questo articolo apparirà sul numero 11 anno 94 di Umanità Nova
Neofascismo e Russia: un’ipotesi di studio
Il ricollocamento dell’estrema destra italiana
È fatto oramai appurato che l’estrema destra italiana dia un forte appoggio a Putin[1]. A nostro parere vi sono due ordini di motivi che spiegano questa scelta di campo.
Innanzi tutto vi sono dei motivi di ordine ideologico: l’idea di stato forte, il corporativismo, la figura dell’uomo forte, la politica di potenza e altri topoi cari all’estrema destra ben si incarnano nella figura di Vladimir Putin. Così come la rinascita della Russia dopo un decennio, quello degli anni ’90, segnato dalla frammentazione politica ed economica creata dagli oligarchi, dal fallimentare primo conflitto in Cecenia e dalla presidenza di Eltsin, segnata, sopratutto negli ultimi anni, da una serie di figure barbine, imputabili anche all’alcoolismo del presidente, rappresenta bene l’idea di “Rinascita Nazionale”.
Anche il connubio tra il partito di Putin e la potente chiesa ortodossa, garante del tradizionalismo e della reazione in campo sociale, rappresenta una forte calamita per quei gruppi, come Forza Nuova o Militia, più vicini ad una concezione clericale del fascimo (e che infatti si rifanno al rumeno Codreanu).
Così come l’opposizione della Russia putiniana all’ipotesi statunitense di ordine globale neoliberale ma anche alla modernità, intesa in senso illuminista, è un potente richiamo per i fascisti. Da un punto di vista ideologico è, quindi, quasi naturale la preferenza per Vladimir Putin.
Ma a parere di chi scrive è necessario anche analizzare un altro aspetto: quello più materiale. Sopratutto alla luce della recente crisi ucraina che ha aperto una serie di contraddizioni all’interno dell’estrema destra europea. Ma partiamo dall’inizio.
Il neofascismo italiano nel secondo dopoguerra è stato quello che, nel panorama europeo, maggiormente si è schierato sull’asse atlantico. Al di là delle parole d’ordine terzoposizioniste è oramai palese, alla luce del materiale documentale e delle testimonianze, che le formazioni di estrema destra erano subordinate ai giochi dell’atlantismo più reazionario, ivi compreso quello della corrente dorotea della DC. Le ipotesi di colpo di stato degli anni ’60-’70 che avevano nella destra italiana la base d’appoggio erano avvallate da Washingtong, le organizzazioni stay-behind come Gladio e Rosa dei Venti erano finanziate dalla CIA. E non è un caso che quando Fiore e Morsello, successivamente fondatori di Forza Nuova, devono riparare all’estero, a causa del tentativo dello stato italiano di rifarsi una “verginità antifascista” nel quadro del compromesso tra PCI e DC, trovano asilo in Inghilterra dove, protetti dai servizi segreti di sua maestà, faranno una discreta fortuna come imprenditori immobiliari.
Ma con la fine dell’Unione Sovietica e dei suoi governi satellite tutto cambia: il neofascismo non è più necessario. Non vi è più bisogno di progetti controinsurrezionali o di controrivoluzione preventiva in senso novecentesco. L’ordine monopolare degli anni ’90 non ha più bisogno di questi personaggi che pertanto rimangono disoccupati.
Ma nel primo decennio del terzo millennio la situazione cambia. Innanzi tutto si assiste alla rinascita della Russia di cui sopra. Secondariamente l’Italia, per mano dei governi Berlusconi, molto meno atlantisti di quanto comunemente si pensi, si avvicina alla Russia, diventando uno dei maggiori partner commerciali del paese.
In quest’ottica è possibile spiegare il vero e proprio voltafaccia del neofascismo italiano. Perso il riferimento “occulto” ad ovest si girano verso est. E questa volta neanche devono nascondersi.
È noto oramai che il fascismo più che essere un’ideologia in senso proprio è un insieme di idee, o per meglio dire di miti e di parole senza referente, al servizio del miglior offerente. Negli anni ’20 delle grandi borghesie nazionali che lo usarono per soffocare le possibili rivoluzioni sociali, pur pagandone, sopratutto nel caso tedesco, loro stesso il costo. Nel dopoguerra al servizio dell’atlantismo. Ora al servizio di un altro potere, quello che ha più appeal, per ragioni ideali e monetarie.
Il caso ucraino è esemplare in quest’ottica: laddove il fascismo italiano si è schierato compattamente a fianco della Russia il fascismo ucraino si è schierato, nei fatti, con l’Unione Europea (anche se c’è da scommettere che a breve diventeranno degli alleati un po’ scomodi, con il loro chiasso folkloristico). Da un lato questo è comprensibile per le storiche rivalità tra Russia e Ucraina. Ma dall’altro mostra con evidenza come i fascisti siano fondamentalmente mercenari del capitale.
E questo al di là del fatto che il fascismo possa dichiarsi “antimperialista” o “anticapitalista”. La politica fascista storicamente si è data come imperialista e capitalista. Imperialista per evidenti ragioni, conquiste coloniali e guerre europee. Capitalista perchè nei fatti il fascismo ha rappresentato gli interessi di una parte della borghesia davanti alle lotte portate avanti dai lavoratori. E questo è ben evidente analizzando la politica di compressione dei salari e aumento dei profitti durante il ventennio in Italia o guardando al connubio tra fascismo e neoliberismo negli ultimi anni del franchismo in Spagna.
Inoltre il caso ucraino dimostra chiaramente come i nazionalismi, e i fascismi, siano necessariamente forieri di guerre. Due stati, tanto più se con politiche fortemente nazionaliste, non possono facilmente convivere confinando. E sappiamo bene chi è che ne fa le spese in questi casi.
lorcon
[1] si veda la rassegna degli orrori descritta in questo ottimo articolo di Leonardo Bianchi su Vice: http://www.vice.com/it/read/italiani-che-sostengono-putin-destra