ambienti della sinistra socialmediata, come spunto per alcune riflessioni di carattere generale.

Non è raro, per chi si pone con lo sguardo critico dell’anarchismo, sentirsi rispondere con sufficienza da parte di sinistri riformisti con tali argomentazioni. Iniziamo con alcune questioni di base: a criticare, con le parole e con i fatti, il modello di governo del Democratic Party non ci siamo solo noi anarchici che cerchiamo il pelo nell’uovo, soliti estremisti che non si sanno mai accontentare. Ci sono state la marea di persone che sono scese in strada durante questi mesi di fuoco nelle città a governo democratico negli Stati Uniti. C’erano coloro che vennero presi a colpi di granate flash bang dalla polizia federale obamiana durante le proteste di Standing Rock. C’era il sindacalismo rivoluzionario statunitense.

Certo, una parte di quel variegato movimento dal nome BLM ha votato tatticamente per la coppia Biden-Harris, individuando in Trump un nemico da togliere il prima possibile dal campo. Una parte consistente si è però tenuta lontana dalle urne: chi per scelta tattica, chi per scelta strategica, chi per istintivo rifiuto. Difficilmente qualcuno l’ha fatto per potersene stare sulla propria poltrona a tirare giudizi.

Basterebbe questa considerazione per prendere l’arguto post di Tlon ed archiviarlo alla voce “fesserie”. Non siamo però persone che si accontentano facilmente, noi, e come già annunciato prima vogliamo fare alcune osservazione di carattere più generale.

Intanto, per rimanere sul piano del concreto, bisognerebbe chiedersi che cosa cambia per le nostre sorti. Per caso Biden-Harris hanno proposto di ritirare le truppe statunitensi di stanza in Europa? Non ci risulta. Quindi possiamo immaginare che il MUOS di Niscemi continuerà a stare lì, come le grandi basi aeree del nord Italia, un obbiettivo privilegiato per una bella testata atomica in caso di grande conflitto, così come quelle grandi aree della Sardegna trasformate in poligoni militari a beneficio della NATO (queste continuerebbero ad essere tali anche senza USA e NATO: il glorioso esercito italiano basta e avanza a fare danni ambientali). Al più vi sarà una riduzione di certe presenze militari a favore del teatro orientale: niente che non stesse facendo anche l’amministrazione Trump ma niente di incisivo e, comunque, si tratta di uno spostare presenze militari, non di eliminarle.

Torniamo però agli e negli Stati Uniti. Kamala Harris, personaggio per cui buona parte della sinistra riformista, da Tlon al Manifesto, è andata in estasi, ha una serie di vicende pregresse che vale la pena di citare:

– ha votato a favore dei tagli dei fondi per l’accesso all’aborto;[1]

– ha fatto poco e nulla contro il business delle prigioni private in California, dove era procuratrice;[2]

– ha fortemente voluta una legge che permette di mandare in arrestare i genitori di babini che saltano “senza una valida scusa” più del dieci percento dei giorni di scuola:[3] una legge che colpisce in modo discriminate famiglie monogenitoriali e classi popolari. Un perfetto esempio di quel processo di “penalizzazione della società” di cui stati come la California sono stati alfieri;

– si è opposta all’abolizione legge dei Three Strikes;[4]

– ha portato avanti in prima persona la “War on Drugs” colpendo pesantemente la comunità afroamericana;[5]

– ha fatto in modo che le detenute transgender rimanessero o finissero in carceri maschili;[6]

– il suo modo di agire come Procuratore Distrettuale, segnato da eventi di poco conto e con poche implicazioni come il tentare di fare eseguire la condanna a morte di un uomo innocente, le ha attirato addirittura l’ira di un editoriale del New York Times, giornale non proprio opposto all’area politica a cui Harris appartiene;

– inoltre ha votato per tutti gli imterventi militari possibili.

Insomma, non c’è neanche bisogno di essere dei rivoluzionari antielettoralisti per rendersi conto che Kamala Harris è una rappresentante di quel sistema di oppressione strutturale in base al quale vengono distrutte milioni di vite umane. Anzi: anche senza essere dei grandi critici dello Stato e del capitale si potrebbe affermare, in tutta onestà e senza timore di essere smentiti, che Kamala Harris fa umanamente ribrezzo.

Ora ci si potrebbe domandare se tutta quell’area politica che è andata in brodo di giuggiole per la futura vicepresidente degli USA è a conoscenza di tutte queste faccende. La nostra ipotesi è che le ignorino del tutto ma che, se anche ne fossero a conoscenza, le rimuoverebbero dallo loro coscienza.

Si è potuta emozionare per Kamala Harris così come dodici anni fa si emozionò per Obama. Domani si emozioneranno per il o la premier di qualche altro paese. Avranno amori più o meno lunghi: Justin Trudeau o Jacinda Ardern. La loro coscienza sarà salda, forte e pulita.

Intanto gli abitanti dei ghetti statunitensi continueranno a finire in galere per crimini inventati a bella posta, iraqeni, afghani o chi per essi continueranno ad essere bombardati, gli sfruttati continueranno ad essere sfruttati e gli sfruttatori a sfruttare. Il comitato esecutivo della classe dominante avrà però come vicecapo una donna di colore e le buone emozioni trionferanno. Insomma, niente di nuovo sotto il sole.

ps: Si ringrazia l’utente di Mastodon che nei giorni scorsi ha pubblicato in forma organizzata i dati sulla carriera di Kamala Harris, purtroppo mi sono salvato solo i link e non ricordo il suo nickname.

NOTE

[1] https://www.politico.com/newsletters/playbook/2019/06/06/guess-who-else-voted-against-federal-funding-for-abortion-443667

[2] https://www.mercurynews.com/2013/08/29/mercury-news-editorial-kamala-harris-needs-to-tackle-prison-standoff/

[3] https://www.huffpost.com/entry/kamala-harris-truancy-arrests-2020-progressive-prosecutor_n_5c995789e4b0f7bfa1b57d2e?guccounter=1

[4] https://www.thenation.com/article/archive/reforming-three-strikes/tnamp/

[5] https://afropunk.com/2019/01/kamala-harris-has-been-tough-on-black-people-not-crime/

[6] https://www.washingtonblade.com/2015/05/05/harris-renews-effort-to-block-gender-reassignment-for-trans-inmate/

[7] https://www.nytimes.com/2019/01/17/opinion/kamala-harris-criminal-justice.html

Informazioni su lorcon

Mediattivista, laureato in storia contemporanea con attitudine geek, nasce nel sabaudo capoluogo (cosa che rivendica spesso e volentieri) e vive tra Torino e la bassa emiliana. Spesso si diletta con la macchina fotografica, lavora come tecnico IT, scrive sul suo blog e su Umanità Nova.
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